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Non son solo numerini

Il governo si dice disponibile a limare il deficit 2019, aspettando le elezioni Ue e senza recepire la sostanza delle obiezioni alla legge di bilancio. Intanto potremmo essere esclusi dall’accesso ai fondi del nuovo bilancio dell’Eurozona.

Il governo rinviene sull’orlo del precipizio…

Dopo aver schiacciato sul pedale dell’acceleratore per settimane a dispetto della plateale evidenza che la manovra di bilancio per il 2019 stava portando l’Italia a schiantarsi contro il muro dell’Europa e dei mercati, il governo ha cominciato a fare qualche passo indietro.

Prima è partito il ministro Paolo Savona. Dopo il suo Piano B per l’uscita dall’euro – inclusivo di dettagli relativi alla necessaria segretezza delle cose da fare nel weekend precedente all’Italexit (slide 23-26) – ora il ministro degli Affari comunitari si è accorto che gli altri 26 paesi della UE e l’Europa nel suo complesso non hanno colto l’occasione del bilancio italiano per aprire gli occhi sulle stupide e rigide regole dell’Unione ma si attrezzano invece a tirare dritto, preparando la procedura di infrazione per disavanzo eccessivo contro l’Italia. E così Savona ha discretamente espresso alcuni dubbi sulla direzione di marcia presa dall’esecutivo nel suo disegno di legge di bilancio. Meglio tardi che mai, si potrebbe dire, anche se si potrebbe aggiungere anche un: “Se vedeva”. Per capire che il bilancio proposto dal governo italiano non sta in piedi, infatti, non serviva il professor Savona né l’accumulo dei pareri negativi di tutte le istituzioni italiane ed estere chiamate a esprimersi nelle ultime settimane sulla qualità e la quantità delle misure proposte. Sarebbe bastata l’algebra, facendo le somme del costo delle misure proposte. E invece niente.

Una mezza ammissione di consapevolezza della gravità della situazione è arrivata anche dai due vicepresidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha puntualizzato “Il tema non sono i numerini ma i cittadini”. E ancora: “L’importante è che questa manovra abbia dentro gli obiettivi che ci siamo dati con il contratto di governo: quota 100 per le pensioni, il reddito di cittadinanza per formare i giovani e meno giovani e tenerli nel mondo del lavoro, le pensioni di cittadinanza per persone che hanno la pensione minima e vanno alla mensa dei poveri perché sono in difficoltà” e “il pacchetto imprese, tra cui l’Ires al 15 per cento per chi assume”. Poi, “se all’interno della contrattazione deve diminuire un po’ di deficit per noi non è importante, il tema non è lo scontro con l’UE sul 2,4 per cento, l’importante è che non si abbatta di una sola persona la platea che riceve quelle misure”. Dal suo lato, il ministro dell’Interno nonché vicepremier, Matteo Salvini, facendo sfoggio – sue parole – di “buonsenso” e “concretezza”, ha ricordato che “il governo non si attacca allo 0,2 in più o in meno per una manovra che si fonda sul diritto al lavoro, il diritto alla pensione, il diritto alla salute e la riduzione fiscale”. E ha concluso che “se a Bruxelles pensano di tenere in ostaggio il governo o sessanta milioni di italiani su uno zero virgola, siamo disponibilissimi a togliergli qualunque alibi”. E infine – l’ambito della trattativa – “se gli esperti ci dicessero che per legge Fornero e reddito di cittadinanza nel 2019 come anno di avvio potranno servire anche meno dei 16 miliardi che abbiamo stanziato, una parte di quei soldi li possiamo destinare ad altre voci”.

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…ma non vuol fare ciò che serve per evitarlo davvero

Insomma, il governo non fa passi indietro sostanziali sulla qualità della manovra. Si dice disponibile a ridurre il deficit 2019 di una manciata di decimi di punto percentuale spostando un po’ in là nell’anno (ma non oltre le elezioni europee) l’entrata in vigore delle misure qualificanti ma costose della sua legge di bilancio. Tanto sono solo numerini. Un po’ come, qualche giorno prima, gli ispettori del Fondo monetario in visita periodica a Roma erano – per Salvini – paragonabili all’ispettore Derrick e al tenente Colombo.

