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Perché nuove elezioni non sono l’unica soluzione democratica

Quando cade un governo sono in molti a invocare nuove elezioni come unica soluzione democratica alla crisi. Ma la Costituzione prevede il voto anticipato solo come estremo rimedio. E infatti fissa in cinque anni la durata della legislatura.

Che cos’è la democrazia e cosa dice la Costituzione

Ogni volta che cade un governo, la tentazione di risolvere la crisi ricorrendo alle urne è sempre molto forte. E totalmente legittima. Ma è davvero l’unica ipotesi “democratica”, come spesso si sente dire, anche da illustri esponenti politici e giornalisti? La risposta è ovviamente negativa, ma il dubbio è così diffuso che forse vale la pena di rifletterci sopra con maggiore attenzione.

L’ideale punto di partenza per dirimere la questione potrebbe essere quello di definire il concetto di “democrazia”. Tuttavia, il compito è molto meno scontato di quello che potrebbe apparire. Etimologicamente, il termine “democrazia” fa riferimento alla sovranità popolare (il potere e il governo del popolo), un concetto peraltro ben richiamato anche dalla nostra Costituzione. Ma una definizione di questo genere è troppo vaga e decisamente non operativa. Come si esercita il potere del popolo? Direttamente o in maniera rappresentativa? E quale delle due forme è più democratica? Sono domande la cui risposta va ben oltre gli spazi e l’obiettivo di questo articolo e che quindi non affronteremo. Ma le poniamo per sottolineare come la problematica non sia così semplicistica come sembra.

Dal punto di vista operativo, è quindi più utile affrontare la questione partendo da ciò che la Costituzione prevede. Il comma 2 dell’articolo 1 sancisce che il “potere appartiene al popolo” aggiungendo tuttavia che il popolo “lo esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Il potere del popolo non è quindi assoluto ma soggetto esso stesso a limiti e norme. E la Costituzione italiana appare sufficientemente precisa nella ripartizione dei compiti tra i vari poteri dello stato. Per esempio, lo spazio previsto per gli strumenti di democrazia diretta è molto limitato, mentre amplissimi sono gli organi di democrazia rappresentativa, alcuni dei quali nominati attraverso elezioni di secondo se non addirittura di terzo livello. Due esempi su tutti: l’elezione del Presidente della Repubblica da parte di parlamentari e di delegati regionali, e la nomina del presidente del Consiglio. Andando al cuore della questione, la Costituzione non assegna il potere sciogliere le Camere (e quindi di indire nuove elezioni) al ministro dell’Interno (né a nessun altro membro del governo), a direttori di giornali o a gruppi Facebook; bensì, lo assegna al Presidente della Repubblica (articolo 88), che peraltro ha sì una certa discrezionalità in materia, ma non può ignorare le indicazioni che dai presidenti delle Camere stesse (rappresentazioni più dirette della volontà popolare) emergono. Anche la nomina del presidente del Consiglio è compito del Presidente della Repubblica (articolo 92). Benché il procedimento non sia normato dalla Costituzione, è ormai prassi che alla nomina si arrivi attraverso consultazioni tra il Presidente della Repubblica stesso e i delegati dei Gruppi parlamentari. Nella crisi attuale, scopriremo ormai tra poche ore (martedì 27 agosto) se il Presidente della Repubblica riterrà che gli sforzi fatti dai partiti siano stati sufficienti per concedere un mandato esplorativo per formare un nuovo governo o se, a questo punto a ragione, non rimanga che indire elezioni anticipate.

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Scadenze elettorali e volontà degli elettori

