Washington ha stilato una lista di prodotti ben selezionati da sottoporre ai dazi autorizzati dal Wto. L’agroalimentare made in Italy ne esce molto penalizzato. Ma il nostro paese, che non partecipa al consorzio Airbus, difficilmente potrà rispondere.
I dazi autorizzati dal Wto
La guerra tra titani – Airbus e Boeing – è iniziata quindici anni fa a colpi di ricorsi presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) con accuse incrociate di sussidi pubblici illeciti. Ora, l’ultima decisione del 2 ottobre si pronuncia a favore della posizione statunitense, che chiede di poter compensare i danni subiti dalla concorrenza di Airbus applicando dazi del 25 per cento su 7,5 miliardi di importazioni dall’Unione europea. La Ue ha subito risposto con un comunicato firmato da Cecilia Malmström, ribadendo la volontà di trovare una modalità condivisa di regolamentare sussidi e aiuti al settore dell’aeronautica civile. Soluzione che agli Stati Uniti finora sembra non interessare, cosicché queste proposte restano senza risposta. Invece, sarebbe la strada per evitare un ulteriore round di dazi incrociati che, a sua volta, l’Ue potrebbe aver il diritto di applicare sulle importazioni dagli Stati Uniti. Perché Usa e Ue sono stati entrambi riconosciuti colpevoli di aver concesso sussidi e aiuti illeciti ai propri produttori di aerei civili. Se gli Stati Uniti non accettano di regolamentare in modo condiviso il trattamento del settore, il risultato saranno ulteriori dazi.
Tutto ciò accade poi nel bel mezzo della guerra commerciale più preoccupante dall’istituzione di un sistema multilaterale degli scambi – quella tra Stati Uniti e Cina – che ha già riportato in auge lo strumento inefficiente e costoso dei dazi, in questo caso in modo arbitrario. L’istituzione cardine del multilateralismo, il Wto, riceve perciò sempre più critiche, da un lato per non essere in grado di prevenire o risolvere guerre commerciali poco o per nulla giustificate, dall’altro per autorizzare dazi compensativi.
Quali lezioni trarre da questa brutta e lunga storia? Innanzitutto, non tutti i dazi sono illeciti. Nel caso della disputa Airbus-Boeing, sono lo strumento previsto dal Wto per sanzionare i paesi che non rispettano la regola del divieto di sussidiare i settori produttivi. Tuttavia, per compensare distorsioni alla concorrenza in alcuni settori, i dazi compensativi ne introducono altre in altri settori. In questo caso la lezione è duplice. In primo luogo, i settori che hanno grandissime economie di scala – di cui quello dell’aviazione civile è l’esempio per antonomasia – dovrebbero ricevere un trattamento specifico, come nel 1992 era stato riconosciuto e concordato da Stati Uniti e Ue firmatari dell’Accordo sul commercio di Large Civil Aircraft, da cui gli Stati Uniti si sono svincolati nel 2004. Inoltre, la possibilità accordata dal Wto di imporre dazi compensativi lascia un grado di arbitrarietà nella scelta dei prodotti su cui applicarli, e quindi può infliggere danni a settori che invece nella concorrenza vivono da sempre.
Gli effetti sul made in Italy
È il caso di alcuni fiori all’occhiello dell’agroalimentare italiano che hanno il loro primo mercato proprio negli Stati Uniti. Saranno soggetti a dazi circa 360 milioni di euro di esportazioni italiane del comparto agroalimentare, pari allo 0,8 per cento del totale verso gli Usa. Sono pochi e ben selezionati prodotti che nel loro insieme pesano poco sul totale delle esportazioni italiane negli Stati Uniti, ma che soffrirebbero molto, a favore delle lobby dei produttori statunitensi.
La lista attuale è ridotta rispetto a quelle stilate nel corso dell’estate dall’amministrazione americana: prima della decisione del Wto, gli Stati Uniti avevano infatti predisposto due elenchi (consultabili qui e qui), del valore totale di 25 miliardi di dollari. In questo caso, sarebbe stato coinvolto circa l’11,7 per cento dell’export italiano verso gli Usa, con una lista molto più lunga di beni dell’agroalimentare e non solo.
I produttori italiani gridano all’ingiustizia, perché l’Italia, che non partecipa al consorzio Airbus, viene colpita in uno dei settori più delicati sul mercato statunitense. Oltre ai formaggi verranno tassate le esportazioni di 75 milioni di euro di superalcolici, 12 milioni circa di euro di insaccati, 430 mila euro di bevande e 8 milioni circa di frutta e agrumi. Francia, Germania, Spagna e Inghilterra saranno soggette a un dazio ad valorem del 10 per cento sugli aerei commerciali e del 25 per cento su un elenco di altri beni, che nulla hanno a che fare con il settore aeronautico, tutti ben selezionati per infliggere i danni maggiori ai singoli concorrenti europei. Per esempio, dalla Germania le importazioni colpite da dazi saranno soprattutto apparecchiature meccaniche e utensili industriali; dalla Francia e dalla Spagna, tra gli altri, anche vino e olio. Da questo elenco selezionato di prodotti sottoposti a dazi, l’Italia potrebbe dunque anche trarre vantaggio perché potrebbero aprirsi fette di mercato in altri settori. Ma ciò non toglie che, a prescindere dal peso limitato sul totale dell’export italiano negli Stati Uniti, i settori colpiti ne risentiranno enormemente.
Alla giornalista italiana che alla conferenza stampa di Mike Pompeo a Roma si è precipitata sul palco per offrire al segretario di stato Usa una fetta di parmigiano reggiano, Giuseppe Conte ha ricordato di “lasciar fare queste cose al presidente del Consiglio”. Ma quali argomenti avrà il nostro presidente del Consiglio per convincere gli Stati Uniti a ritornare all’accordo specifico sul settore aeronautico (in cui non siamo protagonisti) o per decidere (insieme ai suoi colleghi europei) quali saranno le importazioni dagli Stati Uniti da colpire con eventuali dazi?
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