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L’ostacolo che blocca la lotta all’evasione fiscale

Il pacchetto antielusivo messo a punto dal governo dà all’amministrazione finanziaria gli strumenti per raccogliere più informazioni su ciascun contribuente. Ora si tratta di farne tesoro. Con due problemi centrali che continuano a non essere affrontati.

Decreto legge per una missione impossibile?

Si vuole davvero combattere l’evasione fiscale? Perché altri governi, del più svariato colore e in un ampio arco temporale, non sono riusciti in questa mission impossible, mentre invece dovrebbe riuscirci l’esecutivo M5s-Pd? Insomma, al di là degli enunciati, c’è qualcosa che lasci intendere che stavolta si fa sul serio?

Il pacchetto di interventi messo in campo dal decreto legge 124/2019 ha certamente un senso compiuto (stupisce, però, l’eliminazione della web tax). Mira essenzialmente a obbligare i contribuenti a fornire un quantitativo di informazioni all’amministrazione finanziaria tale da metterla nelle condizioni di conoscere in tempi brevi e con ragionevole precisione la situazione di ciascun contribuente, impresa o persona fisica che sia.

Misure simbolo di questo approccio sono da un lato (lavoro autonomo) una più piena operatività della fatturazione elettronica; dall’altro (persone fisiche) la deducibilità condizionata alla forma di pagamento prescelta (sì, se il pagamento è tracciabile; no, se non lo è). Anche la riduzione dell’uso del contante va nella stessa direzione perché spinge a incrementare il numero di operazioni tracciabili indipendentemente dallo status di contribuente o meno di coloro che sono coinvolti in una determinata operazione (che potrebbero anche essere dei privati cittadini).

Insomma, il pacchetto antielusivo – ancorché discutibile per il fastidio eventualmente aggiunto alla vita del comune mortale e alle incrinature della sua privacy – va nella giusta direzione di arricchire la conoscenza che l’amministrazione finanziaria possiede delle caratteristiche di entrata e di spesa di ciascun contribuente.

Ma il punto è che questa conoscenza va, poi, messa a frutto. Le imprese del settore digitale in senso lato mostrano chiaramente di saper fare tesoro delle informazioni che raccolgono. Mettono in fila caratteristiche e abitudini di coloro che hanno la ventura (o sventura) di utilizzare in qualche modo la “rete” così da avere una conoscenza mirata, personalizzata e aggiornata dei propri utenti. Per la trasformazione di dati (generici) in percorsi commerciali queste imprese creano team che sviluppano modelli matematici e algoritmi. Confrontano dati per fasce di età, istruzione, localizzazione geografica, lingua e molto altro. Creano, cioè, posti di lavoro e modalità lavorative inesistenti fino a pochissimi anni fa. Selezionano personale con criteri progressivamente più innovativi e anche, inevitabilmente, sperimentali, aggiustando continuamente il tiro in funzione dei risultati ottenuti. E aprono e chiudono uffici, assumono e licenziano personale in funzione delle esigenze, pagando bene i migliori e allontanando le risorse meno utili.

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Se l’amministrazione finanziaria vuole ottenere risultati simili nel settore di cui si occupa deve seguire un percorso non troppo distante da quello disegnato dalle grandi web companies. È un risultato perseguibile con una amministrazione totalmente inserita in un contesto – normativo e gestionale – pubblicistico? La risposta non è scontata ed è palesemente scomoda: ma la domanda occorrerebbe almeno porla, perché strumenti conoscitivi dei contribuenti (inclusi quelli bancari) esistevano anche prima dell’avvento del dl 124/2019 e il loro utilizzo ha prodotto risultati così poco esaltanti da far dubitare che il sol dell’avvenire possa oggi spuntare in modo così inebriante da poter essere prezzato nella Finanziaria 2020. E come non notare che il dibattito sul punto è stato inesistente?

Due fenomeni diversi

Quando si parla di evasione fiscale, poi, si mettono insieme due fenomeni assai diversi fra loro.

Da un lato, opera l’evasione fatta di nascondimento: di attività, di ricchezze patrimoniali, di movimenti di denaro. La tracciabilità mira certo a contenere questo fenomeno. Dall’altro vi è però un’evasione fatta di puri e semplici mancati versamenti, che si sostanzia in comportamenti formalmente corretti (annoto e dichiaro tutto) ma che si fermano sulla soglia dell’atto conclusivo: il versamento del tributo che pure si confessa come dovuto. Il fenomeno si accompagna, ovviamente, con l’intestazione di attività a prestanome o teste di legno e alla comparsa e scomparsa, in rapida successione, di una pluralità di imprese il cui obiettivo è confondere e ritardare quanto più possibile l’azione riscossiva dell’amministrazione finanziaria. Così quando questa si attiva, il “gruzzolo” è già sparito e magari la società operante già cancellata dal registro delle imprese. La testa di legno, poi, può essere abbandonata al suo destino.

