Le classifiche degli istituti scolastici stanno acquisendo sempre maggiore risonanza e visibilità. In teoria dovrebbero aiutare le famiglie a orientarsi ma rischiano di far aumentare i divari tra le scuole.
Una misura per la qualità delle scuole?
A poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico, un articolo di Daniela Vuri apparso su lavoce.info ha rimesso al centro dell’attenzione Eduscopio, uno strumento ideato dalla Fondazione Giovanni Agnelli con l’obiettivo di aiutare le famiglie nella scelta della scuola superiore. Eduscopio è una piattaforma online liberamente consultabile che assegna punteggi a ciascuna scuola superiore italiana sulla base di alcuni indicatori, e ne stila una classifica di “qualità dell’offerta formativa”.
A nostro avviso, la Fondazione Agnelli svolge un ruolo importante nell’aggregare e rendere disponibili dati altrimenti frammentari e difficilmente reperibili. Tuttavia, classificare gli istituti scolastici sulla base di un “indice di qualità” è un’operazione controversa, che parte da assunti impliciti sul funzionamento del sistema scolastico che sono da valutare con attenzione.
La misurazione della qualità delle scuole proposta dalla Fondazione Agnelli solleva di per sé problemi metodologici (affrontati ad esempio qui). La critica più comunemente mossa a Eduscopio è che confonde la “qualità dell’offerta formativa” con l’origine sociale degli studenti che la frequentano, con il rischio di contribuire ad amplificare le disuguaglianze scolastiche già particolarmente elevate nel nostro paese.
L’elemento può risultare irrilevante agli occhi delle famiglie, molte delle quali considerano essenziali tanto la qualità dell’insegnamento quanto la provenienza sociale dei futuri compagni di classe. Ma permane discutibile che da parte di chi sostiene l’uso di Eduscopio non venga fatta chiarezza circa le cautele necessarie per l’interpretazione delle classifiche proposte.
Gli effetti sul sistema scolastico e sulle famiglie
La domanda che intendiamo porci qui è tuttavia un’altra: anche ammettendo che Eduscopio catturi la qualità delle scuole, quali potrebbero essere le conseguenze di un’operazione apparentemente tanto banale come quella di stilarne e pubblicizzarne la classifica?
Qui ne mettiamo in luce due possibili. In primo luogo, la pubblicazione di classifiche delle scuole non avvantaggia tutte le famiglie in egual modo. Quelle provenienti dai ceti sociali più elevati si appropriano in misura maggiore delle altre dei vantaggi connessi all’informazione. Esiste una nutrita evidenza scientifica in campo educativo che dimostra che gli stimoli informativi attivano comportamenti non necessariamente simili tra famiglie che si posizionano in modo diverso nello spettro sociale. Le famiglie con risorse economiche più elevate e con un livello di istruzione più alto sono più attive nella ricerca delle informazioni e posseggono più strumenti per leggerle e sfruttarle a beneficio dei propri figli (si veda anche qui per una rassegna internazionale).
Il secondo punto, per noi dirimente, è relativo alle conseguenze sistemiche della produzione e diffusione di classifiche delle istituzioni educative. Come già rilevato in altri contesti, la diffusione di classifiche tende a far incrementare le iscrizioni presso le scuole “migliori”. Secondo alcuni si tratterebbe di un risultato auspicabile, poiché incentiverebbe gli istituti che ricoprono le posizioni più basse a migliorare i propri risultati. Tuttavia, il ragionamento omette un fatto piuttosto rilevante. Il meccanismo competitivo è viziato dalle differenti posizioni di partenza, che sono fortemente legate alla composizione sociale degli studenti. Si è osservato come “l’effetto classifica” contribuisca a rafforzare le posizioni delle istituzioni educative prime in classifica e a indebolire quelle più in difficoltà (allontanando gli studenti con maggiore potenziale), innescando un continuo miglioramento delle posizioni delle prime a scapito delle seconde.
La logica sottostante l’adozione di ranking scolastici, quindi, poggia su un modello assai problematico di miglioramento dei risultati complessivi del sistema in cui, a ben vedere, vi è un’unica certezza: che nella “competizione scolastica” ci sono alcuni istituti che non vinceranno mai.
Per una discussione
Uno degli assunti condivisi tra chi promuove l’utilizzo di Eduscopio è che le preferenze delle famiglie, indirizzate verso gli istituti di “qualità”, permettono di rendere più efficiente il sistema scolastico attivando una sorta di accountability dal basso. Tuttavia, la scuola non funziona come un mercato e la diffusione di strumenti che accrescono la competizione tra istituti e tra famiglie non fa altro che rafforzare la segregazione scolastica. Segregazione che ha anche riflessi indesiderati sul turnover e sulle richieste di mobilità degli insegnanti. L’elemento cruciale che manca oggi è una discussione sul trattamento da riservare agli istituti inevitabilmente tagliati fuori da un’eventuale corsa all’eccellenza. Non essendo attività commerciali, le scuole non possono essere semplicemente chiuse ed è molto probabile che si avvitino in una spirale negativa che contribuirà ad accrescere irrimediabilmente la distanza tra scuole di élite e scuole-ghetto. Ma considerando la carenza di risorse con cui si confronta quotidianamente il sistema scolastico del nostro paese, e che rende difficoltosa persino l’ordinaria amministrazione, risulta particolarmente difficile immaginare spazi di intervento pubblico capaci di controbilanciare gli effetti perversi di una competizione scolastica sostenuta e rafforzata dalla produzione e diffusione dei ranking.
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