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Diamo il voto ai bambini per fermare la denatalità

Il contrasto al declino demografico richiede un impegno serio e credibile da parte delle istituzioni. Ne potrebbe essere un esempio il riconoscimento del voto ai minori, esercitato attraverso i genitori. Magari rafforzando anche la rappresentanza femminile.

Il problema del declino demografico

Nella pressoché totalità dei paesi avanzati il tasso di fecondità è inferiore ai due figli per donna. Nel medio termine la popolazione è dunque destinata a diminuire. In Italia la situazione è particolarmente allarmante: la popolazione residente è significativamente diminuita già nel 2018, con un calo di più di 120 mila unità.

La riduzione della popolazione genera grossi problemi nel lungo termine: il più evidente, per quanto forse neppure il principale, è la sostenibilità dei sistemi pensionistici, basati sul principio per cui i versamenti di chi lavora finanziano le erogazioni destinate ai pensionati.

Per frenare il calo demografico, si discute spesso di misure di sostegno alla natalità, quali finanziamenti per servizi di asilo nido, oppure sussidi o forme di detassazione diretti alle famiglie che decidono di avere figli. Si tratta di interventi su cui, in linea di principio, vi è ampio consenso. Tuttavia, quando si tratta di decidere come effettivamente distribuire le risorse tra le varie voci di spesa del bilancio pubblico, molto spesso si dà la precedenza ad altri settori.

“Una testa, un voto” per dare priorità agli interventi pro natalità

Vi è quindi un problema di priorità politiche e la tendenza in atto all’invecchiamento della popolazione non ne agevolerà certo il superamento, anzi presumibilmente lo acuirà.

Temi quali le politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia o, in termini molto pratici, l’installazione di fasciatoi nei luoghi pubblici, sono presumibilmente di grande interesse per genitori con figli piccoli, molto meno per i pensionati, che tenderanno magari a focalizzare la loro attenzione su problematiche più vicine alla loro esperienza, ad esempio sui tempi di attesa in sanità. Il politico accorto ne tiene conto e adegua di conseguenza la propria proposta politica. Se, con la tendenza in atto, il numero di elettori con figli giovani dovesse poi ridursi ulteriormente, il ritorno elettorale di politiche pro-natalità diminuirà ancor di più, rischiando di innescare un circolo vizioso che conduce a una spirale di diminuzione della popolazione.

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Come fare per invertire la tendenza e aumentare l’appetibilità politica di interventi a favore della natalità? Una proposta è quella di prendere alla lettera il principio “una testa, un voto”, includendo nella sua applicazione anche i minori. Certo, non ha senso far votare i bambini, ma potrebbe invece essere utile delegare il voto dei figli minorenni ai genitori. Aumenterebbe così immediatamente il peso elettorale della popolazione con figli minori, allo stesso tempo rispettando il principio della rappresentatività democratica e assicurando il requisito di un voto consapevole. Non si tratta di una proposta nuova: è stata infatti già discussa, sia nella letteratura sociologica, che in quella giuridica.

Una forza elettorale del 20 per cento

Secondo i dati del ministero dell’Interno, il numero di elettori residenti in Italia è di circa 47 milioni (con ulteriori 4,5 milioni residenti all’estero); mentre, secondo i dati Istat, i cittadini italiani residenti al di sotto dei 18 anni sono quasi 9 milioni. Si tratterebbe quindi di quasi il 20 per cento dell’elettorato, una componente certo non trascurabile per le forze politiche, che potrebbe modificare le priorità.

Se si decidesse di percorrere questa strada, occorrerebbe stabilire chi dei due genitori abbia la facoltà di rappresentare il figlio nel segreto dell’urna. Nel caso di coppie con un numero pari di figli, si potrebbe assegnare un voto “aggiuntivo” per ciascun genitore. In caso di numero di figli dispari la situazione è più complicata, ma risolvibile, ad esempio, alternando il genitore nelle varie tornate elettorali.

C’è però un’altra possibilità. Un recente lavoro analizza gli effetti della doppia preferenza di genere nei comuni italiani e mostra che le donne quando agiscono come decisori politici hanno una maggiore attenzione verso le spese per beni pubblici con effetti di lungo periodo, quali l’educazione e l’ambiente. Se questo comportamento si trasferisce dall’elettorato passivo a quello attivo, si può ipotizzare, per quanto non sia ancora stato testato empiricamente, che le donne dimostrerebbero un maggiore orientamento al lungo periodo nel loro voto e rappresenterebbero dunque il soggetto ideale a cui affidare la delega.