Si tratta, peraltro, di una problematica ormai ben nota all’amministrazione finanziaria. Ma anche su questa tematica il dl 124/2019 sostanzialmente tace (salvo accenni minimi nei rapporti di appalto e subappalto). Da un lato, ciò coinvolge le modalità operative dell’amministrazione, delle quali rispondono i relativi vertici. Dall’altro mancano norme che facciano scattare una tempestiva reazione del creditore-fisco al primo verificarsi di una qualche insolvenza da parte del debitore-contribuente. Insomma, la faccia feroce viene mostrata, ma “can che abbia non morde”.

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  1. Savino

    Gli italiani hanno tanto da nascondere allo Stato e ci provano sempre a non pagare il dovuto. Non si spiegherebbe altrimenti la situazione di benessere che continua ad esserci dopo oltre 10 anni di crisi, soprattutto nei settori del lusso, del turismo esotico, degli alberghi, dei gioielli, delle automobili sportive, della nautica, dell’enogastronomia di altissima qualità, della cosmesi e del benessere fisico, dell’edilizia da investimento (mentre un giovane fatica a costruirsi la prima casa) ed altri ancora. Coi soldi che sottraggono alla legittima imposizione fiscale dello Stato e ai servizi essenziali alla comunità, gli italiani fanno a sbafo tutto ciò. Non si capisce perchè un cittadino con la busta paga viene sottoposto ai raggi x dal fisco, mentre i fraudolenti e i cattivi pagatori non sono ritenuti tali. A mio giudizio, solo colpendo i patrimoni degli italiani, non sudati e frutto di illeciti, si può ottenere il recupero del maltolto.

  2. Henri Schmit

    Giusto: informazioni, database, schedatura, trasparenza sono condizioni indispensabili della lotta all’evasione. Non mi sembra però che quest’ultima sia riducibile ai due fenomeni descritti, cioè non dichiarazione (con creazione di fondi occulti) e non versamento. Dove classificare la frode fiscale e i montaggi fiscali dubbiosi, nella zona grigia fra corretto e illecito? Questo fenomeno è molto diffuso sia fra i piccoli operatori (cf i recenti arresti nel Lazio fra imprenditori e commercialisti), sia fra imprese medie e grandi, incluse le multinazionali. Il fenomeno è universale ma più diffuso in Italia che altrove, perché la legge fiscale è troppo bizantina, variabile, incerta, terreno ideale per i furbi e i loro indispensabili consulenti che sono la categoria professionale più pagata nel paese; questa situazione indebolisce la PA e la polizia finanziaria (pur creando poteri discrezionali), ma soprattutto la giustizia è più complicata, lunga e incerta. Gli idraulici e i dentisti si arricchiscono troppo facilmente in nero in tutti i paesi, ma l’evasione sorretta da montaggi più o meno dubbiosi pesa (presumo) molto di più in Italia. Non sarebbe possibile misurare con categorie e numeri precisi? È facile prendersela con i paradisi fiscali white list, è più difficile comprendere le debolezze, lacune e buchi nel sistema e implementare misure anti-evasivi ed anti-elusivi efficienti. Basterebbe comunque copiare i paesi più efficienti.

  3. Giuseppe

    Sulla seconda problematica evidenziata (c.d. evasione da riscossione e utilizzo di prestanome o società cancellate), per reprimerla ci vogliono necessariamente gli strumenti di indagine penale e strumenti di repressione penal-patrimoniale. L’Ammistrazione non li potrà mai avere. Ed è giusto che sia cosi. Ma li può innescare attraverso le denunce per sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, chiedendo fallimenti e segnalando possibili reati fallimenatri (se arriva entro l’anno) o facendo denunce per riciclaggio.

  4. toninoc

    La lotta all’evasione fiscale e contributiva non è mai stata fatta seriamente da nessun governo perché porta via consensi elettorali perché si è sempre presentata, sopratutto dal centrodestra, come “togliere soldi dalle tasche degli Italiani” anziché come “giusto ricupero di risorse per dare migliori servizi ed investimenti pubblici per il lavoro” a tutti i cittadini (compresi gli evasori). Anche nell’attuale maggioranza che sostiene il governo ci sono troppe timidezze nei confronti degli evasori che io chiamo “ladri di servizi” . Si invoca la privacy o l’eccessiva severità con le manette per annacquare il provvedimento ma la verità è che si ha e si è sempre avuto paura del crollo elettorale da parte di chi dovrebbe affrontare seriamente e risolvere gradualmente il problema principale dell’Italia che è il ladrocinio fiscale diffuso a danno soprattutto di chi le tasse le paga fino all’ ultimo centesimo: pensionati e lavoratori dipendenti.
    Pagare tutti per pagare meno!. Ma visti i precedenti, non è consentito nessun ottimismo al riguardo.

