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Come andare oltre il 3 per cento senza scassare i conti

È vero come dicono i politici della maggioranza che la soglia del 3 per cento non ha fondamento logico. Ma non c’è bisogno di rompere le regole Ue e scassare i conti pubblici per ricostruire le infrastrutture.

Quello stupido 3 per cento

Si avvicina la fine dell’estate e dei proclami spacconi sul tramonto dell’euro. Per ora nel disegnare la legge di bilancio bisogna fare i conti – è il caso di dirlo – con le regole esistenti. Per questo non passa giorno senza che qualche esponente della coalizione Lega-M5s si esprima contro il tetto del deficit al 3 per cento. Ha cominciato il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Gli ha fatto eco il presidente della commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai. Infine si è aggiunto il capo politico dell’altra costola della coalizione gialloverde Luigi Di Maio. Tutti contro una soglia definita “sbagliata” (Di Maio) o “priva di valore scientifico” (Bagnai).

In effetti su una cosa i critici del 3 per cento hanno ragione. In nessun libro di economia si trova spiegato il perché della fissazione di quel tetto proprio a 3: perché 3 e non 2 o 4, nessuno lo sa. L’unica soglia sensata da imporre sul deficit potrebbe essere lo zero. Tale regola corrisponderebbe a una regola da buon padre di famiglia: uno stato che fa fronte ai suoi programmi di spesa con risorse proprie dovrebbe mantenere il deficit pubblico sempre uguale a zero. Uno stato che non si indebita è libero da possibili influenze straniere nella conduzione della propria politica. E uno stato che non si indebita tratta allo stesso modo le generazioni di oggi e quelle future che altrimenti sarebbero chiamate a rimborsare il debito pubblico senza essere mai state coinvolte nella decisione se indebitarsi o no dai loro genitori o nonni.

Il Fiscal compact è più intelligente

Malgrado una sua certa dirittura etica, una regola del deficit sempre uguale a zero è però soggetta a molte critiche legittime. La prima critica è che a seconda di come va l’economia il deficit sale e scende in automatico. Quando il Pil va male scendono automaticamente le entrate fiscali – perché diminuisce la base imponibile – e sale la spesa sociale necessaria per assistere i disoccupati e le famiglie povere – in aumento negli anni di vacche magre. Imporre ai governi di tenere in equilibrio i conti anche durante una recessione sarebbe stupido e anche controproducente: per eliminare il deficit “automatico” bisognerebbe ridurre la spesa pubblica o aumentare le aliquote di imposta, il che addirittura peggiorerebbe la recessione, riducendo tra l’altro l’efficacia delle misure di correzione del deficit. È proprio quello che è avvenuto in molti paesi europei tra il 2011 e il 2012 durante la crisi dell’euro. Sull’orlo di una grave crisi finanziaria, i governi dei paesi europei indebitati – compreso quello italiano – adottarono severe politiche di aggiustamento fiscale. Ma i risultati effettivi in termini di riduzione del deficit e di inversione nella dinamica del debito furono inferiori alle attese a causa degli effetti recessivi delle politiche adottate (ai critici delle politiche di allora va ricordato che per evitare il default sul debito purtroppo non c’è alternativa all’adozione di politiche di bilancio restrittive).

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Dopo la recessione di solito torna la ripresa durante la quale si applica – rovesciato di segno – lo stesso meccanismo descritto per le recessioni. Se l’economia va bene, il Pil cresce più del previsto e così fanno le entrate fiscali. In parallelo, scendono le spese sociali perché diminuisce il numero dei disoccupati e dei poveri. Durante una ripresa il deficit diventa automaticamente un surplus. In tempi di vacche grasse i governi dovrebbero quindi resistere alla tentazione di attribuirsi il merito del miglioramento dei conti pubblici, evitando di intraprendere nuove iniziative di spesa non sostenibili in periodi “normali”. L’accumulo di debiti degli ultimi decenni dice che non è andata così.

