I dati del terzo trimestre confermano che l’economia italiana non riesce a uscire dalla stagnazione e presenta scarse prospettive di rapida accelerazione per i prossimi trimestri. Ma scorciatoie alternative sarebbero rischiose.
Ancora stagnazione
“Zero a 360 gradi: questo secondo l’Istat è il risultato di crescita dell’economia italiana nel secondo trimestre. Con poche speranze di trasformare nel resto dell’anno lo zero spaccato in qualcosa di diverso dallo zero virgola”. A questo commento – scritto tre mesi fa su questo sito commentando l’andamento dell’economia nel secondo trimestre – non c’è molto da aggiungere alla luce dei risultati del terzo trimestre. La stima preliminare dell’Istat per il Pil indica che l’economia italiana è cresciuta dello 0,1 per cento nel terzo trimestre del 2019 rispetto al secondo trimestre dello stesso anno e dello 0,3 per cento rispetto allo stesso trimestre di un anno prima. Nell’ambito di una delle consuete revisioni periodiche, l’Istat ha anche rivisto la crescita dei trimestri precedenti, portandola a numeri leggermente positivi. A seguito di questa revisione emerge che negli ultimi quattro trimestri l’economia italiana presenta una stringa di +0,1 per cento.
Meglio che niente, si potrebbe dire. Anche se da qui a concludere che l’economia italiana stia crescendo ce ne corre. Se infatti si guarda all’evoluzione trimestrale dell’economia (figura 1, fonte Istat), si vede che il Pil del terzo trimestre 2019 è più o meno al livello del Pil di fine 2017, inferiore ancora per un punto percentuale circa ai livelli di metà 2011 e per circa 4,5 punti percentuali rispetto ai livelli pre-crisi di fine 2007.
Se poi si guarda alla sequenza dei dati trimestrali (figura 2, fonte Istat), emerge nettamente la discontinuità tra i dati della ripresa del 2015-17 e quelli del 2018-19. Quando l’economia italiana era in ripresa (a sua volta dopo sette trimestri di stagnazione nel 2013-14), la crescita congiunturale (di un trimestre rispetto al trimestre precedente) si assestava tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento per trimestre, mentre la crescita annua (“tendenziale”) era gradualmente salita fino a toccare l’1,8 per cento nel corso del 2017. Nei sette trimestri del 2018-19, invece, la crescita congiunturale ha oscillato intorno allo zero: con due trimestri (il secondo e il terzo 2018) leggermente negativi al -0,1 per cento e gli altri cinque trimestri leggermente positivi al +0,1 per cento, e una crescita annua non lontana dallo zero. Nel frattempo la disoccupazione oscilla inevitabilmente intorno al 10 per cento (come potrebbe scendere di più senza crescita del Pil?). Non si sbaglia molto se si conclude che l’economia italiana è in sostanziale stagnazione da sette trimestri. Se la ricorrenza dei cicli economici fosse una cosa meccanica si potrebbe sperare che anche stavolta siamo arrivati alla fine dei sette trimestri (biblici?) di stagnazione e che ci aspetta una nuova ripresa. Possibile ma non probabile.
Il mancato contributo del commercio mondiale…
Per capire meglio cosa ci aspetta meglio guardare al contesto internazionale e alle previsioni del Fondo monetario per l’economia internazionale, oltre agli scenari di politica interna. Per quanto riguarda le variabili esterne, nel suo recente World economic outlook, l’istituto di Washington prevede che la variabile traino più importante per le nostre esportazioni, cioè il commercio mondiale in volume, crescerà di un magro +1,1 per cento nel 2019 per poi riassestarsi a un +3,2 per cento nel 2020, ritornando vicina alla media degli ultimi dieci anni (3,7 per cento) solo nel 2021-22.
È dunque chiaro che, come più volte ricordato dal presidente del consiglio Conte (sia quando era premier del governo gialloverde che ora con il governo giallorosso), la crescita zero dell’Italia abbia anche una componente derivante dal rallentamento dell’economia mondiale. Se questo è vero, la parziale ripartenza del commercio globale attesa per il 2020 (associata all’ipotesi di una graduale attenuazione della guerra tariffaria tra Usa e Cina) potrà quindi aiutare a ridare un po’ di smalto alla crescita anemica dell’economia italiana.
…e il poco che arriva dal mercato interno
C’è anche un fronte interno dal quale è meglio non aspettarsi miracoli. Come sottolineato nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) 2019, la crescita cui si potrebbe arrivare l’anno prossimo grazie al limitato impulso incluso nella legge di bilancio 2020 dovrebbe andare di poco oltre allo 0,5 per cento. Si dovrebbe e si potrebbe fare di più? Certo, riducendo la spesa e la burocrazia in modo da ridurre gradualmente e permanentemente le tasse. Ma ciò dovrebbe avvenire senza prendere la scorciatoia del maggiore deficit. Con un debito pubblico imponente come quello dell’Italia le scorciatoie potrebbero portarci rapidamente verso quell’insolvenza che le agenzie di rating – lo ricordava Standard & Poor’s nei giorni scorsi quando ha confermato un outlook negativo per l’Italia – continuano a non escludere dall’orizzonte futuro del nostro paese.
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