  5. Michele Lalla

    I commenti sono interessanti, ma qualcuno mostra debolezza logica o prospettica.

    L’autore è un esperto e non può dire tutto in un articolo cosí breve, che mostra almeno un punto debole.

    La “messa a frutto della conoscenza” trascura che il datore di lavoro è pubblico e non dovrebbe licenziare (e già lo fa) come gli pare, che le competenze appena apprese vanno perdute, che le persone licenziate trattano dati molto sensibili con conoscenze che potrebbero tornare utili ai privati.

    Insomma, la lotta all’evasione è una partita a scacchi, il legislatore mette a punto dispositivi anti-evasione e il contribuente risponde con nuove strategie per evadere. Questo è comune a tutti i paesi, in Italia è un po’ piú pervasivo perché l’etica pubblica (di tutti) è troppo spregiudicata e estremamente diffusa.

    Anche le manette sono propaganda perché milioni di piccole evasioni costituiscono un ammontare di miliardi che può superare ampiamente quello dei grandi evasori. Dice Davigo che “un furto di due bottiglie di liquore con strattoni” comporta 4 anni di galera (che si fanno) e un furto al fisco di migliaia e migliaia di euro non comporta niente perché la pena non supera la minima. Ne consegue che accanto al Ministero delle Finanze deve lavorare bene anche il Ministero della Giustizia e tutto il Governo in concerto … Contro la stampa e i media, tutti asserviti agli EVASORI (grandi e piccoli, come le varie associazioni delle varie categorie). Ecco, ci vanno di mezzo sempre gli indifesi

  6. Gianni Pischedda

    “Ma il punto è che questa conoscenza va, poi, messa a frutto.” Si d’accordo, ma dove sono le persone, i data scientist, per far questo? L’Italia ne forma gia pochi, e molti ‘scappano’ all’Estero perche’ non trovano lavoro o non sono remunerati a prezzi di mercato. Ne conosco alcuni qui a Londra. Che si fa per farli ritornare?

  7. Carlo

    Articolo che evidenzia l’arretratezza della cultura politica e fiscale italiana: l’evasione è non pagare le tasse che sia omesso lo scontrino o non versate le imposte poco importa. Invece si continua a ritenere che l’omissione della fatturazione e della dichiarazione siano i comportamenti più rilevanti quando probabilmente non lo sono. Dal comunicato stampa eurostat 166/2019 risulta che la media europea di incasso dell’Iva è pari al 7,1% del pil mentre per l’Italia è del 6,2 % (ad esempio noi abbiamo l’aliquota ordinaria del 22% mentre la Francia con aliquota del 20% incassa il 7,2%) oppure che le imposte sulle imprese siano del 2,7% del pil mentre in Italia il 1,9%. Invece la media dei contributi sociali versati è esattamente pari alla media europea perché l’omissione è reato penale oppure c’è la sanzione minima di 10.000 euro. Per sopperire a questi mancati gettiti, le imposte sulle persone o sul reddito nazionale in Italia sono all’11,6 % del pil a fronte di una media europea del 9,5%. E poi non stupiamoci se il pil ed i consumi stagnano e la gente vota per la flat tax.

  8. Marcello

    Mi sembra che l’Agenzia delle Entrate dedichi più impegno a fare le pulci ai contribuenti che hanno dichiarato e registrato atti, per scovare irregolarità formali, piuttosto che cercare gli evasori veri. Ad esempio un box auto affittato a 70 euro/mese (!!) con contratto registrato (!!!) viene debitamente scandagliato e si scopre che la minaccia (!!) del raddoppio dell’interesse legale in caso di ritardato pagamento del canone può configurarsi come una “penale” e quindi come “disposizione autonoma” soggetta ad autonoma imposizione. (Per dare un’idea, il ritardo di un mese intero avrebbe portato ad una penale di 3 cent nel 2018 o di 9 cent nel 2019, e quindi con tutta evidenza questa clausola non era stata imposta dal locatore per cautelarsi, ma era semplicemente un regalo del software standard di questi contratti, una frase che nessuna delle due parti aveva considerato meritevole di attenzione).
    In seguito a questa interpretazione fantasiosa, i due firmatari del contratto ricevono un conto di ben 280 euro con la minaccia (questa sì seria) di procedimenti esecutivi. Dato che la cifra è minore di quello che costerebbe un avvocato e un procedimento in giudizio, la maggior parte dei contribuenti che ricevono questo avviso pagherà. Così si risanano i conti della nostra povera Patria.

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