I mercati hanno accolto con sollievo questi segni di disponibilità, facendo scendere finalmente lo spread ben al di sotto dei 300 punti, mentre la borsa italiana – sospinta dagli acquisti dei titoli bancari – è risalita del 2,8 per cento, riducendo a “soli” 20,6 punti percentuali la perdita dai massimi dell’anno dei primi di maggio.

Al di là del consenso raggiunto in una giornata di contrattazione, tuttavia, il governo dimostra di non voler recepire la sostanza delle obiezioni manifestate nei confronti del disegno di legge di bilancio nelle ultime settimane. Il punto principale è che la manovra fa un buco di bilancio senza indurre meccanismi di crescita durevole, sottostimando l’effetto dell’aumento dei tassi internazionali e dello spread dell’Italia e non tenendo fede a impegni assunti presi in passato. Lo fa per distribuire redditi a chi non ce li ha o non li dichiara. Al riguardo, limare di un paio di decimi di punto percentuale all’ingiù l’obiettivo di deficit per il 2019 attenua il buco del prossimo anno, ma non risolve nulla per quelli a venire (2020, 2021, 2022) quando l’effetto negativo del reddito di cittadinanza e della controriforma delle pensioni sui conti pubblici si manifesterà tutto intero. Rimane anche che per ottenere un effetto durevole di crescita dal reddito di cittadinanza per chi lo riceve non basta assegnare i primi 780 euro ai “cittadini” destinatari ma bisogna anche prevedere che le regalie dello stato continuino a crescere nel tempo, se no addio crescita. E poi l’auspicata frustata alla crescita dagli investimenti pubblici è associata alla speranza di rivisitare rapidamente leggi e regole in materia di appalti che viceversa non potranno certo essere cambiate in un batter d’occhio. Senza dimenticare che la manovra, facendone le somme e le sottrazioni, prevede più tasse per miliardi – non meno tasse – per le imprese.

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L’obiettivo illusorio del governo gialloverde

In definitiva, quelli di cui si discute oggi non sono proprio numerini. L’idea di fondo dell’attuale maggioranza italiana è quella di tirare maggio senza troppi danni in attesa delle elezioni europee. Dopo le elezioni, cambierà la Commissione ma il probabile aumento di consensi per i partiti euroscettici sarà probabilmente insufficiente a cambiare musica in Europa dove a menare le danze sarà sempre il consiglio degli stati. Mentre la speranza di usare il consenso popolare per imporre la versione integrale delle politiche disegnate nel contratto di governo agli italiani e al resto dell’area euro potrebbe scontrarsi contro qualcosa di più solido: il progetto franco-tedesco di predisporre un bilancio dell’eurozona, ma solo per i paesi in linea con le regole europee. Quelle regole che l’Italia del cambiamento – da sola – sta scegliendo di non rispettare.

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20 commenti

  1. Savino

    Non solo Di Maio e Salvini continuano a non fare il passo ulteriore, cioè affermare che la campagna elettorale per il 4 marzo scorso era costellata di promesse irrealizzabili e omissioni sui conti pubblici, ma pensano persino di farci un’altra campagna elettorale sopra, illudendosi che, dalla loro posizione, chiaramente isolata e defilata, possano modificare il leitmotif delle regole comunitarie.

  2. Henri Schmit

    Ineccepibile. Il problema sostanziale non è la % del deficit programmato, comunque preoccupante, ma 1. l’inconsistenza delle previsioni contestate da tutte le autorità immaginabili, fra cui l’upB inventata proprio per evitare acrobazie non credibili come questa, e 2. il contenuto delle misure indirizzate troppo al consumo (pensioni, reddito sociale) e non abbastanza alla produzione (aziende, investimenti, infrastrutture). Un problema più procedurale è che Commissione e Consiglio ufficialmente parlano solo di numeri, tutt’al più insistendo sul debito previsionale invece di stigmatizzare inutilmente il deficit, ma non si occupano – probabilmente per finto rispetto delle sovranità nazionali, per ipocrisia o per debolezza – del merito delle misure fiscali. La Commissione dovrebbe invece farlo, a titolo di parere non vincolante. Non si tratterebbe di limitare la sovranità, ma di rinforzarla. Prima o poi gli elettori capiranno che le politiche nel loro interesse sono quelle che rispettano i paletti europei, quelle in sintonia con gli altri paesi dell’eurozona, quelle convergenti e competitive. Questo approccio permetterebbe pure di lottare contro misure di concorrenza fiscale sleale fra paesi membri.