Riassumendo, la considerazione degli effetti delle oscillazioni cicliche sul deficit suggerisce di emendare la regola fissa del 3 per cento (per la precisione: di emendare qualunque regola fissa) sostituendola con una regola flessibile. I governi dovrebbero fare deficit di bilancio durante le recessioni e surplus di bilancio durante le riprese, in modo che al netto delle oscillazioni cicliche il bilancio dello stato sia in pareggio e non si verifichi un accumulo sistematico di debito pubblico. Una regola di questo tipo è – né più né meno – incorporata nel cosiddetto Fiscal compact che è spesso – ed erroneamente – criticato come incarnazione di una cieca ossessione rigorista. La regola fissa del 3 per cento è stupida; il Fiscal compact è flessibile e quindi più “intelligente”.

Fare un ponte in deficit sì, il reddito di cittadinanza o la flat tax no

Al di là delle considerazioni dettate dall’alternarsi di recessioni e riprese nell’economia, ci può essere anche un’altra ragione per finanziare un programma di spesa pubblica in deficit. È il caso di programmi straordinari che portino benefici almeno parzialmente condivisi con le generazioni future. Se devo ricostruire un ponte che servirà la città di Genova per il prossimo secolo, non ha senso che il finanziamento di tale spesa (al netto di eventuali oneri che la magistratura potrà determinare a carico di chi non ha vigilato) ricada solo sulla generazione che usa oggi il nuovo ponte. Di fronte a una spesa straordinaria con benefici differiti rinviarne parzialmente l’onere del finanziamento sulle generazioni future è una decisione che ogni buon padre di famiglia si sentirebbe di condividere. E proprio l’Europa ha già autorizzato e co-finanziato spese in deficit per le emergenze terremoto nelle finanziarie degli ultimi anni.

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Il discorso non si applica però allo stesso modo per tutte le voci di spesa. Un conto è finanziare in deficit la ricostruzione di un ponte crollato. Ben diversa è l’idea di finanziare in deficit misure come il reddito di cittadinanza o la flat tax o la riforma delle pensioni. Sono provvedimenti che mettono immediatamente e permanentemente più redditi nelle tasche delle persone. Ma sono misure normali, non eccezionali, che producono uniformemente i loro effetti da quando sono introdotte in ogni periodo di tempo. Un buon padre di famiglia non troverebbe dunque nessuna ragione per finanziarle in deficit.

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55 commenti

  1. Savino

    L’intera storia del debito pubblico italiano, vale a dire la storia della prima Repubblica, è piena di episodi di oneri a debito e alle future generazioni di gestione clientelare del potere, con la costruzione di opere pseudo-faraoniche trasformatesi in cattedrali nel deserto, la dazione di generose di contribuzioni a pioggia a singoli cittadini o categorie, una spesa pensionistica dissennata, una burocrazia statale e parastatale farraginosa e di pura copertura (estesa agli enti locali negli ultimi 2-3 decenni). Io penso che le generazioni a venire ne abbiano già abbastanza di problemi creati da quelle precedenti. Penso che l’obbligo del pareggio di bilancio dell’art. 81 della Costituzione, come introdotto nel 2012, sia un punto fermo per le politiche d’ora in poi, sia un pò la tutela per ogni bambino che nasce. Penso, infine, che non si è approfondita abbastanza anche a livello legale e penale la trovata di una forza politica che, nella scorsa campagna elettorale, col reddito di cittadinanza ha, di fatto, legalizzato il reato di voto di scambio, in una sorta di do ut des denaro in cambio di voto.

  2. Matteo

    Lei, prof. Daveri davvero crede che lo stato sia paragonabile ad una fmiglia e che se va in dieficit di bilancio pagano le future generazioni? Insegna questo?

    • toninoc

      Spero che il Prof. risponda al suo quesito affinchè anch’io padre di famiglia possa trarre insegnamento. Mi dica Lei: se io contraggo debiti che non posso restituire, con chi si rivalgono i miei creditori se non con i miei figli che sono miei eredi?

