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Arriva il decreto sana-errori

Super-ammortamento, mini-Ires e modifiche ai Pir: tre articoli del “decreto crescita” in realtà servono ad aggiustare errori e manchevolezze della legge di bilancio 2019 approvata solo tre mesi fa. Gli effetti sulla crescita saranno invece limitati.

Il decreto “per la crescita” che sana gli errori del bilancio 2019

Si scrive “decreto crescita”, ma si dovrebbe leggere “decreto sana-errori”. Quali errori? Quelli che solo tre mesi fa il governo ha inserito uno dopo l’altro nella legge di bilancio 2019.

Ricapitoliamo. Per settimane i media si sono esercitati nelle congetture sulle caratteristiche di un “decreto crescita” che dovrebbe dare un impulso all’economia italiana caduta in stagnazione nel secondo semestre del 2018. L’ora dell’approvazione del decreto è finalmente arrivata con il Consiglio dei ministri del 4 aprile (“salvo intese”, a indicare come non tutte le controversie siano state risolte). Come succede, il testo vedrà la luce solo nei prossimi giorni. Per intanto, ci si deve contentare di una sua versione diffusa nei giorni precedenti e che sarà limata ancora prima di andare in Gazzetta ufficiale e nella sua successiva conversione in legge.

Già dalle anticipazioni emerge una caratteristica di fondo del provvedimento. Due dei suoi articoli più significativi hanno infatti la funzione di correggere alcune disposizioni della legge di bilancio 2019 approvata solo tre mesi fa. Nell’articolo 1 del decreto c’è il ritorno del super-ammortamento, la possibilità offerta alle aziende di portare in deduzione dal proprio imponibile Ires il 130 per cento della spesa per l’acquisto di nuovi beni strumentali (per macchinari e attrezzature, non per autoveicoli) fino a un massimo di 2,5 milioni di euro. Il costo del super ammortamento per l’erario in termini di minori entrate è di poco meno di 75 milioni di euro per il 2019 (primo anno) e per il 2025 (settimo anno) e una cifra circa doppia per i cinque anni intermedi. Si tratta della re-introduzione – richiesta prima di tutto dagli imprenditori – di una norma della finanziaria 2016 cancellata dalla legge di bilancio 2019. Il governo del cambiamento (non tecnologico) era a caccia di fondi per finanziare reddito di cittadinanza e quota 100 e così decise che si poteva fare a meno di incentivare l’investimento privato in macchinari e attrezzature, gli strumenti per il cambiamento tecnologico.

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Nel decreto c’è poi l’articolo 1-bis che abroga i relativi commi (dal 28 al 34) della finanziaria 2019 e istituisce una mini Ires di più facile applicabilità rispetto a quella predisposta in precedenza per le aziende che reinvestano gli utili non distribuiti. Il provvedimento di fine dicembre si dava tre obiettivi, tutti buoni e giusti, come accrescere la patrimonializzazione delle imprese, accelerare gli investimenti e stimolare l’occupazione. In pratica, però, il meccanismo predisposto per la determinazione della agevolazione (aliquota Ires al 15 per cento) presentava una formulazione quasi incomprensibile anche per gli esperti. La nuova norma, invece, dispone una diminuzione di aliquota Ires al 22,5 per cento nel 2019 (a scendere fino al 20 per cento nel 2022) sugli utili reinvestiti, indipendentemente dal loro specifico reimpiego in azienda, entro il limite posto dall’aumento di patrimonio netto registrato nel periodo, con la ulteriore agevolazione che gli utili reinvestiti in eccesso sull’aumento di patrimonio netto danno diritto all’agevolazione nel periodo successivo. Gli effetti stimati sulle entrate e sul bilancio dello Stato sono simili a quelli imputati nella legge di bilancio 2019 (0 nel 2019 e meno 2 miliardi nel 2020). Con una differenza: se la norma fosse rimasta quella indicata in precedenza, la riduzione effettiva di imposta sarebbe stata probabilmente molto limitata. Se la nuova norma di più facile attuazione sarà più efficace potrebbe produrre effetti di riduzione di imposta che altrimenti non si sarebbero visti. Anche in questo caso, comunque, il decreto crescita contiene una correzione di un errore più che una vera misura aggiuntiva di incentivo alla crescita.