    • Lorenzo

      Certo se la stragrande maggior parte dell’elettorato conviene che il duo Salvini-Di Maio lavori per il suo bene e con la finta opposizione e finto europeismo (Berlusconi) che assestò una spallata memorabile, nei primi anni di questo secolo, all’economia nazionale, chi rimane che deve tirare la carretta a conto terzi?

  3. toninoc

    Non si comprende come mai i vari Giorgetti, Tria, e Savona si facciano SILENZIARE , (zittire sarebbe più adeguato) dai due vicerè al governo. Perché non vanno in tv davanti a tutti gli italiani con un contraddittorio a spiegare nei dettagli la bontà della loro manovra? Se il provvedimento apporta tutti i benefici decantati da Salvini e Di Maio perché non sono sostenuti pubblicamente dai loro Ministri nei Telegiornali nazionali in modo comprensibile al grande pubblico ed in contraddittorio con esperti a loro contrari? Credo che la risposta sia una sola: Nessun economista serio si vuole squalificare sostenendo una manovra che anche agli occhi di persone semplici è con grande evidenza una roulette russa giocata sulla tempia dell’Italia. Sento in questi minuti che qualche zero-virgola si può anche cambiare ma la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza non si tocca, la flat tax è sparita dall’agenda e quota 100 potrà partire in tempi non specificati. Siamo alle barzellette ma c’è da piangere.

    • Henri Schmit

      Tria, Giorgetti, Moavero, non vogliono perdere la poltrona nel consiglio di amministrazione, i loro azionisti sono i due vice, di cui uno forte perché parla per se stesso, l’altro debole perché deve rendere conto a un grande fondo che non controlla e che lo può richiamare ad ogni istante. Il premier è la segretaria di una volta; di solito non importa come si chiama. Domanda: ma Padoan (il consigliere) ha saputo resistere alle forzature demagogiche del suo principale (l’azionista)? Appunto. Per questo ora non ha alternativa, avendo sprecato la propria credibilità, deve continuare a servire lo stesso padrone, nel bene e nel male.

  4. davide445

    La cosa più preoccupante a mio parere non sono le prevedibili proposte farlocche di ministri impreparati e politici populisti, ma il fatto che una consistente fetta del paese li ha messi nella posizione che occupano.
    Siamo un paese che ritiene di potere ottenere tutto senza sacrificare nulla, dove la mancanza di competenza è premiata dal numero sempre maggiore di cittadini orgogliosamente non competenti che rifiutano di avere un minimo di cultura finanziaria, linguistica, tecnologica.
    L’ignoranza viene coltivata consapevolmente dai governi che non hanno interesse ad avere cittadini critici, e accettata a braccia aperte dagli stessi che ritengono inutile una formazione superiore su temi importanti ma complessi, dato che in effetti non ha quasi effetti – solo in Italia – sull’unica cosa che conta ossia il proprio reddito.
    E’ una infinita tristezza vedere il proprio paese cadere nel ridicolo.
    Se avessero proposto una manovra simile per riformare la normativa sul lavoro oppure i processi della giustizia civile, oppure per investire in infrastrutture sul lungo periodo forse per la prima volta avrei alzato la voce per sostenerla.
    Così confermo solo il mio settimo anno senza andare a votare, dato non sento alcuna rappresentanza per chi vuole decisioni razionali.

    • toninoc

      @Davide445. La Sua astensione dal voto è purtroppo condivisa da troppi Cittadini e questo, per quanto sia del tutto legittimo, non è un bene per la nostra democrazia. Trovo strano che in un panorama politico variegato come quello Italiano non si trovi qualcosa di buono o almeno di “meno peggio.” Lei rimprovera ad un “numero sempre maggiore di cittadini orgogliosamente non competenti che rifiutano di avere un minimo di cultura finanziaria”, ma non andando a votare dà maggior valore al loro voto.

