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Google contro Huawei tra geopolitica e tecnologia

La guerra commerciale tra Usa e Cina fa sì che Huawei non possa più utilizzare Android, sistema operativo di Google. La società cinese sarà dunque costretta a svilupparne uno nuovo. Ma in vista dell’Internet delle cose ciò potrebbe rivelarsi un vantaggio.

Smartphone nella guerra commerciale

Con il rapido montare della guerra commerciale tra Usa e Cina era ed è verosimile attendersi ulteriori sviluppi rilevanti: tuttavia, appare davvero dirompente la decisione di Google di non fornire più assistenza e aggiornamenti sui nuovi smartphone Huawei, per poi troncare i rapporti relativi anche ai telefoni esistenti alla scadenza di una moratoria di 90 giorni concessa dal Department of Commerce dell’amministrazione Trump.

L’ordine esecutivo del presidente Trump a proposito dei rapporti di imprese Usa con imprese cinesi che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale viene ora applicato dal gigante Google non nei confronti di un medio soggetto economico, ma del secondo produttore mondiale di smartphone dietro Samsung. Huawei ha contribuito negli anni all’espansione e al miglioramento di Android, il sistema operativo open source sviluppato da Google, al cui interno si annidano applicazioni proprietarie come Google Maps e Google Play. Ora deve valutare la possibilità di mettere in piedi un sistema operativo alternativo oppure di mantenere Android rinunciando alle componenti proprietarie di Google.

Le dispute geopolitiche tra Stati Uniti e Cina sono necessariamente collegate con le questioni commerciali, come l’attuale chiusura del mercato cinese a Google, Facebook e Twitter: sotto questo profilo, la scelta di Trump può essere considerata, a onor del vero, come una rivalsa rispetto a comportamenti antecedenti di Pechino. Di fatto, le guerre commerciali nella forma di dazi e restrizioni alla libera importazione di beni e servizi hanno la pessima caratteristica di tendere verso l’escalation: nei giorni successivi alla scelta di Google, il presidente Xi Jinping ha fatto una plateale visita – in compagnia del vicepresidente Liu He, capo dei negoziatori con gli Usa – alla città di Ganzhou, dove è localizzato un importante centro di trasformazione delle “terre rare”, cioè quei 17 elementi chimici che sono essenziali per la produzione di batterie ultracompatte, hard disk, motori elettrici e degli stessi smartphone, e su cui la Cina detiene una posizione largamente dominante (70 per cento dell’offerta totale).

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Che cosa accadrebbe se la Cina imponesse un embargo alla vendita delle terre rare alle imprese statunitensi? Certamente si tratterebbe di un ulteriore e lungo passo sul cammino della guerra commerciale, con possibili pesanti ricadute sul Pil globale attraverso la restrizione dei commerci.

Il lato tecnologico

Ma non è soltanto una questione geopolitica. Nel valutare la disputa Google-Huawei dobbiamo badare con attenzione agli aspetti tecnologici, cioè alla competizione tra nuovi e vecchi prodotti, nuove e vecchie tecniche per produrre. Se è vero che la terza fase della rivoluzione di Internet (dopo la sua nascita e l’avvento dei social network, cioè del contenuto creato dagli utenti) consisterà nella cosiddetta “Internet delle cose” (IoT, Internet of Things), ovvero il collegamento in tempo reale tra oggetti grazie alla rete, e nell’esigenza di un trasferimento “quasi immediato” di dati pesanti come i video, allora le prospettive di Huawei appaiono più rosee, perlomeno nel medio-lungo termine. La ragione sta nel suo vantaggio comparato rispetto alla tecnologia adatta per la terza fase, cioè la tecnologia 5G (il quinto standard nella comunicazione mobile): Huawei si avvantaggia del fatto di avere investito non solo sui dispositivi, ma anche sulla stessa rete 5G, a differenza degli altri concorrenti, come Samsung, che sono sostanzialmente focalizzati solo sui dispositivi.

Nuove tecnologie sono spesso complementari ad altre, e non è del tutto chiaro quanto il sistema operativo Android possa essere adatto per gestire la necessaria ed estesa interconnessione tra dispositivi e cose che avremo nel futuro prossimo. La scelta di Huawei di dotarsi di un nuovo sistema operativo per l’impossibilità di usare Android, che ora sembra una scelta obbligata a causa della guerra commerciale con gli Usa, potrebbe rivelarsi alla fine dei conti come la scelta – anticipata – di introdurre e sviluppare il sistema operativo giusto per Internet 3.0: il manzoniano “fare di necessità virtù”, che nel mondo anglosassone si chiama più esoticamente “serendipity”, potrebbe spuntare anche qui, dentro al mondo arcigno dei dazi e degli embarghi.

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  1. Ermes Marana

    L’elefante nella stanza é la rete 5G negli Stati Uniti: l’attuale offerta internet in USA (tanto copper che fiber) é praticamente un oligopolio AT&T/Verizon (eccetto le poche aree servite da Google Fiber che guarda caso sono quelle con la miglior soddisfazione di servizio) secondo voi questa gente prende bene la concorrenza?
    Dato che il burattino arancione si é giá mostrato bel lieto nel servire gli interessi corporativi (non si parla piú della defunta net neutrality ad opera dell’odioso Dev Patel?) colpire i telefoni Huawei tramite Google non é altro che leverage per far si che i cinesi tolgano le mani dall’infrastruttura.
    Sinceramente, per capire l’attuale economia usa basta aver partecipato ad una riunione di condomini con un amministratore di mano larga.

  2. Marco

    Non credo a software i cinesi stanno messi molto male per colmare il gap con android e iphone dovranno fare i salti mortali si parla di 8/10 anni indietro il che vuol dire che se anche sviluppassero al doppio della velocità degli americani si parla di un gap colmabile in altrettanti anni e adesso non è che viaggiano alla velocità degli americani ci vorranno forse 20 anni e gli usa non staranno di certo a guardare.

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