Nel decreto si trova anche un altro articolo che interviene a modificare una disposizione legislativa contenuta nella legge di bilancio 2019. Si tratta dell’articolo 13, quello relativo ai Pir, i Piani individuali di risparmio. Il trattamento fiscalmente favorevole dei Pir (zero tassazione dei rendimenti finanziari nel caso di investimenti immobilizzati nei fondi per almeno cinque anni) era stato introdotto dalla legge di bilancio 2017 con l’obiettivo di indirizzare una parte del risparmio dei piccoli risparmiatori verso le piccole e medie imprese italiane. Poi, però, la legge di bilancio 2019 aveva modificato la normativa in senso restrittivo, ritenendo che le risorse davvero affluite dalle società di gestione del risparmio alle Pmi fossero troppo poche rispetto alla generosità dell’incentivo fiscale riconosciuto. Il più elevato limite minimo da destinare alle Pmi (il 10 per cento del totale investito) ha però, in questi primi mesi del 2019, sostanzialmente azzerato il nuovo flusso di Pir. La nuova norma contenuta nel decreto sana-errori ora tempera la restrittività della norma della finanziaria 2019. Si riduce dal 10 all’1,42 per cento la percentuale di investimenti in veicoli finanziari destinati alle Pmi e si consente una gradualità nel raggiungimento del limite del 10 per cento “negli anni a venire”. Anche in questo caso, si corregge in corso d’opera una norma approvata solo tre mesi fa.

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Poca crescita in più dal decreto crescita

Chissà però: dopo tutto, meglio tardi che mai. Almeno le misure sana-errori approvate nel decreto potrebbero tradursi in quella spinta alla crescita di cui l’economia ha bisogno. Ma qui bisogna distinguere. Le politiche di incentivazione temporanea come il super-ammortamento hanno un duplice effetto. Gli incentivi inducono ad anticipare a oggi l’acquisto di una macchina utensile per godere del beneficio fiscale, il che fa crescere di più l’economia subito. Ma poi, se l’ammontare di macchine utensili che l’impresa vuole acquistare rimane complessivamente lo stesso, la spesa di oggi andrà in sottrazione alla spesa di domani. Il boom di oggi “causa” lo sboom di domani. Invece, un trattamento fiscale di favore degli utili reinvestiti (l’articolo 1-bis) così come incoraggiare l’afflusso del risparmio verso le Pmi (articolo 13) potrebbero favorire quella maggiore capitalizzazione delle aziende la cui insufficiente entità è spesso associata al deludente andamento della produttività nell’economia italiana. Ma per ottenere questi effetti ci vorrà del tempo. Meglio quindi non fare troppo conto sul “decreto crescita” per dare un rapido impulso all’economia italiana.

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  1. Michele

    Altro che sana-errori. Questo decreto in arrivo rinnova, con incredibile coazione a ripetere, gli errori fatti dai governi precedenti in anni e anni. Non si capisce la necessità di una ennesima redistribuzione di risorse a favore delle imprese, pagata dalla generalità dei contribuenti, principalmente lavoratori dipendenti e pensionati. Una manovra alla Robin Hood al contrario. Le imprese italiane molto poco hanno investito in passato (ancora sotto del 20% rispetto al 2008) e poco investiranno in futuro. Porteranno a casa il beneficio fiscale su investimenti che avrebbero fatto comunque e neanche ringrazieranno, vista l’ostilità preconcetta della categoria a qs governo. Lo stesso vale per la c.d. Mini Ires.
    Ancora più esilarante è il tema dei PIR, che di risorse alle medie aziende ne hanno portate ben poche, ma hanno aumentato le commissioni dei gestori, illudendo i poveri risparmiatori con l’esenzione fiscale su un capital gain che in gran parte non c’è stato.

  2. Carmine Meoli

    Lubrificare misure esitenti serve unicamente ad evitare ulteriori disincentivi agli invetsimenti ,nin certa al loro rilancio. Sui consumi non va trascurato il provveidmento sulla legittima difesa . In prospettiva di una difesa
    fai da tè , l’acquisto di armi un contributo ai consumi dovrebbe darlo .

  3. toninoc

    Quindi non ci sarà crescita economica ma qualche errore è stato corretto? A che serve correggere gli errori se questo non produce i risultati declamati in campagna elettorale? La sola crescita che si vede è quella del consenso a Salvini che ad altro non pensa; ma se agli Italiani va bene così, avanti tutta verso la recessione.

  4. mauro zannarini

    Come sempre molto preciso e puntuale, da cittadino preferirei che si studiasse di più e non fare errori.
    Inoltre, se si volesse veramente spingere la crescita, non sarebbe male smetterla con piccole o grandi regalie economiche e disboscare pesantemente una burocrazia asfissiante.

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