  5. Giacomo Cambiaso

    Un professore che lavora per la commissione europea e scrive sul Corriere della Sera cos’altro ci potremmo aspettare di leggere? La manovra fa schifo, ma i numeri sono in linea con quelli dei governi precedenti, senza contare l’eredita’ lasciata al paese come l’aumento IVA da scongiurare o il fiscal compact. Facciamo una tragedia greca per qualche migliardo di pensioni e reddito di cittadinanza, per quanto non si possano descrivere come colpi di genio dell’esecutivo, ma la bocciatura e conseguente multa che rischiamo si fonda sul debito. I precedenti governi hanno portato recessione ed il debito e’ sempre e solo salito, nonostante il QE della BCE, ma i processi li facciamo alle intentenzioni di un esecutivo che non ha manco 6 mesi. La narrativa europea si attacca al debito eccessivo, eredita’ dei precedenti esecutivi, quella nostrana ai contenuti, ma la realta’ e’ che di crescita e diminuzione del debito, in precedenti contesti piu’ favorevoli di quelli attuali, operati dagli esecutivi promossi dall’europa e coccolati dal mainstream non ce n’e’ traccia, basta informarsi per chi lo mette in dubbio. Eh si perche’ su questi possiamo guardare i dati effettivi, non solo previsioni come per la manovra di oggi. Idem per i contenuti, non sono ancora chiare le applicazioni, si parla solo di numeri, ecco quindi che si per ora sono solo numerini, ma sopratutto l’economia non centra, e’ tutta sola politica caro professore, per quanto lei argomenti tutto in modo convincente

    • Virginio Zaffaroni

      Puro stile idelogico grillesco. Non conta cosa scrivi, conta se hai lavorato per la Commissione. Perché se hai lavorato per la Commissione, nota associazione di persecutori dei probi italiani, allora ipso facto quello che scrivi è falso. Me lo lasci dire, vi cullate di sogni, di negazione della storia (la recessione è del 2008-2009 ce l’hanno portata gli americani, non Bruxelles!) o di una sua reinterpretazione ex-post (nel 2011 l’esigenza drammatica era salvare immediatamente i conti pubblici e, assieme, stipendi pubblici e pensioni, questa, nel breve termine era la mission del governo Monti, non la “crescita”). I suoi “miliardi di pensioni e reddito di cittadinanza”, assieme alle parole al vento, hanno raddoppiato i tassi dei titoli di stato, tarpato gli animal spirits imprenditoriali. Su una cosa lei ha forse ragione, l’economia non centra, centra l’avventurismo e l’irresponsabilità. Il prof. Perotti, a proposito della politica economica del governo, ha ipotizzato il falso in bilancio e la pubblicità ingannevole; aggiungerei, alla luce del suo commento, l’abuso della credulità popolare.

    • Savino

      Non pensi che la prossima Commissione UE sia benevola nei nostri confronti. I prossimi Commissari non saranno nè della lega, nè dei 5 stelle, nè per Orban, nè per la Le Pen.
      Fossi in lei mi preoccuperei anche del dopo Draghi. Non pensi che il prossimo capo della BCE sia benevolo, anzi, forse la Germania e la Grecia ce le farà vedere molto più da vicino di oggi.

    • toninoc

      Il problema è proprio quello che Lei sottolinea alla fine del suo post. Per ora ci hanno raccontato solo dei numerini; che tradotti però in cifre diventano miliardi che a loro volta possono diventare regalie elettorali od investimenti produttivi od altro non dichiarato. La differenza fra le varie opzioni non è da poco e finché le intenzioni sono nascoste è doveroso essere diffidenti. Finire come la Grecia non è una bella prospettiva ma giocando alla roulette russa può anche succedere.

    • Henri Schmit

      Chi insulta non ha argomenti (o li nasconde molto bene).

  6. Virginio Zaffaroni

    Le scelte di Di Maio e Salvini sono terrificanti ma non sono anomale. La vera anomalia è che colui che è stato designato per ricondurre le scelte al contesto europeo e alla saggezza economica non sta facendo il suo mestiere, anzi. Parlo del Ministro del Tesoro, un caso senza precedenti di cedimento culturale e di pavidità politica di fronte alle illusione e alla demagogia; un esempio incredibile di contraddizione con se stesso. Mi chiedo cosa stia spingendo il ministro tria a mandare al macero una lunga carriera di economisrta serio. paradossalmente dobbiamo sperare …in Savona.

