Lavoce.info

Clausole di salvaguardia, l’eterno ritorno

Per ottenere il via libera dalla Commissione europea, il governo ha introdotto nella legge di bilancio una clausola di salvaguardia: un netto aumento dell’Iva nel 2020 e 2021. Solo una svolta nella politica economica e redistributiva può disinnescarla.

La nuova versione della legge di bilancio

Arriva poco prima di Natale il via libera dell’Unione europea sulla legge di bilancio italiana. Un via libera sofferto, a causa della lunghezza della trattativa e degli effetti che l’altalena dello spread ha avuto su conti pubblici e risparmi privati. In fin dei conti, è anche un esito che forse non stupisce. Il pericolo di una procedura per non aver ottemperato agli obiettivi sul debito sembra essere scampato. Tuttavia, la proposta di legge di bilancio deve ancora passare al vaglio del parlamento.

Al di là delle correzioni formali sui saldi e sul tasso di crescita, ciò che ha verosimilmente convinto la Commissione risiede più nella prospettiva triennale che negli interventi per il 2019. E la prospettiva, come si suol dire, non appare particolarmente rosea. Già tra qualche settimana, a inizio primavera, si dovrà parlare del Documento di economia e finanza per il 2020. Durante l’anno, la Commissione vigilerà sull’effettivo rispetto degli impegni presi per il 2019. E a settembre, con la Nota di aggiornamento al Def 2020, tutti gli eventuali nodi verranno al pettine. Sarà bene farsi trovare preparati.

Una questione di coperture

Se ci concentriamo sull’intero triennio di riferimento del bilancio pluriennale, la misura che ha contribuito di più a convincere l’Unione europea è di sicuro la riscrittura della clausola di salvaguardia sull’Iva. Dal 2020, infatti, la Commissione voleva essere rassicurata che le misure di assistenza previste dalla legge di bilancio (reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni) fossero provviste di coperture certe e regolari. Il che è ragionevole: la Commissione non può permettersi di decidere come vengono impiegate le risorse, ma deve tutelare il rispetto delle regole comunitarie chiedendo che sia limitato il ricorso al deficit. La scelta del governo, in totale continuità con il passato, è stata dunque quella di rispolverare e anzi rinforzare la clausola di salvaguardia sull’Iva (tabella 1). In sostanza, si è passati da una sterilizzazione – totale per il 2019 e parziale dal 2020 in poi – a un aumento delle entrate previste: di circa 9,4 miliardi di euro nel 2020 (aumento dell’aliquota ridotta dal 10 al 13 per cento e di quella ordinaria dal 22 al 25,2 per cento) e di 13,2 miliardi di euro nel 2021 (aumento dell’aliquota ordinaria al 26,5 per cento). Davvero paradossale che il governo (che si autodefinisce) del cambiamento utilizzi – anzi, potenzi – lo strumento della clausola sull’Iva, dopo averlo così fortemente criticato negli ultimi anni e dopo aver assicurato che avrebbe sterilizzato tutti gli aumenti previsti.

Leggi anche:  Nadef e Patto di stabilità: il diavolo è nei dettagli

Tabella 1 – L’evoluzione della clausola Iva (miliardi di euro)

Tra le altre misure, solamente simbolica appare la riduzione delle pensioni più elevate, mentre significativa, soprattutto a regime, la revisione dei criteri di indicizzazione (oltre 1,5 miliardi di risparmi nel 2021). Curiosità c’è anche su quale sarà l’effettivo gettito della web tax, stimato dal 2020 in 600 milioni di euro.

Una manovra ancora più elettorale della precedente?

Pur se con alcuni correttivi, la legge di bilancio conferma l’impostazione che premia la spesa per l’assistenza rispetto a quella per lo sviluppo. E questo appare già un primo elemento di carattere elettorale. Inoltre, l’aumento rilevante del gettito Iva dal 2020 fa nascere il sospetto che prima di quella scadenza si possano tenere elezioni politiche che, alle due anime dell’attuale maggioranza, servirebbero per ottenere un mandato elettorale pieno rispetto al proprio programma.

In fin dei conti, la scelta di aumentare le aliquote Iva non è di per sé criticabile a priori. Innanzitutto, l’incremento dell’Iva permette di scaricare sulle generazioni attuali il costo delle misure assistenziali, mentre con il finanziamento in deficit il costo si sarebbe riversato su quelle future. È poi del tutto plausibile che le aliquote vengano innalzate quando, per esempio, si vuole riequilibrare il peso relativo di imposte dirette e indirette, oppure quando si vogliono finanziare programmi di sviluppo.