Se dunque formalmente non è possibile sostenere che tornare a votare sia l’unica alternativa democratica, ci si può comunque chiedere se nuove elezioni siano comunque molto opportune, soprattutto di fronte a un così mutato quadro politico. Da un lato, se si prendono a riferimento i risultati del 4 marzo 2018, un’eventuale coalizione tra Partito democratico (Pd) e Movimento 5 stelle (M5s) sarebbe ancora più rappresentativa – e quindi in qualche modo democratica – di quella che ha retto il dimissionario governo Conte. D’altro canto, a seguito delle recenti elezioni europee, è evidente che gli equilibri elettorali sembrano cambiati e che i rapporti di forza tra Lega e M5s paiono essersi perfettamente ribaltati. Diventa a questo punto necessario rifarsi ancora una volta alla Costituzione, e in particolare al fatto che essa fissi la durata della legislatura (e non dei governi) in cinque anni (articolo 60 comma 1). Questo proprio perché, tra le altre cose, è ovvio che il gradimento dell’elettorato può essere variabile e soprattutto contingente (per esempio, condizionato dal ciclo economico) e che periodi di tempo inferiori non sono ritenuti, di norma, sufficienti perché l’elettorato possa giudicare compiutamente l’operato di un parlamento, né perché quest’ultimo possa avere il tempo di realizzare tutti gli obiettivi della legislatura stessa.

Concludendo: benché a molti le elezioni anticipate possano sembrare utili (e ci sarebbe poi da chiedersi se “utili” al paese o solo al proprio partito), la lettura della Costituzione ci permette di caratterizzarle molto di più come “estremo rimedio” che come “unica alternativa democratica” per risolvere una crisi di governo.

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15 commenti

  1. Giampiero

    Se la partecipazione dei cittadini alla politica viene ridotto alla forma e non alla sostanza non mi si venga a parlare di Democrazia. L’espressione popolare, quando è necessaria a garantire la democraticità dell’azione politica di un Governo, prevale di gran ,lunga su di ogni formalismo giuridico.

    • Savino

      C’è una crisi senza precedenti nei valori comuni, nella politica e nell’economia di questo Paese, ma il popolo italiano se ne frega e continua a preferire l’odio, la rabbia, l’egoismo e la disumanità. Il fallimento del governo giallo-verde è stato, in buona sostanza, il fallimento di un popolo uscito fuori dal solco dalla lettura della realtà e dei suoi problemi, un popolo che se ne frega dei nostri giovani preparati che vanno all’estero a cercar fortuna e preferisce i politici che promettono irrealizzabili pensioni baby e abolizione del bollo auto. Abbiamo bisogno di un popolo più acculturato ed informato, che non si accontenti della pochezza di un piatto di lenticchie, ma che sferzi la politica in direzione di un progetto per l’Italia del futuro.

      • Giampiero

        Asserviamo allora il popolo italiano ai perfetti francesi o tedeschi o a qualsiasi potere, purché sia sovranazionale, perché non meritiamo una propria Patria, una propria famiglia e nemmeno un proprio Dio. Non posso altro che vergognarmi di leggere, presumo da un connazionale, condensato tanto fanatico pregiudizio nei confronti del proprio Paese, della propria gente e della propria cultura.

        • Savino

          Mi pare che ciò che lei definisce “patria” non sia funzionante ed efficiente da fin troppi anni, a differenza del resto del mondo evoluto. C’è ben poco da essere orgogliosi e da esprimere spirito di corpo. Non è “patria” quella del malaffare, della corruzione, dell’evasione fiscale condonata, del familismo a-morale, dell’individualismo, dell’odio, della rabbia, dell’egoismo al limite della disumanità di chi sta bene ed ha tutto, dove i padri se ne fregano dei figli e vedono la politica solo per tornaconto odierno e non per programmazione futura. Smettiamola di fare le vittime di inesistenti complotti internazionali e cominciamo a fare autocritica dello schifo che siamo diventati per ridurci in queste condizioni.

          • Giampiero

            Se lei cerca un Paese immune da “malaffare,corruzione, evasione fiscale, familismo a-morale, individualismo, odio, rabbia e disumanità” e lo trova solo nel nostro Paese, le devo dire che non sta su questa Terra. Mi trovi un altro Paese al Mondo che non combatta contro i problemi che lei menziona? Nella Repubblica di Platone? Scenda dal mondo delle idee e si guardi intorno senza assurde pretese massimaliste con umiltà e vedrà che gli italiani come tutti, portandosi appresso vizi e virtù che storia e collocazione geografica gli hanno assegnato combattono ogni giorno per progredire e farsi apprezzare.