    • francesco daveri

      Caro Matteo, mi lasci osservare: che bello far le domande e far trasparire le proprie opinioni – magari un po’ sprezzanti ma in modo velato – senza il fastidio di rivelare la propria identità! complimenti per il coraggio! detto questo, le rispondo anche se non se lo merita. certo che insegno queste cose. il fatto che lo stato è soggetto ad un vincolo di bilancio come lo è un’impresa o una famiglia. la spesa pubblica si finanzia con tasse oggi o tasse domani (i redditi dello stato), includendo nella tasse anche l’inflazione nel caso lo stato abbia la possibilità di stampare moneta.

    • Savino

      Di sicuro, tanti pessimi padri di famiglia in questo Paese si comportano malissimo con la contabilità tanto della propria di famiglia quanto della famiglia comune dello Stato. Al debito pubblico si associa sempre più il debito privato e agli sperperi per spese inutili dello Stato si associano sempre più capifamiglia che rinunciano alle spese vitali per cose futili come vacanze, smartphone o pay tv. Questi esponenti del popolino ignorante, oggi al comando, non si stanno rendendo conto che tutto sta per crollare e passano le giornate oziando coi video in diretta su Facebook di Salvini e Di Maio.

    • Gabriele Biondo

      Sig Matteo , anche lei dice sciocchezze. Per uno stato il non avere eccessivi debiti e’ piu’ importante che in una famiglia o in una azienda e le spiego il perché. Una azienda puo’ fallire , i debiti che lascia li pagano coloro che avevano prestato i soldi ( creditori ). Non e’ giusto , ma finisce tutto li’. I creditori non hanno piu’ nessuno a cui andare a chieder il saldo. IN una famiglia , se il capo famiglia muore e lascia dei debiti , gli eredi possono sempre rinunciare alla eredita’ , sei debiti sono maggiori dell’attivo , ed anche in questo caso finisce tutto li’ , che vantava dei crediti li perde. Uno stato anche se fallisce rimane anche dopo , ed i creditori che non accettano un taglio del debito ti fanno cause internazionali che durano decine di anni, e la storia dice che alla fine vincono in qualsiasi tribunale . Non ha seguito il fallimentodel 2001 dell’ Argentina ? I loro presidenti non potevano nemmeno andare all’estero con l’aereo presidenziale che veniva pignorato , ed alla fine nel 2017 hanno rimborsato integralmente almeno 5 md di dollari di creditori che per 17 anni hanno trascinato lo stato Argentina nei tribunali di mezzo mondo. Capisce ora ? Studi un po’ di economia e finanza e ascolti meno le promesse ingannevoli dei politici.

  3. toninoc

    Spesso nei Vostri preziosi ed istruttivi articoli si richiama molto opportunamente il comportamento “buon padre di famiglia”ovvero colui che deve tenere i conti in ordine equilibrando entrate ed uscite e facendo previsioni delle stesse per il futuro. Se il debito pubblico Italiano continua a salire e ad andare fuori controllo, vuol dire che i nostri “padri di famiglia” non amministrano bene. Non comprendo però come mai non si richiami il “buon padre di famiglia” a non consentire ai familiari da una parte: spese inutili (sagre dei fichi d’india o delle lumache )finanziate coi soldi familiari, o addirittura dannose (sigarette, giochi d’azzardo ecc.); e dall’altra : maggiori contributi alle entrate da parte dei familiari conviventi con reddito personale. Nella “famiglia” degli Italiani c’è invece chi non contribuisce in modo giusto alle spese e sono gli evasori fiscali. Guadagnano in Italia ma portano i loro guadagni all’estero ed i “padri di famiglia” nazionali non fanno nulla per modificare questo stato di cose. Credo sia necessario, quando si discute di debito pubblico, porre l’accento sulle grandissime responsabilità degli evasori fiscali e dei complici “padri di famiglia”.