  7. angelo rota

    purtroppo finche avremo politici che pensano ai sondaggi e alle prossime elezioni non andremo da nessuna parte anche se i propositi sono rispettabili.”Quota cento2 potebbe anche essere accettabile, perche non abolire anche la legge che permette il culmolo,pensione e lavoro? (visto che le intenzioni per la modifica alla legge Fornero vogliono aiutare i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro) .Invece di persistere sul reddito di cittadinanza costruito sul debito perche non si prova a finanziarlo ridistribuendo la ricchezza? oppure ampliando il reddito di inclusione?
    e magari rivedendo le ottanta euro(pure loro al sapore elettorale)

  8. Asterix

    Caro Daveri, il progetto franco tedesco, vede la Germania come monarca, la Francia come primo vassallo, e tutti gli altri, compresa l’italia, come sudditi. Qualsiasi Italiano che abbia a cuore il proprio Paese è contro il piano franco-tedesco. Peraltro in questi due Paesi stanno crescendo forze politiche (verdi, afd, sinistra francese..) che si oppongono a questo progetto di concentrazione della ricchezza in Europa in pochi Stati e, all’interno di questi due stati, in pochi soggetti rispetto alla totalità della popolazione. Il populismo non è altro che la reazione “democratica” ad un progetto di “ancien regime” da primi del novecento. Tornando ai numerini, come ha evidenziato il sole 24 ore giorni fa il nostro Paese, a differenza della Francia, in questi anni ha rispettato tutti i parametri di Maastricht (con avanzi primari e commerciali costanti), tranne quello del debito pubblico su cui eravamo già fuori al momento dell’ingresso nell’euro. Peraltro, anche rispetto a tale ultimo parametro prima del 2008 avevamo intrapreso in un percorso di discesa del rapporto debito/PIL interrotto a causa della crisi del 2008, con la necessità di coprire con soldi pubblici i debiti privati delle banche dello sgonfiamento della bolla immobiliare. Questo Governo ha semplicemente affrontato il problema del mancata ripresa del PIL nel nostro Paese che i passati governi hanno rinviato al futuro. Senza una crescita del Pil almeno del 2% non si può ridurre la disoccupazione, né il rapporto Deb/PIL

    • toninoc

      A ridaje col complotto Franco-Tedesco. Non sono un economista, ma non è necessario esserlo per poter affermare che 1° i debiti si pagano altrimenti i creditori non ci prestano più un euro e ci costringono a vendere i gioielli di famiglia, 2° le regole sottoscritte dagli stati membri dell’UE si devono rispettare e se si ritengono sbagliate bisogna, tutti insieme,sedersi e riscriverle ed usare la diplomazia, non il “me ne frego” o il “tiriamo dritto”. Facciamo parte di un condominio e non possiamo permetterci di minare il palazzo. I nostri coinquilini non ce lo permetteranno .

      • Asterix

        La parola complotto evoca incontri segreti o carbonari, mentre nel caso di Francia e Germania è un accordo politico alla luce del sole per governare sull’Europa. in risposta alle sue osservazioni La informo che iIl nostro debito pubblico è prevalentemente detenuto da italiani (16% da Banca d’Italia, dal 27% da banche, 19% da assicurazioni, 6% da investitori italiani) e solo dal 32% da soggetti esteri (a differenza della Francia dove la maggior parte del debito pubblico è detenuto all’estero). Quindi l’affermazione che siamo indebitati con l’estero è solo parzialmente vera e peraltro non avendo chiesto un prestito finanziario della UE, a differenza della Grecia, non sono loro i nostri creditori.. Il “tiriamo dritto” è stato il leitmotiv dei precedenti governi che a parole si sono impegnati con l’Europa, rinviando i fatti al futuro senza dire chiaramente che quando sei in recessione non puoi aumentare le imposte o tagliare gli investimenti pubblici perché è contro le regole dell’economia che insegnano al I anno in tutte le Università del mondo. Il tema è che non esiste un Condominio Europa ma singoli stati in lotta per prevalere economicamente l’uno sull’altro e per ottener il controllo dell’acqua o dell’elettricità e quando uno è in difficoltà cercano di entrarti dentro casa per arraffare quello che c’é.
        Il tema è che ci sono italiani che sono disposti pure ad aprirgli la porta in cambio di un lavoro come commissario liquidatore…