In questo caso, tuttavia, l’aumento dell’Iva è dettato da mere esigenze di cassa. E l’impressione è che questa volta la clausola non sarà sterilizzata: davvero troppo elevato il gettito previsto perché ci si possa aspettare un nuovo rinvio. A meno che, naturalmente, non ci sia un’inversione di tendenza nella politica economica e redistributiva della maggioranza. O un cambio nella maggioranza stessa.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Scostamento di bilancio senza giustificazioni*

Precedente

Fattura elettronica: rivoluzione o flop annunciato?

Successivo

Il Punto

  1. serlio

    Ancora un lascito nefasto della politica scellerata di Mario Monti e del suo fiscal compact!
    Ci ha venduto all’europa anzichè tutelare i nostri interessi.

    L’iva ancora più alta avrebbe, come tutte le tasse, un effetto recessivo con minori consumi e quindi meno iva e meno incassi per lo stato e porterebbe ad un aumento della evasione fiscale per “legittima difesa” dalla estorsione di Stato. Unica soluzione sarebbe la diminuzione della spesa pubblica; troppo Stato nelle nostre tasche e poco nelle strade a difenderci dalla altra estorsione, quella della corruzione pubblica e della malavita.

    • Amegighi

      Scusi ma non capisco l’incipit, rispetto alla frase finale. Qui mi sembra si discuta su fatti (anche dissentendo) e non su slogan.
      A me sembra che Monti, semmai, abbia potuto fare poco di quello che voleva. Ad una fase iniziale di necessario riassesto dei conti che ci avevano portato nel baratro di un vicinissimo default, aeveva previsto una serie di numerose misure strutturali, regolarmente cassate. L’idea di eliminare le Province (poi rimesse di nuovo), la spending review con l’eliminazione di gran parte delle “partecipate” (serbatoio di prebende per i capetti locali dei vari partiti), l’introduzione di un criterio di competizione dei servizi pubblici (poi anacquato regolarmente), l’idea del pagamento elettronico e della riduzione del cash per affrontare l’evasione (vediamo come è andata), e altre proposte. La Fornero forse è stato un errore di valutazione (poteva farla in modo più soft) ma era necessaria. Come crede si senta uno che avrà una pensione totalmente contributiva come me, di fronte a queste discussioni tra quota 100 ed altro ? Guardi che il calcolo di quanto avrò quando andrò in pensione, rispetto all’ultimo stipendio, lo sapevo già da anni. Boeri, due o tre anni fa, quando lo disse suscitando scalpore, non faceva altro che dire cose conosciute da tempo.
      Avrà quindi pure Monti fatto i suoi errori (peculiare, a mio avviso, quello di voler scendere in politica),ma attribuirgli dei demeriti dopo averci salvato (letteralmente) dalla troika, mi sembra eccessivo.

    • GiuGioLo

      La devo correggere sulle premesse: le clausole di salvaguardia sono iniziate con la legge 138/2011, dell’ultimo governo Berlusconi. Da allora, l’hanno usate praticamente tutti, tra sterilizzazioni e rilanci.

  2. Savino

    Il consumatore finale, ancora una volta, pagherà salato per la più ingiusta delle imposte. Sull’Iva, da tempo, pendono due grossi problemi: 1) la corretta determinazione dei panieri per le varie aliquote; 2) il paradosso dell’agevolazione fiscale (possibilità di scaricare) per i passaggi intermedi dell’offerta di beni e servizi ed, al contempo, del ricarico dell’intera imposta sulla domanda e sul consumatore. Di questi tempi, possiamo parlare apertamente dell’Iva come di un’imposta regressiva e recessiva.

  3. Motta Enrico

    Nell’articolo, da “In fin dei conti, la scelta di aumentare le aliquote IVA, etc” sono esposti alcuni motivi per cui l’ aumento IVA non sarebbe un fatto del tutto negativo. Ce ne sono anche altre. E soprattutto un eventuale aumento IVA va confrontato con le conseguenze derivanti dalle manovre che fanno di tutto per evitarlo. Non vorrei che il rammendo fosse peggio del buco ( non riesco a dirlo in veneto, lingua originaria di questo modo di dire), ma c’è il rischio che combattiamo una battaglia che non ha molte ragioni di essere combattuta.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén