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Questo Invalsi 2019 è la diagnosi di un malato grave

I risultati delle prove Invalsi 2018-2019 sono la spia di un fallimento della scuola italiana. Le opportunità educative sono molto diverse a seconda delle regioni, della scuola e della classe frequentate, del genere e della famiglia di provenienza.

Il termometro è più affidabile

Gli esiti delle prove Invalsi 2018-2019, presentati la scorsa settimana, sono la spia di un profondo fallimento della nostra scuola. Sebbene molti aspetti critici non siano nuovi, il dibattito che ne è seguito è insolitamente vivace e ci auguriamo prosegua, magari ancorandolo di più a quanto le prove Invalsi ci dicono davvero.

Partiamo dallo strumento. Spesso l’affidabilità delle prove Invalsi è stata criticata e ancora oggi è talvolta sotto accusa. I miglioramenti sono stati, però, notevoli, specie negli ultimi due anni.

Ci sono stati finalmente progressi nell’eliminazione del cheating, i comportamenti opportunistici di docenti e studenti. Fuor di eufemismo, i taroccamenti. Negli anni scorsi si era provato – senza successo, anzi con effetti controproducenti nei confronti delle classi migliori – a controllare il cheating con correzioni puramente statistiche. Ora si è presa una strada diversa. Le prove in quinta superiore, così come dallo scorso anno in terza media, sono svolte prima dell’esame e sganciate dal suo risultato, disincentivando azioni scorrette. La novità più rilevante è rappresentata dalle prove a computer (computer-based) nella secondaria di I e II grado, con correzione automatica. Il cheating si riduce perché le prove sono diverse per ogni studente, pur restando di difficoltà equivalente: non è facile per i docenti aiutare nelle risposte o manipolarle in fase di trasmissione, è impossibile copiare. Inoltre, così si possono “ancorare” alcune domande tra una rilevazione e l’altra per confrontare direttamente i risultati e vedere se, per quel grado, gli studenti siano migliorati o meno. In passato solo il campione sorvegliato (il 10 per cento del totale) era credibile – e infatti su quello si basano i rapporti e le presentazioni dei dati Invalsi, ora con le prove al computer risultati censuari e campionari dovrebbero convergere.

Con le prove di quinta superiore si è raggiunta la copertura completa del corso di studi e la copertura curriculare è stata estesa all’inglese. I tassi di partecipazione sono stati molto elevati: dal 99 per cento nella primaria al 95 per cento in quinta superiore, dove la media è abbassata dagli istituti professionali.

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Per medie e superiori, infine, i risultati sono espressi non più solo con punteggi, ma per livelli descrittivi delle prestazioni cognitive: per l’italiano e la matematica sono stati definiti con una metodologia simile a Ocse-Pisa, per l’inglese grazie al quadro comune europeo di riferimento (Qcer).

Ma il paziente è moribondo

I risultati delle prove confermano criticità e iniquità, in parte conosciute fin dalle prime rilevazioni del 2005-2006, con alcuni inediti.

Le opportunità educative sono molto diverse a seconda dell’area del paese, della scuola e della classe che si frequentano, del genere e della famiglia di provenienza. In media, i divari tra Nord e Sud sono lievi all’inizio della primaria. Nel Meridione, però, già dalla seconda primaria si registra una variabilità elevata dei punteggi a livello di scuole e soprattutto di classi: sintomo di forti differenze, legate a docenti e dirigenti, che possono condannare gli studenti nelle classi peggiori a ritardi scolastici permanenti.

Dalla scuola media le differenze territoriali si accentuano: gli allievi di Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia hanno apprendimenti in italiano, matematica e inglese nettamente inferiori (di circa 40 punti a fronte di una media di 200) al resto del paese. Purtroppo lo sapevamo già, mentre forse si sa meno che anche il resto dell’Italia non sta affatto bene. In tutte le cinque macro-aree, almeno uno studente su tre è al di sotto del livello minimo di raggiungimento dei traguardi posti dalle Indicazioni nazionali per il curricolo (il testo di riferimento che ha sostituito i “programmi ministeriali”) in italiano e matematica. Con prevedibili forti eterogeneità: nel Mezzogiorno si sale al 40 per cento per l’italiano e oltre il 50 per cento per la matematica.

La scuola media rimane dunque l’anello debole, perché questi tre anni concludono il ciclo primario di base comune a tutti gli studenti, per tutti strutturato allo stesso modo e che a tutti dovrebbe garantire il raggiungimento di competenze minime che consentano di affrontare “in autonomia le situazioni di vita tipiche della propria età”. Invece, proprio qui si spezza irrimediabilmente l’equilibrio. E alle superiori recuperare diventa impossibile. Il divario tende ad allargarsi al crescere del livello scolastico, fino a esplodere in quinta superiore, com’è naturale in un processo cumulativo come l’istruzione.

