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Nella Nadef cambia il linguaggio, non la sostanza

La Nadef non cambia i contenuti dell’azione di governo: più deficit per finanziare la manovra, quasi nulli gli interventi sulla spesa, scarsa la rilevanza delle privatizzazioni. E nessuna sottolineatura dell’importanza di diminuire il debito pubblico.

I numeri della Nadef

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2019 (Nadef) denota un significativo cambiamento di linguaggio nei confronti della Ue, meno aggressivo e più conciliatorio di quello del governo precedente. Allo stesso tempo, però, suggerisce che nella sostanza le intenzioni del Conte2 siano ispirate alla stessa logica operativa del Conte1: maggiore deficit per finanziare la manovra, quasi nulli gli interventi dal lato della spesa, scarsa rilevanza delle privatizzazioni e nessuna enfasi sull’importanza di diminuire il debito pubblico.

Il nuovo governo punta a un disavanzo per il prossimo anno al 2,2 per cento del Pil, apparentemente in linea con quello previsto per quest’anno, mentre il disavanzo strutturale viene presentato in leggero peggioramento dello 0,1 per cento del Pil. Il deficit 2019 è ora stimato a 2,2 per cento, mentre solamente un paio di mesi fa il governo, tramite l’“assestamento di bilancio” di luglio, lo aveva confermato al 2 per cento.

Il governo non aumenterà l’Iva (pari all’1,3 per cento del Pil) e attuerà una lieve riduzione del cuneo fiscale (lo 0,15 per cento del Pil nel 2020). Le misure saranno finanziate principalmente da un disavanzo superiore al previsto (circa 0,8 punti percentuali del Pil) e da entrate supplementari derivanti dalla lotta all’evasione fiscale. Queste ultime, secondo il governo, saranno pari allo 0,4 per cento del Pil, circa 7 miliardi, ammontare che appare estremamente ottimistico per il 2020 e probabilmente sarà oggetto di scrutinio da parte della Ue.

La flessibilità richiesta alla Ue

La Nadef stessa, in diversi punti, suggerisce che le regole europee non sarebbero rispettate. La regola del debito non è soddisfatta in nessuna delle sue configurazioni: nella Nota il debito pubblico si riduce nel 2020 dello 0,5 per cento del Pil rispetto al 2019 grazie a dismissioni previste per lo 0,2 per cento del Pil, mentre per quest’anno le privatizzazioni, che nel Def di aprile erano indicate all’1 per cento del Pil, vengono sostanzialmente annullate.

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Il disavanzo strutturale, ossia il disavanzo corretto per il ciclo e per i fattori temporanei, peggiora di un decimo di punto, anziché migliorare di 0,6 per cento come concordato con la Commissione europea appena pochi mesi fa. Viene così richiesta una flessibilità alla Ue di circa lo 0,7 per cento del Pil (oltre 14 miliardi) – flessibilità che appare significativa, anche alla luce di quanto concesso all’Italia negli ultimi anni, e che molti paesi della Ue considerano un pericoloso azzardo morale.

Invece di aumentare il deficit rispetto al tendenziale e peggiorare il debito, dal punto di vista della sostenibilità della finanza pubblica sarebbe stato preferibile cancellare alcune delle misure recentemente introdotte. Come quelle che non hanno effetti positivi sull’economia, ma che inducono un impatto negativo di lungo termine sulla finanza pubblica, quali quota 100 e reddito di cittadinanza. È pur vero, però, che meritoriamente non vengono adottate misure recentemente ventilate e nocive per la sostenibilità del debito, come flat tax, abbattimento delle tasse scolastiche, abolizione di bollo auto e canone Rai o condoni di vario tipo.

Una parte delle risorse aggiuntive (circa 5 miliardi di euro per il 2020) deriva da una minore spesa per interessi, a seguito del calo dei rendimenti dei titoli di stato italiani degli ultimi mesi: lo spread del Btp italiani nei confronti del Bund è sceso di circa 100 punti base, all’1,5 per cento dal 2,6 per cento di inizio anno. Ma la benevolenza del mercato nei confronti dell’Italia potrebbe essere di breve durata, anche a causa della fragilità dell’equilibrio politico.

