Perché in Spagna hanno vinto i socialisti, in controtendenza con l’avanzata della destra estrema in molti altri paesi? Forse perché il tasso di crescita dell’economia è superiore agli altri stati Ue. Ma un compito difficile aspetta il futuro governo.
Spagna: motore della crescita europea?
Le elezioni parlamentari di domenica 28 aprile confermano che la Spagna è in controtendenza rispetto agli altri grandi paesi dell’Unione europea. Mentre secondo i sondaggi in Francia il partito di Marine Le Pen supera Emmanuel Macron, in Italia la Lega di Matteo Salvini emerge come prima forza politica e in Germania “Alternativa per la Germania” diventa il terzo partito, in Spagna vincono i socialisti mentre il partito di estrema destra spagnolo, Vox, entra in parlamento ma delude le aspettative, fermandosi al 10 per cento.
Con questi risultati, il peso della Spagna nelle imminenti elezioni europee potrebbe essere decisivo per porre un argine ai partiti sovranisti di molti altri paesi europei. Una controtendenza politica che forse trova origine nei diversi risultati dell’economia spagnola.
Figura 1
Fonte: Eurostat
Il tasso di crescita della Spagna è tra i più alti della Ue. Se paragonato con il nostro paese, il dato appare ancora più sorprendente: già dal 2014 l’economia spagnola cresceva più di quella italiana per quasi un punto e mezzo, arrivando a toccare nel 2015 il picco di +3,6. Sebbene la crescita sia oggi più moderata e in discesa, le previsioni sono ancora soddisfacenti sia per il 2019 (+2,2 per cento) che per il 2020 (+2).
Il tasso di disoccupazione, sebbene superiore a quello dell’Italia, è in continua diminuzione dal 2013 e la creazione di nuovi posti di lavoro ha permesso alle famiglie di aumentare i consumi e rafforzare la domanda interna, che ha così viaggiato su un tasso di crescita del 3,2 per cento nel 2018, trainando il resto dell’economia. A ciò ha contribuito anche l’aggiustamento della bilancia commerciale grazie alle maggiori esportazioni, cresciute di quasi il 2 per cento rispetto al 2017.
La creazione di un ambiente economico produttivo e stabile ha attratto investimenti esteri che, a loro volta hanno favorito il repentino sviluppo di alcuni settori economici e la crescita delle esportazioni. Prima della crisi, un quinto del Pil era creato dal settore delle costruzioni, mentre l’incidenza dell’export era pari al 23 per cento, valore nettamente inferiore rispetto a quello che caratterizza Italia o Germania. Oggi le esportazioni valgono circa il 33 per cento del Pil e si concentrano in particolare nel settore chimico, farmaceutico e automobilistico. Il settore che però ha visto la maggiore espansione è stato quello automobilistico, che oggi permette la creazione del 10 per cento del Pil e del 16 per cento delle esportazioni. Con questo boom la Spagna è diventata secondo produttore di auto in Europa (superata solo dalla Germania) e ottavo mondiale. In continuo sviluppo è anche il settore digitale, spinto in particolare dalle tantissime startup che stanno nascendo tra Madrid e Barcellona.
Un miracolo o politiche efficaci?
Quali sono i motivi di un andamento così diverso tra la Spagna e l’Italia? Sicuramente le conseguenze della crisi hanno avuto intensità diverse nei due paesi mediterranei e rappresentano un motivo per cui ora la ripresa spagnola è più robusta di quella italiana.
Tuttavia, parte del merito va riconosciuto ad alcune riforme strutturali, soprattutto quella del mercato del lavoro.
Infatti, negli anni successivi all’inizio della crisi finanziaria, la Spagna ha visto andare in fumo quasi quattro milioni di posti di lavoro e un aumento vertiginoso della disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il picco nel 2015 con il 48,3 per cento.
Il governo Rajoy ha cercato di correre ai ripari varando nel 2012 la riforma del mercato del lavoro. Tra i punti fondamentali, vi era la necessità di una maggiore flessibilità, la riduzione nel costo del lavoro, anche tramite la diminuzione delle somme per i trattamenti di fine rapporto, e la contrattazione per i salari al livello delle singole imprese. Gli interventi hanno contribuito a tenere bassi i salari e a frenare la perdita occupazionale, riducendo il costo del lavoro e rendendo le imprese più competitive.
Figura 2
Fonte: Eurostat
Fare impresa è più facile
Anche altre riforme varate dal primo governo Rajoy hanno sicuramente giocato un ruolo importante, soprattutto per le piccole imprese. La Ley de garantìa, entrata in vigore nel 2013, ha cercato di limitare il più possibile l’eccesso di burocrazia che caratterizzava gli iter amministrativi delle Pmi spagnole. È stata utile anche la Ley de emprendedores, varata a cavallo tra il 2014 e il 2015, che ha favorito la creazione e lo sviluppo di nuove imprese e ha aiutato gli imprenditori in difficoltà, tramite l’incentivo delle pratiche che anticipano il fallimento, come la ristrutturazione del debito e la vendita preventiva per le imprese vicine alla bancarotta.
Molte sfide per una maggioranza incerta
Ma non è tutto rose e fiori, l’economia spagnola ha comunque alcuni problemi strutturali non da poco. Primo tra tutti, il grande debito pubblico. Alle riforme strutturali infatti si è unito un forte intervento statale dimostrato dal deficit a doppia cifra già nel 2009. Dal 2012 ha iniziato a decrescere, ma è solo dal 2017 che si è avvicinato nuovamente ai parametri europei. Un intervento che l’Italia non ha potuto utilizzare per via del suo già alto debito pubblico. Mentre, infatti, negli anni immediatamente precedenti alla crisi il debito italiano già volava intorno al 100 per cento del Pil, quello spagnolo si fermava intorno al 35 per cento. Da allora, è aumentato di oltre sessanta punti ma la poderosa crescita economica ha contribuito a tenerlo sotto controllo dal 2014, anno in cui ha iniziato a decrescere.
Figura 3
Fonte: Eurostat
Inoltre, la Spagna si classifica sesta in Ue per disuguaglianza di reddito. Un problema di lunga data che ha raggiunto il suo picco durante la recente crisi a causa della crescita dei disoccupati.
Il partito socialista spagnolo, uscito vincitore dalle elezioni e che ora dovrà andare in cerca di una maggioranza, dovrà far fronte a tutto questo. Ma le risposte che le possibili alleanze possono fornire alle numerose sfide che attendono la Spagna sono varie e potrebbero segnare la differenza tra la continuazione di un percorso virtuoso o una netta inversione di rotta.
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