  4. Andrea

    Trovo molto chiara e convincente la sua spiegazione della necessità di una flessibilità e di un limite non fisso ma riferito ad un “ciclo economico”. Tuttavia mi chiedo se non si potrebbe scegliere un valore di riferimento diverso da 0 (pareggio ). Ad esempio si potrebbe porre il limite al valore del deficit che non fa aumentare il debito pubblico, o, meglio, che lo conduce ad un certo valore in un certo tempo. Se non faccio confusione ci dovrebbero essere gli indicatori T1/T2 che si pongono queste domande. Perché non scegliere un limite di questo tipo ?
    Un’altra domanda: nell’ottica del “padre di famiglia”, quale sarebbe la giusta soglia del debito pubblico (60% secondo Maastricht) ? Un debito derivante solo da investimenti e dalla spesa corrente esclusivamente per gli anni di crisi ?

  5. Giuseppe Bianchini Riccardi

    Egregio Prof Daveri, concordo con lei su molti punti di questo interessante articolo, ma non posso trattenermi dal ricordarle che, il limite del 3% al deficit, che si trova al di fuori dei trattati Europei, nello specifico nel patto di stabilità e crescita, modificato da ultimo nel 2005, è tale in quanto la BCE ha l’obiettivo di mantenere l’inflazione al 2% e la crescita economica data la media dagli anni ’90 all’introduzione del limite è stata di circa l’1%. 1%+2%= 3% di deficit.

  6. Alessandro Sciamarelli

    Concordo sostanzialmente con l’osservazione posta da G.B. Riccardi. In realta’, come ha notato un altro ottimo economista, Massimo Fontana, il limite del 3% al deficit rispetto al Pil non e’affatto un’invenzione arbitraria, bensi’ (attraverso l’apposita formula) permette di mantenere il rapporto debito pubblico/pil intorno al 60% (assumendo un tasso di crescita nominale del pil del 5%, che era piu’ o meno quello medio europeo negli anni in cui i parametri di Maastricht vennero concepiti, ovvero fine anni ottanta). Per il resto siamo tutti concordi col fatto che la sua applicazione, come disse tra gli altri Prodi, non deve essere “stupida”, ed e’vero che il Fiscal Compact, pur nella sua discutibile complessita’, l’ ha resa piu’flessibile. Concordo al 100% col prof.Daveri sul messaggio “di politica economica”: si puo’anche oltrepassare il limite del deficit qualora le misure da finanziare abbiano un impatto di lungo periodo e sulla produttivita’ dei fattori (infrastrutture ecc.), ma temo proprio non sia il caso di quanto promesso dall’attuale maggioranza di governo (aumenti di spesa corrente che non incidono sulla produttivita’del sistema). Cordiali Saluti.

    • francesco daveri

      Non credo che la crescita nominale del Pil al 5% sia una cosa così sicura da meritare di essere scritta alla base del funzionamento di una cosa importante come l’unione monetaria. A me sembra un numero molto aleatorio e variabile tra paesi in funzione di tante variabili. Sarebbe stato meglio scrivere tutto in termini di un Fiscal Compact che – pur avendo i suoi problemi di applicazione (dato che il livello “normale” del Pil non è osservabile) – ha almeno come spiego nell’articolo un fondamento logico più stringente. Almeno sarebbe stato meno arbitrario e quindi più facile da difendere di fronte alle deviazioni dei vari paesi.

    • zipperle

      Confermo quanto riporta A. Sciamarelli: per chi ha un po’ di memoria (o magari lavorava come economista ai tempi della preparazione del Trattato di Maastricht, firmato il 7/2/92) il 3% ha una derivazione in parte empirica in parte analitica.
      Cominciando da quest’ultima, con un po’ di algebra si può dimostrare che il rapporto deficit/PIL è uguale al prodotto tra il tasso di crescita del PIL nominale e il rapporto debito/PIL quando quest’ultimo è stabile (ovvero si è nella condizione di lungo periodo di steady state). Passando alla origine empirica, fino alla fine degli anni ’80 in Europa si assumeva che il deficit dovesse solo finanziare gli investimenti pubblici, i quali crescevano mediamente al 3% annuo e si assumeva che la crescita media del PIL nominale fosse al 5% annuo. Mettendo assieme le due origini, si ottiene 3%=5%*debito/PIL in steady state, da cui debito/PIL in steady state=60%.
      Questo è quanto allora veniva argomentato per giustificare i limiti del Trattato che in qualche modo hanno avuto effetto sia sulla convergenza (ante 1999) sia successivamente. Si badi bene che il deficit sino al 3% del PIL era concepito per fare investimenti pubblici, quindi spese la cui ricaduta era distribuita nel tempo e che poteva anche essere a carico delle generazioni future. Si osservi anche la scelta di concentrarsi sulla soluzione di steady state: in questo modo si escludeva a priori l’esistenza del ciclo e di quello che esso comportava per le finanze pubbliche.