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Lo strumento del diritto di voto ai minorenni tramite la delega alle madri potrebbe risultare efficace per due motivi. Assicurerebbe una più efficace rappresentazione delle esigenze dei bambini, con un presumibile effetto sulla natalità. Allo stesso tempo, potrebbe essere un modo per aumentare la rappresentanza delle istanze delle donne e contribuire così al percorso verso un’effettiva parità di genere, con conseguenze potenzialmente positive su un ampio spettro di tematiche.

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21 commenti

  1. Bolchi Francesco

    Ottima idea.

    • Andrea

      Al di là di questioni tecniche, da risolvere dopo avere accettato a livello teorico, sono anni che parlo di due questioni riguardanti il voto. Voto ponderato per aspettativa di vita; e voto per i minori. Il primo potrebbe essere “giusto” perchè le decisioni che vengono prese oggi (ad es. l’ambiente) impattano sul futuro, e chi ha un orizzonte temporale più breve dovrebbe avere un peso minore. Ma sicuramente va contro il dettato costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini. E il voto dei minori, che attualmente sono rappresentati, ma con delega all’intera popolazione dei votanti, mentre ritengo più giusto fosse delegato ai genitori (come le scelte scolastiche, tenendo conto delle aspirazioni dei figli, come varrebbe ugualmente per il voto). Pur non essendo la mia cerchia un campione rappresentativo, sono argomenti che fanno propriamente breccia… Comunque, i problemi dal punto di vista tecnico potrebbero risolversi con schede di colore diverso. Due genitori con tre figli hanno due schede “intere” e una che vale la metà a testa. E così via. Quanto ai genitori separati, se comunque mantengono la potestà genitoriale, entrambi dovrebbero esercitare questo diritto. Non concordo affatto, invece, con il delegare la sola madre, anche da un punto di vista “filosofico”. Se l’obiettivo è anche favorire la parità di genere, mi sembra lo si faccia dando ancora maggior peso al ruolo di “madre” della donna, un po’ come a dire: tu sei femmina, occupati dei figli che al resto pensa l’uomo.

  2. Andrea Salanti

    Interessante, ma sarebbe come dire che per incentivare la fedeltà fiscale occorrerebbe “pesare” il voto proporzionalmente alle imposte pagate!

  3. Savino

    Più che il mancato peso politico dei minorenni, il problema è l’eccessivo peso politico degli over 60. Il sistema pensionistico è chiaramente insostenibile in prospettiva e va pensato non in proporzione al ruolo che si è avuto in età lavorativa, ma alle esigenze effettive degli anziani e al fatto che si riducono notevolmente i consumi a quell’età. Un ex generale di corpo militare novantenne può continuare a percepire quella pensione per il solo ruolo che ha ricoperto anche se non ha più i denti per il pane o per una mela e porta il catetere?

  4. Marcomassimo

    Se la gente emigra c’è comunque poco da fare; si fanno bambini che tanto se ne andranno da qua.

  5. Henri Schmit

    Con tutta la simpatia per la motivazione, la proposta è pessima e va combattuta. La democrazia è fondata sull’uguaglianza dei cittadini capaci, non sull’interesse degli individui. Ogni elettore vota anche per tutti i minori incapaci. Ci sono altri esclusi, i residenti stranieri, che guarda caso hanno il maggior numero di figli. La democrazia è malata. Per curarla bisogna tornare ai principi (mai veramente applicati), non imbizzarrire le istituzioni con trovate come questa. Sarebbe invece utile proporre misure concrete a favore della natalità, della maternità e della famiglia in senso aperto (liberale). L’Italia è ultima in Europa! La demagogia anti-immigrazione non giova e rischia di impedire una riforma vera, neutra, per tutti.