        • toninoc

          @Asterx. Così come Lega e 5stelle hanno firmato un contratto di governo e ripetono fino alla nausea che lo vogliono rispettare, altrettanto bisogna fare col contratto fatto con l’Unione Europea. Se si vuole uscire dall’Euro bisogna dirlo con chiarezza e se si vogliono cambiare le regole del contratto non si possono cambiare in modo unilaterale. Il fatto che il debito pubblico sia prevalentemente in mano agli Italiani non cambia assolutamente nulla . E’ debito da restituire comunque, a meno che Il governo non lo congeli o lo requisisca. Se Salvini e Di Maio la smettessero di alzare i toni con gli interlocutori di Bruxelles e fossero un tantino diplomatici , forse, dico forse, farebbero meglio gli interessi degli Italiani. Ci spero ma non ci credo.

    • Henri Schmit

      Non sono d’accordo. La CEE è stata fondata intorno all’asse F-D, senza il quale non poteva nascere, né potrà durare il progetto. La partecipazione dell’Italia, unico altro grande paese (per dimensione) sul continente, ha dato maggiore respiro all’intesa renana, ma non l’ha mai positivamente condizionato, nemmeno il sogno di Spinelli, molto diverso dal realismo di Schuman e di Monet. Anzi, per varie ragioni (allargamento troppo rapido e divergenza di alcune economie) l’idea federalista di Spinelli è oggi più distante che mai dal 1954/7. 60 anni di intesa F-D, due economie sempre più integrate, due sistemi sempre più convergenti, con numerosi satelliti che considerano che il loro interesse coincida al 99% con quello dei due. La fiducia reciproca fra quei governi contrasta con l’irrazionalità che domina al sud delle Alpi. Nella seconda metà degli anni 90, con la spinta ricevuta dall’euro (deciso prima della conversione), sembrava che l’Italia potesse confermare il suo ruolo protagonista. Errore clamoroso! Politiche erratiche e spesso incosistenti l’hanno fatta scivolare dietro numerosi nuovi arrivati più capaci di convergere, di essere competitivi nel grande mercato. Prima se si nascondeva dietro l’ideologia fasulla del super-stato (che garantisce i debiti di tutti), ora è il sovranismo irresponsabile (incapace di pagare i propri debiti) e la colpa dei mercati (che non regalano il credito). Consiglio di seguire politica e media degli altri, vi soffia un vento diverso, più sano.

      • Asterix

        La CEE è nata con l’obiettivo dichiarato di evitare che scoppiassero ulteriore guerre in Europa tra Francia e Germania, e come obiettivo segreto, di introdurre nei Paesi dell’Europa occidentale dove vi era una forte presenza dei partiti di sinistra (Francia e Italia) politiche economiche liberiste affini all’economia americana. Il mantra ce lo chiede l’Europa è stato lo strumento che ci ha fatto superare il fascismo ed il comunismo per giungere all’economia di mercato. Nessuno ha mai seriamente voluto l’unificazione politica degli stati europei, ma al massimo delle regole di mercato comune. Il tema vero è con la caduta del muro di Berlino e del comunismo il giocattolo non serviva più ed allora si è pensato di utilizzarlo per realizzare un colossale spostamento di ricchezza dal basso alle classi più elevati. Prima, l’allargamento ad est ha permesso di ridurre i salari in Europa occidentale, poi la liberalizzazione dei capitali, l’obbligo per i singoli stati di ricorrere al mercato per finanziare le politiche in favore dei cittadini e da ultimo, l’euro, che eliminando le banche nazionali, ha eliminato qualsiasi difesa di fronte alle oscillazioni dei tassi (oltre che favorire ulteriori svalutazioni competitive dei salari). Però, come osservato da De Grauwe, il pendolo che oscilla tra intervento dello Stato in economia e libero mercato, ha raggiunto per quest’ultimo il livello più alto e, come mostrano i risultati elettorali in Ita, USA, UK, sta tornando indietro…

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