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Perché quest’anno l’allarme ha tanta eco? Forse, perché non ci sono più alibi: tutto l’arco di studi è coperto, la partecipazione è molto elevata, il cheating è stato di fatto annullato. Peraltro, a parte i tecnicismi, come non allarmarsi se una quota rilevante di allievi in terza media ha competenze da quinta elementare?

A fronte di un sistema di istruzione con regole largamente unitarie a livello nazionale (stessi sistemi di reclutamento e formazione degli insegnanti e dirigenti, sistemi di incentivi uniformi, indicazioni curriculari e quadri orari sostanzialmente identici) non è facile spiegare l’aumento delle differenze territoriali. Una pista è guardare al capitale sociale: così come il sistema d’istruzione formale può aumentare i livelli di capitale sociale e di coinvolgimento civico, altrettanto plausibile è che la qualità di un sistema educativo e la sua efficacia siano influenzate dal capitale sociale nel contesto di riferimento. Che al Sud e nelle Isole è più basso. A ciò si aggiunga che il Sud è caratterizzato da una maggiore iniquità: le differenze nei punteggi sono dovute, molto più che al nord, non alle sole differenze fra gli individui, ma a differenze tra scuole e tra classi.

Un’altra pista è la qualità dei docenti, che al Sud potrebbe essere più bassa a causa di una autoselezione negativa: i migliori si spostano in contesti più favorevoli per lavorare con colleghi più motivati, famiglie più coinvolte e studenti più interessati.

I fenomeni descritti dai dati Invalsi sono piuttosto chiari. Le spiegazioni e i rimedi molto meno: servirà nuova ricerca che spieghi meglio i meccanismi sottostanti ai divari per arrivare alla definizione di politiche adeguate.

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Risultati Invalsi: far finta di niente è una condanna per il Sud

18 commenti

  1. Savino

    Se andate negli uffici (pubblici e privati) a fare gli stessi quesiti non avrete risposte diverse. In italia, senza alcuna meritocrazia, come lo trovano un ignorante ed imbranato gli danno un posto di lavoro.

  2. bruno puricelli

    Uno dei limiti ad un possibile miglioramento è dovuto alla proibizione di insistere pubblicamente su tale differenza N-S. Inoltre, leggendo meno, le popolazioni del sud rimangono poco sensibilizzate al tema. Purtroppo, a peggiorare le cose ci si mette un elemento pervasivo come l’ambiente umano in cui gli scolari crescono. Infatti, non appena cominciano a capir qualcosa, si trovano di fronte modelli di vita praticamente contrari al crescere con educazione e rispetto civili. Il genitore saggio se ne preoccupa facendo grandi sforzi maggiori rispetto ai genitori al nord che non devono temere insidie ad ogni occasione in cui il proprio bambino comincia a godere di una certa libertà di movimento. Sappiamo tutti che ai bambini ed ai giovani in generale piacciono le esuberanze ed ammirano gli artefici e protagonisti di tali gesti fino ad emularli. Non se ne potrà uscire finché i genitori sono poco influenti sui loro bambini e finché crescono in ambiente “contaminato” dove le deviazioni prevalgono offrendo bersagli antisociali. In tali ambienti anche i maestri trovano molta difficoltà a farsi seguire. Si potrebbe cercare un modo per motivare le mamme (tutori) affinché si facciano garanti verso la società circa la frequentazione scolastica (per toglierli dalla strada) e aiutando con risorse le meno abbienti in ragione dei risultati che i figli ottengono nei primi 8 anni dell’obbligatoria. Se ci fossero soldi si potrebbe fare, ma ne abbiamo troppo pochi per la cultura e la scuola.

  3. Virginia

    Sarebbe interessante anche incrociare i risultati Invalsi 2019 con i voti degli esami di stato (post riforma) per misurare l’ampiezza delle differenze territoriali nelle valutazioni finali.

  4. Maurizio

    Non è vero che i quesiti sono diversi da studente a studente, ho sperimentato in una stessa classe quinta che i quesiti di Matematica frequentemente cambiavano solo l’ordine, ma non il contenuto.

  5. Paolo Barbieri

    Quando l’istituzione principe di una democrazia da cui tutto discende, il Parlamento, è intossicato da mediocrità, delinquenza, cialtroneria, da molte legislature e in crescente intensità e dimensione, non può che trascinare ogni altra articolazione dello Stato, al suo stesso livello: inimmaginabile che alla sua devastante opera protratta nel tempo, possa resistere qualche isola di eccellenza!