          • Savino

            Gli italiani sono stati i meno umili di tutti, dimenticandosi totalmente delle priorità verso cui direzionare il Paese e pensando solo al proprio egoistico portafoglio. Fa vergogna e fa pena vedere i ricchi votare per ” i partiti della protesta”. Cosa dovrebbero dire le persone davvero in difficoltà (nonostante i meriti) a partire dai nostri ragazzi preparati e dai giovani che vorrebbero metter su famiglia ma non possono?

    • Luciano Pontiroli

      Nel diritto costituzionale la forma coincide con la sostanza, perché è la garanzia di tutti.

      • Giampiero

        In Democrazia, la garanzia è la partecipazione dei cittadini alla vita politica.

        • Amegighi

          Interessante che Lei non citi l’esempio della Svizzera. Anche lì ci sono elezioni, ma anche democrazia partecipativa. Addirittura esagerata come si faceva nel Canton Uri (alzata di mano in piazza).
          Le regole della democrazia partecipativa sono però molto chiare ed espresse sul sito del Governo Federale anche in italiano (Le legga, sono molto interessanti). Il referendum non costituzionale, cioè popolare è solo abrogativo di leggi approvate e decise dal Consiglio.
          In poche parole anche qui, nella patria della democrazia partecipativa, esiste comunque un sistema elettivo che propone e decide. Spetta poi eventualmente ai cittadini non accettare queste decisioni, ma non decidere.
          Il motivo è quanto mai ovvio.
          Lei forse dimentica che ha eletto un rappresentante in Parlamento. Non so se con le sue stesse idee o differenti. Resta che il suo rappresentante rappresenta anche Lei. Forse quest’aspetto è stato dimenticato, coscientemente o meno, sia dagli elettori che dagli eletti. La garanzia della partecipazione come cittadino alla vita politica sta in questo e nella possibilità di formare partiti o movimenti o gruppi che presentandosi alle elezioni possono eleggere rappresentanti agli organi appunto rappresentativi.

          • Giampiero

            Probabilmente lei non tiene in conto che quando i “nostri rappresentanti” in un dato e grave momento come l’attuale, non sono in grado di dare al Paese,(cito il PdR) un esecutivo saldo, con una maggioranza numerica evidente, una politica chiara con un programma di respiro per la legislatura, spetta ai cittadini sciogliere i l’impasse, fatto salvo una legge elettorale coerente. Oppure per “ragioni costituzionali” dobbiamo per forza accontentarci di rimpastoni, governicchi come abbiamo già miseramente sperimentato?

    • Giulio Biocca

      Quindi bisogna fare un sondaggio al mese e se cambia l’opinione prevalente allora bisogna indire nuove elezioni? Ma allora aboliamole le elezioni e nominiamo direttamente i ministri tramite sondaggi mirati! Almeno dodici volte all’anno, così siamo più democratici?

      • Giampiero

        Le rispondo con una citazione di questi giorni di Massimo Cacciari ” La vera malattia è la crisi della democrazia rappresentativa, una malattia ormai palese in tutto il mondo, alla quale i liberaldemocratici e i socialdemocratici devono opporre intelligenza, idee, riforme”. Se questa operazione politica di allontanare i cittadini dall’ esercizio di un caposaldo della democrazia è intelligente lo lascio a lei.

        • Savino

          La vera malattia è l’ignoranza del popolino che rischia di inciampare per strada a furia di compulsare lo smartphone ma non si è capito ancora bene quali informazioni cerca e recepisce. Se il popolo, in questi 20-30 anni, si fosse documentato di più e meglio non ci troveremmo in questa situazione.

        • giuseppe

          O aboliamo , per lo meno non rendiamoli pubblici sui masmedia, i sondaggi, dato che oggi pare che siano la bussola piu’ interrogata per governare ?

  2. U G-M Tamburini

    Bisogna capirsi: demoocrazia come -forse- l’intendevano quelli del 48 est una anguilla alla quale chiunque si puo’ rifare nella consapevolezza di non agguantarla. A me basterebbe che i presidenti dessero udienza istituzionale a parlamentari eletti in carica. E che accettassero ministri tratti da parlamentari in carica.
    Poi, i ministri -ottenuto mandato dal parlamento- dessero disposizione perentoria agli uffici di porre in atto le norme. Obiezioni motivate degli uffici solamente per conflitti da dirimere legislativamente.

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