Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Alessandro Di Battista sulla governance di Banca d’Italia.
Come altre istituzioni dello stato e autorità di controllo, anche Banca d’Italia è stata chiamata in audizione parlamentare a esprimere il suo parere sulla Nota di aggiornamento al Def da poco rilasciata dal governo gialloverde. Dopo la sua bocciatura, si sono alzate le voci contro questo istituto (e non solo), tra chi invita Banca d’Italia a presentarsi alle elezioni e chi ne denuncia la mancanza di indipendenza. Tra questi ultimi c’è anche l’ex deputato del Movimento 5 stelle Alessandro Di Battista, il quale non è la prima volta che esprime perplessità sulla governance di Banca d’Italia e la necessità di una riforma. E lo ha fatto anche in questa occasione prima con un post sulla sua pagina Facebook e poi con una telefonata in diretta a DiMartedì (La7).
“La verità è che oggi, Bankitalia, è di fatto controllata dalle banche private che dovrebbe controllare e le banche private sono incazzate nere, non perché ci sarà deficit al 2,4 per cento, ma perché, per la prima volta, si distribuiscono risorse alla povera gente e non a loro.”
Di Battista da tempo sostiene che Banca d’Italia non possa essere indipendente in quanto è nelle mani delle stesse banche private che dovrebbe controllare, arrivando spesso a dire che “Banca d’Italia non è più una banca pubblica”. Ma è davvero così?
Di chi è la Banca d’Italia
La Banca d’Italia è la banca centrale italiana e fa parte dell’Eurosistema, ossia l’insieme delle banche centrali dei paesi dell’area euro. Le funzioni di questo istituto sono quelle di assicurare la stabilità dei prezzi e in generale la stabilità del sistema finanziario. È responsabile della produzione delle banconote in euro, in base alla quota definita nell’ambito dell’Eurosistema, e, come autorità di vigilanza, l’istituto controlla sulla gestione degli intermediari finanziari e l’osservanza delle disposizioni che disciplinano la materia da parte dei soggetti vigilati.
Sono tutti compiti di pubblico interesse, quindi in che senso Di Battista afferma che Bankitalia è controllata dalle banche private?
L’ex deputato pentastellato si riferisce con ogni probabilità alla composizione del capitale di Banca d’Italia, che effettivamente è detenuto quasi totalmente da istituti bancari, assicurazioni e casse previdenziali private. Intesa San Paolo e Unicredit sono, per esempio, i principali partecipanti al capitale e da soli ne detengono quasi un terzo (anche se per le quote superiori al 3 per cento non spettano diritti di voto e dividendi). L’unica rappresentanza pubblica nel capitale di Banca d’Italia è data da Inps e Inail, due istituti di previdenza pubblica che ne detengono il 3 per cento ognuno.
Potrebbe sembrare strano che un istituto pubblico sia posseduto da enti privati ma, come ricorda Mario Seminerio, si tratta di un’eredità del passato, poiché le stesse banche che detengono il capitale di Bankitalia discendono da istituti di credito che una volta erano pubblici.
Quindi è corretto dire che la proprietà formale sia in mano a privati, ma l’istituto opera nell’ambito del diritto pubblico. Infatti, il primo articolo del suo statuto stabilisce che “la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico”. Oltretutto, la Corte di Cassazione ha ribadito in una sentenza del 2006 che la Banca d’Italia “non è una società per azioni di diritto privato bensì un istituto di diritto pubblico, secondo l’espressa indicazione dell’art. 20 del r.d. 12 marzo 1936, n. 375”, che stabiliva la trasformazione dell’istituto da società per azioni a istituto di diritto pubblico.
Inoltre, il secondo comma dello stesso articolo stabilisce che “nell’esercizio delle proprie funzioni e nella gestione delle proprie finanze, la Banca d’Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati”.
Le banche private si controllano da sole?
Tutti i partecipanti al capitale di Banca d’Italia hanno un posto nell’assemblea dei partecipanti, che può riunirsi in via ordinaria o straordinaria. Tuttavia i poteri di questo organo sono limitati: le assemblee straordinarie deliberano sulle modificazioni dello statuto, mentre quelle ordinarie deliberano su ogni altra materia indicata dallo stesso.
Inoltre, l’articolo 6 dello statuto stabilisce che “l’assemblea non ha alcuna ingerenza nelle materie relative all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dal Trattato, dallo statuto del Sebc e della Bce, dalla normativa dell’Unione Europea e dalla legge alla Banca d’Italia o al governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali”. All’assemblea spetta comunque nominare i membri del consiglio superiore, un organo di governance di Bankitalia che ha compiti di amministrazione e vigilanza interni alla banca e che comunque, come stabilisce l’articolo 12 dello statuto e al pari dell’assemblea dei partecipanti, “non ha alcuna ingerenza nelle materie relative all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dal Trattato, dallo statuto del Sebc e della Bce, dalla normativa dell’Unione Europea e dalla legge alla Banca d’Italia o al governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali.”
A livello statutario, quindi, gli “azionisti” di Bankitalia sono esclusi dalle attività di amministrazione, che competono perlopiù al governatore e al direttorio, alla nomina dei quali comunque non partecipano. Il direttorio è nominato dal Consiglio superiore, ma su proposta del governatore; quest’ultimo ha una nomina prettamente politica, perché è nominato dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio.
Appurato che a livello formale le banche private non possono esercitare influenza sulla governance di Bankitalia, c’è da dire che questo istituto ha ormai un ruolo ridotto nelle attività di vigilanza bancaria. Il Meccanismo di vigilanza unico, uno dei pilastri dell’unione bancaria europea, ha infatti affidato il controllo delle più grandi banche europee direttamente alla Bce. Inoltre, nonostante gli istituti bancari più piccoli (quelli chiamati “meno significativi”) rimangano sotto l’organo di vigilanza nazionale, questo deve comunque esercitare la propria azione nel rispetto delle regole europee e in stretta collaborazione con le autorità Ue.
Il verdetto
È perfettamente legittimo avere dei dubbi sull’efficacia dei meccanismi di governance di Banca d’Italia, anche se esporli proprio nel momento in cui l’istituto critica la manovra gialloverde porta con sé un’ombra di pura dialettica demagogica. Alessandro Di Battista non ha comunque mai perso l’occasione di esporsi per una riforma, denunciando una mancanza di indipendenza di questa istituzione a causa proprio di questa commistione di interessi nella proprietà del capitale. Che è effettivamente detenuto perlopiù da istituti di credito privati, ma questi non hanno alcun potere pratico sulle attività di gestione della banca. Inoltre, ormai la vigilanza bancaria è perlopiù svolta a livello europeo.
La dichiarazione è quindi FALSA.
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