    La Magistratura precipita a Palamara & C, la scuola matura i candidati al 97%, ma cresce l’analfabetismo funzionale, nella sanità c’è carenza di medici, ma abbondanza di corruzione, i condoni reiterati alimentano evasione fiscale ed abusi edilizi …

    Superflua ogni elencazione quanto necessario un progetto efficace di cambiamento non tanto tra destra e sinistra, quanto tra mediocrità ed eccellenza.

    Tocca alla migliore riserva della Repubblica farsi carico dall’onere di portare il Paese fuori dalla palude nella quale è stato condotto ed è trattenuto.

    Tocca ad essa lasciare le amate occupazioni, scuola, università, professioni, aziende, per assumere l’onere di guida che naturalmente compete ai più dotati di ogni aggregato umano che voglia progredire!

    In 40anni siamo passati da Moro e Berlinguer a Di Maio e Salvini…

    Paolo Barbieri, socio LeG circolo Gdi La Spezia

    • Francesco

      Non sono d’accordo su una cosa. Lei fa discendere le disgrazie del Paese dalla qualità della classe politica. Secondo me, la freccia va nell’altro senso: è la classe politica ad essere una proiezione della società.

      • Paolo Barbieri

        Da dodici anni, tanto dura la serie storica della DEMOS di I. Diamanti, che pubblica annualmente a dicembre il “Rapporto tra Cittadini e Stato”, che indaga la fiducia verso le varie articolazioni in cui lo Stato, appunto, è organizzato, partiti compresi, la fiducia dell’elettorato verso i partiti è costantemente sotto il 10 %, con una punta sotto il 4.
        Questo vuol dire che ad ogni elezione la scelta è tra astensione o male minore presunto, mancando la possibilità di un voto convinto o entusiasta.
        La mediocrità ha infiltrato la politica è le istituzioni, ed essa non può che riprodurre se stessa, solo un filino peggio per non suicidarsi: in 40 anni siamo passati da Moro e Berlinguer a Di Maio e Salvini… Dopo le ultime elezioni i candidati alla presidenza del consiglio erano Di Maio e Salvini, mentre in Germania la Merkel era al suo 4° cancelleriato…
        Il 90% di Cittadinanza in cerca di affidabilità è un potenziale di cambiamento enorme, che non trova la possibilità di esprimersi perché l’offerta politica è pessima o ha già fallito.
        Che poi L’OCSE ci metta in testa alla classifica europea per anafabetismo funzionale è una conseguenza delle scelte Strategiche e coerenti della mediocrità, che alla emancipazione preferisce la regressione culturale nella quale si trova a suo agio.
        Come è potuto succedere? Dal dopoguerra da una parte guerra fredda, mafie, Vaticano, dall’altra una Costituente che non ha messo nella Carta filtri efficaci.

    • michele zazzeroni

      Sono d’accordissimo sulla conclusione: la classe dirigente di oggi fa pena perché l’elettorato fa pena. Questo all’inizio; poi il processo si è autoalimentato: popolo penoso esprime elite penosa, elite penosa rafforza un popolo penoso. E via con il circuito vizioso. Pensavo: solo dalla scuola si può spezzare questa terrificante involuzione. Poi arrivano i risultati Invalsi.

  6. Carlo

    Perché scrivere cheating invece di imbrogliare o copiare? Evitiamo di parlare come il milanese imbruttito di youtube, per favore…

  7. Markus Cirone

    Leggo: “… la qualità dei docenti, che al Sud potrebbe essere più bassa a causa di una autoselezione negativa: i migliori si spostano in contesti più favorevoli …”. Tutto il contrario: i migliori vincono il concorso e rimangono al Sud, gli altri, pur di lavorare, vanno al Nord. Temo che non conosciate nessun docente proveniente dal meridione.

