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Come costruire una flat tax che riduce la povertà

Così come formulate dal governo, flat tax e reddito di cittadinanza rischiano di non essere efficaci. Ma si può progettare una misura alternativa, che rispetti i vincoli di bilancio, non penalizzi gli incentivi al lavoro e riduca la povertà.

Il reddito di cittadinanza

Sono due le misure simbolo del governo Movimento 5 stelle e Lega: il reddito di cittadinanza e la flat tax.

Il reddito di cittadinanza proposto dal governo è un reddito minimo garantito (figura 1). Se il mio reddito mensile è inferiore a 780, ricevo un sussidio pari alla differenza, cosicché il mio reddito disponibile diventa 780. Se invece il mio reddito è superiore a quella cifra, pago una tassa sulla differenza tra il reddito e 780.

Figura 1. Reddito minimo garantito

 

La proposta ha due problemi e una conseguenza: 780 è una somma troppo elevata, se confrontata ad esempio a politiche analoghe in atto in altri paesi europei. Al reddito tra 0 e 780 (il cosiddetto reddito esente) viene implicitamente applicata una tassa del 100 per cento. Detto in altro modo, il sussidio che ricevo viene ridotto di 1 euro per ogni euro di reddito. È probabile che il meccanismo generi un forte disincentivo al lavoro e quindi anche un aumento del costo previsto.

Esistono meccanismi migliori. Un esempio è l’imposta negativa (figura 2). In questo caso la tassa implicita sul reddito esente è minore del 100 per cento. Il livello di reddito garantito cresce al crescere del mio reddito: questo mi incentiva a lavorare (e guadagnare) di più e a regolarizzare l’eventuale lavoro pagato in nero. In diversi paesi europei e pure nel reddito di inclusione (Rei) è presente un meccanismo di questo tipo.

Figura 2. Imposta negativa

La flat tax

Per quanto riguarda la flat tax, da una parte si è sbandierata la possibilità di grandi incentivi al lavoro, dall’altra si sono levati allarmi per i suoi possibili effetti iniqui.

Nella proposta del governo, gli incentivi al lavoro ci sono, ma non sono sufficienti a far sì che la flat tax sia autofinanziata. L’opinione prevalente tra i critici della riforma è che penalizza i poveri e premia i ricchi perché non è progressiva. D’altra parte, una tassazione meno progressiva può costituire un incentivo a uscire dalla povertà. Se poi la flat tax è associata a una soglia di esenzione o a qualche forma di sussidio di base si ottiene un sistema progressivo. Molto dipende dal suo valore: quello proposto dal governo (15 – 20 per cento), tanto più se associato al reddito di cittadinanza di 780 euro, è troppo basso.

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Peraltro, le aliquote Irpef si applicano solo a una parte dei redditi personali. Se guardiamo al sistema fiscale nel suo complesso e consideriamo il modo in cui viene trattato il reddito delle famiglie, vediamo che il sistema attuale è molto più “piatto” di quanto di solito si creda. Il punto è che il risultato si raggiunge attraverso meccanismi opachi, favoritismi, distorsioni e altro ancora (come deduzioni, tassazione separata o comportamenti strategici dei diversi membri della famiglia). In questa prospettiva, una flat tax progettata in modo esplicito potrebbe rappresentare una razionalizzazione: potrebbe infatti portare maggiore trasparenza, equità orizzontale, minori costi amministrativi e minori incentivi all’evasione.

Una proposta alternativa

Utilizzando un metodo di simulazione sviluppato in una precedente ricerca e tenendo conto di incentivi o disincentivi al lavoro indotti dai sistemi fiscali, abbiamo individuato quelli che rispettano il vincolo di bilancio pubblico, aumentano o non riducono significativamente l’efficienza dell’economia (per esempio, il reddito lordo prodotto) e migliorano la situazione dei meno abbienti (riducono la povertà).

Un esempio (che chiameremo Rei esteso) è illustrato dalla figura 3 e dalla tabella 1. Il minimo garantito (190 euro mensili) è simile a quello del reddito di inclusione, ma è universale e incondizionato. La soglia di esenzione è molto più alta (circa 700 euro mensili).

Inoltre, il sistema si applica al totale dei redditi personali di tutta la popolazione. Lo si può interpretare sia come un caso speciale di imposta negativa (figura 2) sia come un esempio di Ubi (Unconditional Basic Income).

Il Rei esteso ha quattro proprietà interessanti. Primo, rispetta il vincolo di bilancio pubblico, cioè genera lo stesso gettito fiscale (al netto dei sussidi) del sistema attuale. Secondo, non penalizza gli incentivi al lavoro: il reddito lordo rimane uguale a quello corrente. Terzo, riduce la povertà: il poverty gap index diminuisce dell’8 per cento. Quarto, offre un sostegno ai redditi molto bassi.

Si possono ovviamente immaginare sistemi più generosi, ma c’è un prezzo da pagare. Ad esempio, adottando lo stesso schema base del Rei esteso, ma con parametri più generosi, abbiamo un sussidio base di 300 euro mensili, una flat tax del 35 per cento e una soglia di esenzione di poco meno di 850 euro mensili (tabella 1). Il sistema rispetta il vincolo di bilancio pubblico e riduce il poverty gap index del 26 per cento. Tuttavia, induce una diminuzione del reddito lordo dell’1,7 per cento.

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Tabella 1 – Rei esteso

Il poverty gap index è la distanza media dei redditi dei poveri dalla soglia di povertà relativa, in proporzione sulla soglia stessa.

Figura 3. Reddito esteso: un Rei con flat tax e reddito esente più ampio

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  1. Davide Panichella

    Salve. Ho trovato delle inesattezze:
    1) “L’opinione prevalente tra i critici della riforma è che penalizza i poveri e premia i ricchi perché non è progressiva.” Come saprete, nella manovra c’è la flat tax solo per i redditi sotto i 100.000 euro, e rimane la progressività (15% per i redditi fino a 65.000 euro, 20% per i redditi fino a 100.000 euro, rimangono gli attuali scaglioni più alti per i redditi sopra i 100.000).
    2) “780 è una somma troppo elevata”. Se fossero davvero 780 euro, avreste ragione. Ma invece sono molto meno a causa dell’affitto imputato (chi ha casa di proprietà si vedrà circa dimezzato il reddito) ed a causa dell’ISEE (che non comprende solo il reddito). Infatti dividendo i 12 miliardi (9 stanziati nel DEF + 3 del REI) destinati al reddito “di cittadinanza” (che in realtà è di inclusione) per 5 milioni di poveri, la media non fa certo 780 euro.

  2. Ugo Colombino

    Davine Panichella, grazie per il commento.
    1) L’articolo si riferisce alla proposta FT nel contratto di Governo. In ogni caso il limite di 100000 euro cambia poco.
    2) La soglia garantita è comunque 780. L’affitto imputato fa diminuire il sussidio, non la soglia garantita.

  3. bob

    permettete ad un artigiano, ad un macellaio a una piccola impresa edile di assumere pagando contributi e non follie e vedrete che con una spesa minima, non solo si riduce la povertà, si seleziona la società, si ha un introito per lo Stato

  4. Riccardo

    Si potrebbe pensare di integrare i 190€ (ottenibili con un semplice 730 per esempio) con un sussidio per l’affitto su modello francese (da domandare invece presentando ISEE ecc…).

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