    • Nicola Carnevali

      Nonostante i condivisibili obbiettivi della proposta, sono d’accordo con lei.
      Inoltre, alle problematicità da lei citate si aggiungerebbe la questione etica di un figlio che non volesse essere rappresentato dai genitori nelle urne elettorali. Penso alla mia vicenda personale: a diciassette anni, nonostante tutta la stima e l’affetto che provo per lui, non avrei voluto che mio padre votasse per me, viste le nostre differenti idee in fatto di politica

    • Giovanni Panigada

      Non sono per nulla d’accordo con questo commento. Con le stesse motivazioni meno di cento anni fa si escludevano dal voto le donne. Oggi ci pare ridicolo escluderle con la scusa che il marito vota anche nell’interesse della moglie. Non dare un voto a ciascun cittadino (anche se minore) è la più grande debolezza dei sistemi democratici. Se venisse accolta questa proposta tra 50 anni la gente considererebbe ovvio il voto ai minori e si chiederebbe come sia stato possibile che per tanti anni la gente sopportasse una simile stortura.

      • Henri Schmit

        Ma è proprio l’opposto. Il diritto elettorale presuppone l’appartenenza (cittadinanza o residenza prolungata) e la capacità (civile o piuttosto politica). Bisogna quindi definire un’età: una volta era 25, poi 21, adesso 18 e domani forse 16. In altri paesi un abbassamento dell’età utile è stato bocciato per referendum. Il doppio voto di alcuni privilegiati era una caratteristica deviata in alcuni paesi (Gran Bretagna, JSMill, Belgio fine 800). Tutto il discorso mi sembra un alibi del paese più arretrato in Europa in materia di protezione della maternità e della famiglia in senso lato, assistenza alla natività, servizi per l’infanzia, scolarizzazione e prospettive economiche dei giovani. Non è con trovate come quella dell’articolo che si migliorino le condizioni a favore delle future generazioni. Al contrario si peggiorerebbero in senso populista le istituzioni democratiche già non proprio ottimali, a giudicare dall’out-put. Tutta la vicenda mi fa pensare alla trovata fiscale della flat tax. Iniziata nei circoli accademici che non sanno che pesce pigliare, è finita per inquinare il dibattito politico pubblico per due anni e forse non è finita.

  6. Davide

    Incentivare la natalità? Ma se il problema dell’umanità è la sovrappopolazione… Incentivare le nascite nei paesi avanzati è solo una dannosa propaganda nazionalista (si ai figli bianchi, no agli immigrati neri)

  7. Matteo Rizzolli

    Grazie Mirco e Federico per aver rilanciato la questione. Il voto ai bambini è un tema introdotto dal demografo Demeny ed un nostro collega, Luigi Campiglio, ci ha scritto un libro molto interessante nel 2005 (Luigi Campiglio, Prima le donne e i bambini. Chi rappresenta i minorenni?, Il Mulino, Bologna, 2005 )

    A differenza dell’Henri smith, penso che la proposta sia ottima e probabilmente la sola capace davvero di raddrizzare la spesa pubblica ormai preponderantemente catturata dai pensionati.

    Il governo appena caduto è stata l’ennesima dimostrazione di questo: nonostante enormi proclami su assegni unici e attenzione alle famiglie il governo alla prova dei fatti ha ulteriormente aumentato la spesa pensionistica e lasciato al palo famiglie e giovani. Coem dargli torto? i giovani non votano, i genitori giovani votano relativamente poco mentre i pensionati si recano in massa alle urne.

  8. Piero Borla

    Approvo pienamente la proposta. Tralasciando i risvolti sulla demografia e la natalità, non condivido l’affermazione di Henri Scmidt che ‘ogni elettore vota anche per tutti i minori incapaci’. E’ chiaro ai miei occhi (anche se non dimostrabile in questa sede) che esistono significative divergenze di interessi fra le classi di età della popolazione; e che gli interessi di un quinto della popolazione sono privi di rappresentanza politica. Tralascerei i risvolti sulla demografia. Per non avviare una lunga battaglia a livello costituzionale, e realizzare subito qualcosa di concreto, propongo di integrare il parlamento e i consigli regionali con un numero ridotto di componenti aventi voto consultivo; componenti da eleggersi con il voto dei soli genitori di figli minori.