  8. Marco Spampinato

    Una metafora inappropriata favorisce errori sistematici di attribuzione (e costruzione di stereotipi). La proprietà del termometro è che le sue variazioni indicano univocamente variazioni di temperatura. Un test psicometrico non è un termometro. Il costrutto di competenza non è così banale e la corrispondenza tra punteggio totale e competenza ‘funziona’ solo se i requisiti teorici sono del tutto verificati: in particolare SSE non esiste dipendenze condizionale (quando le risposte ad uno o più item sono influenzate da elementi ulteriori rispetto al costrutto di competenza). Viceversa, se a parità di competenza far parte di alcuni gruppi rende più facile (o più difficile) rispondere ad alcuni quesiti, la metafora rivela la sua inadeguatezza. Classifiche tra gruppi regionali, riproposte ogni anno, sono peraltro poco spiegate: gli autori stessi sottolineano che il sistema è accentrato. Non a caso, citano solo interpretazioni basate su una devianza interna al sistema: cheating, formazione delle classi, indisciplina o un generico capitale sociale.
    Un’alternativa è considerare che al cuore del processo educativo, e della performance misurata, c’è l’interazione tra culture informali e culture formali (con una varietà nei metodi e nelle pratiche formative). Questo tema non è nemmeno sfiorato dalle classifiche che, proprio per mimare la misurazione di un fenomeno fisico, negano anche la variabilità della performance tra quesiti che emerge dai dati di base (se diversamente analizzati).

  9. Dunning Kruger

    Ma che razza di commenti: metá sul campanilismo Nord/Sud e l’altra metá vaneggiamenti sulla validitá del test o sulle colpe della “politica/societá/genitori”.

    Neanche uno che entrasse nel tema dell’articolo.

    Certamente il miglior compendio ad un articolo sui problemi del livello d’istruzione in Italia.

    • Marco Spampinato

      Caro ‘Dunning-Kruger’, il ‘suo bias’ può essere certamente all’opera nelle più svariate situazioni, da ogni parte. Il punto è che l’arma dell’insulto contro ogni discussione sulla validità relativa e/o su limiti epistemologici di un test psicometrico mi sembra sbagliata. Analisi e discussioni serene sono preferibili e preferite da chi non ha paura di un confronto (metodo e merito). Evidentemente non lo sono da parte di chi ha forse altri interessi e si accontenta di sbandierare un punteggio totale ad un test senza elevare la consapevolezza tra la popolazione di che cosa si stia parlando. La società moderna è piena di gente che rincorre cose che non capisce: questo sicuramente fa comodo a qualche venditore, ma interessa meno i ricercatori autentici. Sul campanilismo Nord-Sud la invito a cercare di capire meglio: c’è una grande differenza tra campanilismo, o tifo calcistico (da un lato) e differenze culturali, sensi di appartenenza, identità sociali. Temo lei sia in torto sull’espressione ‘vaneggiamenti sulla validità del test’, nonostante lo sfoggio di firmarsi ‘Dunning Kruger’. La invito anche a riflettere sul fatto che il modo meno utile di entrare nel merito dei processi cognitivi di cui si parla sia quello di commentare una graduatoria tra gruppi in termini di performance o abilità cognitive ‘globali’. Infine, firmo le mie affermazioni, oltre a lavorarci sopra (questo non lo può capire dai commenti). Potrebbe cortesemente farlo anche lei?

  10. Arturo

    Leggo soltanto una trita e ritrita analisi dei mali della scuola del Sud.
    Con l’aggravante di alcune affermazioni completamente prive di fondamento (scientifico e teorico).

    In particolare, sarebbe interessante conoscere gli studi in base ai quali gli autori affermano che le procedure di correzione statistiche del cheating sono “….senza successo, anzi con effetti controproducenti nei confronti delle classi migliori …..”.

    Analogamente mi sembra del tutto senza nessun fondamento (in verità lascia presupporre un certo scollegamento dalla realtà scolastica e dalla classe docente) quanto scritto alla fine dell’articolo: “Un’altra pista è la qualità dei docenti, che al Sud potrebbe essere più bassa a causa di una autoselezione negativa: i migliori si spostano in contesti più favorevoli per lavorare con colleghi più motivati, famiglie più coinvolte e studenti più interessati”.

  11. Pasquale Recchia

    Non capisco, da dove si evincerebbe la disuguaglianza di opportunità a seconda, ad esempio, del genere? Ottenere risultati in media diversi può essere spiegato in mille maniere, perché inferite che si tratti di disuguaglianza di opportunità?

  12. michele zazzeroni

    Fermo il fatto che non so proprio cosa dire della situazione del Sud (per me un totale mistero europeo), ho alcune modeste proposte tese a ridare autorità e valore sociale alla scuola e all’istruzione:
    a) obbligo di alzarsi quando entra l’insegnante
    b) divieto assoluto di cellulari in classe
    c) chiamare subito i carabinieri appena un genitore si avvicina all’istituto scolastico.
    d) due ore alla settimana di educazione allo spirito critico ragionato.
    e) raddoppio stipendio a insegnanti
    f) subito in miniera gli insegnanti negligenti e mediocri.
    Proposte, come si vede, di estrema moderazione.
    Scherzo. Forse.

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