      • zipperle

        In grande sintesi, mi vien da concludere che il vulnus dell’impostazione alla convergenza macroeconomica almeno dal lato fiscale è da ricondurre a scelta di origine analitica e non tanto alle ipotesi sul 3% per il deficit o sul 5% per la crescita nominale

  7. Mario Morino

    A me la regola del 3% non mi pare cosi strampalata. 2% di inflazione, che mi pare essere l’obiettivo di lungo termine della BCE ed un 1% di crescita. Con una crescita monetaria del 3% del PIL mi sembra ragionevole accettare un deficit del 3%.

  8. Enrico Motta

    Mi fa piacere che Lei attribuisca tanta importanza al pareggio di bilancio;purtroppo ci sono economisti che non la pensano così e offrono una copertura “scientifica” a qualsiasi demagogo che prometta di sfondare il limite del 3%. Su una cosa non mi convince; finanziare la ricostruzione di un ponte in deficit è una scelta giusta politicamente, ma quando si presenta il bilancio con deficit, mettiamo, al 3% del PIL, pari a circa 55 miliardi, chi mi dice che quei 55miliardi sono investimenti, e non spesa corrente? “I soldi non hanno il collarino” diceva qualcuno (Raffaele Mattioli?).

    • francesco daveri

      Grazie, lei e Raffaele Mattioli avete ragione. Ma c’è pur sempre una base su cui ragionare: il bilancio dell’anno scorso a legislazione vigente e a politiche invariate che può essere aggiornato (lo sarà tra poche settimane) con i nuovi dati economici. Rispetto a quel bilancio aggiornato si può valutare la fonte di eventuali scostamenti e attribuirla a spese straordinarie oppure ordinarie o altro ancora. Non è una soluzione perfetta ma è qualcosa per risolvere il problema della fungibilità dei soldi.

    • Henri Schmit

      Si può difendere (relativamente) la distinzione del prof. Daveri fra spesa corrente e investimento pubblico, se si tiene conto della redditività potenziale del ponte, eventualmente soggetto a pedaggio (pratica in uso sin dal medioevo) o oggetto di privatizzazione (oggi contestata, ma valida in termini finanziari per lo Stato, a condizione che ceda a condizioni congrue e … non rinunci anche al controllo).

  9. lucio

    al di la’ delle considerazioni economiche un patto e’ un patto, un impegno preso e sottoscritto. non e’ carino sottrarvisi apertamente e unilateralmente per quanto in sintonia con una certa non encomiabile tradizione storica

