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Se col Servizio sanitario la politica tira solo a campare

Ancora una volta, la legge di bilancio non fa una scelta chiara sul futuro del servizio sanitario nazionale. A parole lo si sostiene, ma le risorse aggiuntive sono poche. Eppure, finora ha permesso di controllare la spesa pur garantendo servizi di qualità.

La politica del miliardo all’anno

È un quarantesimo amaro per il servizio sanitario nazionale, un fiore all’occhiello della pubblica amministrazione in Italia. Non ci sono grandi novità infatti per la sanità nell’ultima bozza del disegno di legge di bilancio, né sul fronte dei quattrini né su quello delle regole di governo del settore. Il segnale che arriva dal governo è quello di un ulteriore rinvio per la soluzione di due questioni chiave per il futuro del Ssn.

Partiamo dai soldi: il fabbisogno è confermato a 114,435 miliardi di euro per il 2019, uno in più rispetto al fabbisogno 2018. Non ci sono risorse in più rispetto a quelle già stanziate dal governo precedente. Certo, si prevedono 2 miliardi aggiuntivi per il 2020 e altri 1,5 per il 2021. Ma il 2020 e il 2021 sono lontani e già sappiamo come è andata a finire negli anni passati con le cifre fissate nei patti per la salute. I governi precedenti sono stati ampiamente criticati per la politica del miliardo in più all’anno, non perché l’ammontare sia davvero compatibile con i livelli essenziali di assistenza – perché è ormai ovvio che quello lo si dice solo per rispetto formale della Costituzione – ma per la filosofia di fondo. Implicita c’è l’assenza di una presa di posizione sul futuro del servizio pubblico universale: non si può sostenere a parole che lo si vuole mantenere in vita e nei fatti non rispondere alle pressioni al rialzo della spesa dal punto di vista del finanziamento se non con i piccoli passi ai quali assistiamo da anni.

La scelta da fare

I quarant’anni del Ssn avrebbero meritato una risposta più chiara, a costo di andare a reperire qualche risorsa rimuovendo alcune delle incongruenze che oggi caratterizzano l’intero pacchetto di interventi che riguardano la sanità nel suo complesso; per esempio, l’eliminazione dei vantaggi fiscali alle polizze sanitarie o alla spesa privata. Si tratta di fare una scelta politica chiara: o si sceglie di continuare con il Ssn – e allora bisogna pensare di metterci davvero un po’ più soldi (anche al netto di una doverosa e continua spending review) – oppure si decide di sviluppare anche per la sanità un secondo pilastro. Avendo in mente che se si va in questa seconda direzione, va chiarito il perimetro di azione del secondo pilastro. Non come oggi quando invece di essere complementari al pubblico, le poche esperienze lo sostituiscono. Andranno cioè definiti i servizi che ricadono nell’ambito del Ssn e quelli che invece devono essere finanziati con il privato; andrà chiarito se le assicurazioni sono obbligatorie; andrà chiarito come risolvere i problemi di accesso al mercato che inevitabilmente si porranno; andrà chiarito cosa succederà in caso di crisi finanziaria dei fondi (per evitare futuri bail out). Personalmente, avrei qualche timore ad abbandonare il Ssn, che finora si è dimostrato un formidabile strumento per controllare la crescita della spesa garantendo comunque servizi di qualità ai cittadini (come dimostrano le classifiche internazionali, ultima quella di Bloomberg). Certo esistono disparità regionali; ma non sono endemiche al Ssn e riguardano più o meno tutti i comparti della pubblica amministrazione.

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La questione della governance regionale è l’altro punto sul quale occorre una risposta chiara. Il disegno di legge di bilancio condiziona l’accesso al miliardo in più alla stipula di un patto per la salute 2019-2021 entro il 31 gennaio 2019. Il patto dovrebbe definire le misure per rivedere il sistema dei ticket (di cui si parla da anni, ma poi non se ne fa nulla perché bisogna tirar fuori i soldi davvero), la valutazione dei fabbisogni del personale, l’interconnessione dei sistemi informativi regionali, la promozione della ricerca, l’efficientamento della spesa, la valutazione dei fabbisogni infrastrutturali e tecnologici. Ma ricorrere a un nuovo patto vuol dire procrastinare la scelta politica sugli spazi reali di autonomia regionale. La stagione pattizia ebbe inizio con quello 2002-2004, quando fu chiaro che il sistema disegnato dal decreto legislativo 56/2000 non avrebbe mai visto la luce. Il patto è un contratto tra stato e sistema delle regioni per risolvere un problema (come si finanziano e quali sono i loro reali spazi di autonomia) che la politica non è in grado di risolvere. Da anni, si fa finta che la questione sia stata risolta con i fabbisogni standard del Dlgs 68/2011: ma è una foglia di fico. E l’intero sistema sta per essere messo a dura prova dalle risposte che dovranno essere date alle richieste di autonomia aggiuntiva avanzate da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Costruire un regionalismo differenziato senza prima essere seriamente riusciti a costruire il regionalismo della riforma costituzionale del 2001 sembra impresa ardua e, per certi versi, pericolosa.