Il quadro macroeconomico, sia esterno che interno, nelle ultime settimane ha poi mostrato segnali di deterioramento. Con una domanda estera fiacca, il Pil reale italiano tendenziale dello 0,4 per cento potrebbe rivelarsi ottimistico. È plausibile che i tecnici del ministero delle Finanze non abbiano avuto i tempi tecnici per includere i nuovi dati del quadro macro nella Nadef, ma sarebbe opportuno rivedere al ribasso la crescita del Pil italiano nella legge di bilancio.

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La Nadef riporta la previsione programmatica del Pil reale per il 2020 a 0,6 per cento, dallo 0,4 per cento del tendenziale. Allo stesso tempo, l’impatto positivo di 0,2 per cento delle misure programmatiche è ottenuto principalmente dall’abolizione dell’aumento Iva ed è quindi dipendente dalla flessibilità concessa dalla Ue. Infine, la crescita del Pil nominale – su cui si basano le previsioni delle entrate – è prevista al 2 per cento, con deflatore del Pil 2020 a 1,4 per cento, una ipotesi molto ottimistica.

In sintesi, le questioni principali rimangono due: le previsioni ottimistiche per il Pil reale e nominale italiano (soprattutto in relazione al gap strutturale di crescita nei confronti dell’eurozona, che negli ultimi anni è stato circa l’1 per cento) e le risorse elevate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale. Questo implica che, a meno di miglioramenti adottabili nella legge di bilancio, probabilmente si dovrà ricorrere a un ulteriore aggiustamento fiscale nella primavera del prossimo anno o forse al solito espediente delle clausole di salvaguardia, stavolta per il 2021.

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Non tutti i dazi vengono per nuocere

  1. Savino

    Si vuole ridurre il debito pubblico, ma non si vuole ridurre la spesa monstre inutile di questo Stato, non si vogliono aggredire i grandi patrimoni e le grandi rendite finanziarie, non si vuole fare redistribuzione e giustizia sociale col fisco e, magari, con un regime Iva diverso, più favorevole ai consumatori. Il Ministro Gualtieri può suonare “bella ciao” e anche “bandiera rossa”, ma i valori relativi non li sta mettendo in pratica al Governo.

  2. FlaminiaP

    “mentre per quest’anno le privatizzazioni, che nel Def di aprile erano indicate all’1 per cento del Pil, vengono sostanzialmente annullate”: per aiutare il lettore nella comprensione del Documento non sarebbe meglio esplicitare che la Nota certifica il fallimento dell’irrealistico piano di privatizzazioni programmato dallo scorso Governo per quest’anno, proponendo piuttosto un più verosimile piano che vale 0,2 punti percentuali in ciascun anno del triennio 2020-22……?

  3. Henri Schmit

    Ottimo. Flessibilità eccessiva (=deficit) + ottimismo eccessivo di crescita + la promessa vuota della lotta all’evasione. Tutto come al solito. Vediamo 1. Quello che dirà l’upB (di solito attento alla coerenza epistemica) e 2. Come reagirà il governo alla probabile critica. Parlerà il MEF o il Presidente del Consiglio? Diranno le stesse cose? Qualcun altro parlerà? Qualcuno che sta nel governo o dietro le quinte?

  4. Antonio Petrina

    Gli effetti positivi della l 26/2019
    almeno nella parte relativa o cd quota cento servono a svecchiare il personale della p a ,che secondo i dati ue risulta in Italia la piu’ vecchia risorsa del personale ( rectius : del capitale umano ) rispetto ai vari paesi ue e quindi per calcolate l’ out put della pa , cui e’ notoriamente bassa la produttivita’ , occorre attendere il percorso temporale di tale ricambio generazionale ( dopo 10 anni blocco delle assunzioni nella pa !) : questo e’ l’effetto economico atteso!

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