  9. Lo trovo giusto e lo sostengo da vari anni (http://twitter.com/bartoland/status/669841438079885312/photo/1). Il voto dovrebbe essere dato metà al padre, metà alla madre. Ne avevo scritto in Agosto anche a F. Giavazzi, che mi ha risposto per email “penso che il rischio è di dare un voto doppio a chi potrebbe usarlo per andare in pensione presto”. È la stessa obiezione che mi fecero alcuni anni fa degli economisti all’EIEF. Sarebbe interessante verificare se ad esempio quota 100 è piaciuta di più alle classi di età basse e alle persone con figli o a quelle senza. Sono convinto si rivelerebbe utile e non solo per la demografia, le politiche per la sostenibilità ambientale e finanziaria hanno appunto il problema che chi vota non beneficerà dei vantaggi.

  10. Valeria Borgese

    E’ una proposta molto interessante per affrontare il problema grave, ma politicamente sottostimato della natalità. Apprezzo poi il voto alla madre, che è poi anche quella che si assume gran parte del carico di lavoro e cura della prole.

  11. Alfredo Iafolla

    La proposta è interessante, ma, come spesso accade ragionando in astratto, apre più problemi di quelli che risolve. Per esempio, un effetto sarebbe quello di ridurre ancora di più il peso dei giovani maggiorenni: che ora votano poco perché non vedono prospettive e che, con una misura del genere, verrebbero ancor più messi all’angolo, vedendo essi nella società sempre meno possibilità concrete sia di realizzarsi che di mettere su famiglia per fare figli.
    La soluzione sarebbe, come qualcuno nel thread ha proposto, quella far pesare di più il voto di chi ha più prolungate prospettive di vita: ma si scontra con problemi costituzionali difficilmente risolvibili, anche se il criterio si baserebbe su un dato oggettivo della stessa natura dell’età anagrafica, ovvero l’aspettativa di vita, che è calcolabile e non opinabile.

  12. Giovanni Panigada

    Sono d’accordissimo. Sostengo da anni che non dare il voto ai minori sia la più grande stortura del principio di uguaglianza dei sistemi democratici (della stessa gravità e assurdità di quando si negava il voto alle donne) e sono contento che se ne parli. Speriamo che arrivi presto una proposta di legge, per una volta l’Italia sarebbe all’avanguardia nella crescita di civiltà.

  13. Perché non togliere agli anziani il diritto di voto insieme alla patente, potrebbe risultarne un giovamento per l’intera nazione.

  14. Henri Schmit

    Faccio notare che una quota più che proporzionale dei neonati sono figli di stranieri. Nemmeno i genitori hanno il diritto di voto! Per ottenere la cittadinanza e il diritto di voto bisogna passare attraverso una procedura talmente lunga che può essere risentita come vessatoria. Sono da 30 residenti a Milano, sposato con un’Italiana e padre di due figlie che per automatismo hanno la doppia cittadinanza. Votano da una legislatura. Quando in prefettura mi hanno indicato i tempi di attesa della naturalizzazione (avendo già tutti i certificati richiesti che dai vari paesi interessati mi sono arrivati in pochi giorni, per lo più gratuitamente), cioè “almeno quattro piuttosto cinque anni”, mi sono sentito umiliato e ho rinunciato. Facciamo fare funzionare la democrazia prima di imbizzarrirla con italianismi dannosi!

    • Piero Borla

      La questione della difficoltà ad acquisire la cittadinanza è reale ma poco pertinente. Il tema è : è sempre più evidente che gli interessi delle classi più anziane, politicamente parlando, per molti aspetti da quelli dei bambini. Ora gli anziani possiedono un importante peso elettorale e sono molto ascoltati; i bambini zero. N.B. : chi scrive ha 73 anni.

      • Henri Schmit

        Il problema degli squilibri fra classi d’età è reale, ma la soluzione dovrebbe essere parlarne, definire rimedi, approvarli e applicarli, non dare il diritto di voto a incapaci civili o ai loro legali rappresentanti o a una parte di essi. Il problema degli stranieri è reale e riguarda la questione. In Italia vige un sistema delle naturalizzazioni che impedisce intenzionalmente a numerosi giovani appena maggiorenni di esercitare il diritto “naturale” di voto nel paese dove spesso sono nati e dove vivono, studiano e lavoreranno. La mia idea avvicinerebbe l’Italia al resto dell’Europa liberale (vuol dire dei diritti), mentre quella dell’articolo la renderebbe ancora più bizantina, artificiosa, che vende trucchi di facciata per riforme sostanziali.

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