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  1. Savino

    Sul regionalismo iniquo e dispendioso gli italiani lamentosi potevano intervenire col referendum costituzionale del dicembre 2016 e non lo hanno fatto perchè hanno preferito fare delle scelte politiche piuttosto che entrare nel merito. Tutto legittimo, purchè non ci si continui a lamentare del regionalismo iniquo e dispendioso. Per il resto, il ssn dovrebbe essere inteso come parte integrante del welfare, quindi piuttosto che dare il reddito di cittadinanza a pioggia sarebbe meglio offrire prestazioni sanitarie pubbliche in più campi ai meno abbienti, ampliando la platea della prevenzione (vista la composizione demografica della popolazione) e della cura.

  2. Riccardo

    Non vedo perchè il regionalismo differenziato nelle regioni efficienti venga definito dall’autore “pericoloso”.

    Non lo è di sicuro in ambito sanitario, dove Veneto, ER, Lombardia hanno abbondantemente dato prova di saper gestire bene l’SSN, tra l’altro (cosa molto interessante) usando approcci molto diversi tra loro ma arrivando allo stesso risultato.
    Qual’è l’alternativa? Ritornare alla direct rule da Roma? Davvero l’autore è convinto che Roma possa gestire in modo più efficiente la sanità rispetto a quanto fanno Veneto, Lombardia ed ER?

    E se Veneto, Lombardia ed ER sono più efficienti di Roma per l’SSN, non vedo il perchè non possano esserlo anche per altre attività (istruzioni, governo del territorio ecc..). Il tutto, sia chiaro, a parità di risorse. Quindi, di nuovo, perchè è pericolosa l’autonomia regionale?

    L’inefficienza di Sicilia, Lazio, Campania ecc.. non lo si risolve accentrando a Roma la gestione dell’intera Italia ma diminuendo l’autonomia delle regioni non capaci di gestire soldi pubblici.

    • Gilberto Turati

      Non ho scritto che è pericolosa l’autonomia regionale; ho scritto invece più volte che l’accentramento della tutela della salute non risolverà affatto il problema delle diseguaglianze tra regioni nei servizi. Quello che vedo come pericoloso è andare avanti sulla strada di un federalismo differenziato su base regionale che ci porterà a ventuno Autonomie speciali con ventuno contratti diversi. Una situazione che rischia di diventare rapidamente caotica. Peraltro sono convinto che le richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna non sarebbero mai arrivate di fronte a risposte normative chiare basate su quello che già la Costituzione prevede. Nessuno si chiede ad esempio perché le tre regioni vogliano avere maggiore autonomia nella gestione del personale, che – come è scritto chiaramente negli accordi preliminari – nei fatti vuol dire rimuovere i vincoli di spesa oggi in vigore? Non sono un giurista ma mi pare basti un articolo nella legge di bilancio per rendere superflua la richiesta.

      • bob

        Autonomia= becera burocrazia. La storia non insegna nulla? L’ efficenza della Lombardia quale è quella delle anche o delle trachee sostituite anche se non necessario? Oppure la vergogna del Pfas che ha inquinato tutto il Veneto? Le Regioni vanno ridimensionate e tolto potere al politico locale l’ autonomia nella gestione del personale è preparare la cassaforte di voti per le prossime elezioni. Il Paese deve vedere all’ Europa e al mondo è può farlo solo con una autorità nazionale e non con 4 frequentatori di bar

        • Savino

          Ma lei dov’era il 4 dicembre 2016? A star dietro alle regolette del meet up da prima repubblica? O forse sono meglio per il “popolo” i compromessi al ribasso gialloverdi?

          • bob

            i compromessi si fanno in due. L’ Italia non il 4 dicembre ma alle ultime elezioni se era un Paese civile avrebbe dovuto astenersi in massa. Il Re doveva restare nudo in piazza! Ma essendo questo Paese tragicamente diviso in almeno 7-8 livelli di potere la complicità è diffusa. D’altronde lo scopo della politica regionale – localistica oltre che promuovere mediocri personaggi e creare quanta più complicità possibile. Una presidenza in circoscrizione non si nega a nessuno

  3. ettore falconieri

    D’accordo col professore, ma un argomento che non viene mai sollevato è che il sistema ospedaliero ha bisogno, oltre che, del personale medico, di manager perchè le varie entità mediche, gli ospeali, etc sono strutture complesse quasi come aziende. I troppi tempi di attesa, le disfunzioni organizzative di ospedali, i malati nei corridoi, la scarsa igiene e pulizia, gli impianti acquistati e mai utilizzati o carenti di manutenzione e altre brutte cose non ci sarebbero con imanager competenti affiancati alla dirigenza medica. E, per esempio, se per carenza di fondi mancano seggiole, barelle o altro un manager avrebbe la libertà di rivolgersi ai cittadini chiedendo un contributo spontaneo nell’interesse dei loro malati

  4. Alessio

    Buona sera, mi domando perché i media, quando parlano di sanità, SSN e realtà collegate non citino mai le MUTUE, è per ignoranza o per semplice sottovalutazione del importante ruolo sociale e di sostegno che offrono al SSN.
    Perché non fate un bel articolo su chi sono e cosa fanno le Società di Mutuo Soccorso, sia per il socio, per il non socio e anche per SSN?

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