    • Gabriele Biondo

      Sig Lucio non dica schiocchezze , il duo Salvini Di Maio , ha fatto promesse assurde ( spesa di ca 100 md !!! in uno stato che ha gia’ 2350 md di debito ed un rapporto debito/pil al 132% con una crescita del pil stentata al 1% !!!! ) anche se questo e’ scritto in un accordo tra di loro , resta sempre una corbelleria. Se mantenessero in toto le promesse il deficit 2018 nel DEf andrebbe al 5% ed in 2 anni il ns debito arriva a 2.500 md ed il rapporto debito pil al 140 % . Be studi un po’ di economia/finanza . A quei livelli il nostro debito non sarebbe piu’ sostenibile , nessun investitore acquisterebbe i nostri titoli , un punto di non ritorno e servirebbero manovre draconiane , come il Grecia. Scusi , ma lei a casa sua amministra cosi’ la sua famiglia ? Allargando i cordoni della borsa perché i suoi familiari non la votano come capo famiglia ?. Be quello e’ il problema delle attuali democrazie , se non prometti al popolo ( naturalmente ignorante perché pensa che pagheranno sempre gli altri ) benessere , tutto gratis , basse tasse non prendi i voti . Quindi i furbi Salvini e Di Maio che hanno fatto ? Hanno promesso la luna , e molti ignoranti ci hanno creduto . Ma non ci sono le condizioni finanziarie per fare quello che hanno promesso , pena scassare definitivamente i conti dello stato. Il finale del film ? Un fallimento dell’ italia con taglio dei ns titoli o una pesante patrimoniale che colpisca gli italiani. Auguri , io sono short sull’Italia

      • lucio

        caro gabriele biondo lei forse voleva rispondere a qualche altro commento o non ha compreso cosa ho scritto. nel parlare di patto mi riferisco a quello di Maastricht che secondo me va rispettato senza se e senza ma o va rinegoziato se possibile ma non disatteso come vorrebbero fare molti membri del sedicente governo del cambiamento

  10. marcello

    “Un buon padre di famiglia non troverebbe dunque nessuna ragione per finanziarle in deficit.” Comincio dalla fine perchè questo riferimento al buon padre di famiglia è insopportabile. In Italia circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell’immobile in cui vive, la quasi totalità di questi sono stati acquistati con mutui, spesso a tassi variabili, il cui valore è passato da circa 7 volte il reddito annuo disponibile neglia anni 70 a oltre 20 dei ns giorni. Quindi anche i buoni padri di famiglia si indebitano e non come nel caso dello stao italiano del 130%, ma molto molto di più!
    Nella Teoria Generale due sono i temi principali: l’incertezza e la domanda effettiva. Al primo ho dedicato la ia vita come ricercatore, il secondo è quello di cui si parla da sempre. Si può discutere se sia meglio finanziare gli investimenti o il consumo, ma dopo 10 anni di crisi e ciò che è accaduto al sistema economico-sociale è diventato ozioso. Rischiamo un paese senza futuro, schaicciato in un nuovo feudalesimo economico, pochissimi ricchissimi e tantissimi poveri. Sostennere i redditi è oggi, visti i risultati delle politiche econmiche precedenti è improcastinabile e la scelta è solo politica e quindi spetta alla politica definirne le forme. Bisogna prendere atto della qualità delle imprese italiane e del ns management e del fallimento del mercato non regolato e della turbo finaza che ha spiazzato ogni invetsimento reale, con il governo delle aspettative e i guadagni in conto capitale!

    • francesco daveri

      Mi pare che lei non abbia letto il mio articolo con attenzione, il che le avrebbe risparmiato il tono polemico. Quello della “diligenza del buon padre di famiglia” è un criterio giuridico di buon senso usato nel codice civile, non l’ho inventato io. Certo che i padri di famiglia si indebitano. ma se sono “diligenti” lo fanno per finanziare spese straordinarie e fanno bene a farlo se possono permetterselo. se invece si indebitano per il consumo di tutti i giorni senza poterselo permettere fanno male a farlo. Lo stesso deve fare la politica. se no ci porterà a dei disastri.

    • Gabriele Biondo

      Sig Marcello , non dica sciocchezze , molte famiglie italiane si indebitano con mutui per finanziare l’ acquisto della casa primaria ( la banca pero’ per deliberare il mutuo vuole redditi certi che garantiscano la sostenibilita’ della rata , che non puo’ mangiarsi oltre il 30% del reddito familiare , perche’ il resto serve per vivere) , ma questi sono spese per investimenti capisce !!! In caso di necessita’ di vende l’immobile e si chiude il mutuo. Qualche famiglia italiana invece fa’ debiti , come lo stato italiano per finanziare le spese correnti !!! Sono quelle che poi vanno male come lo stato. Ma non capisce che aumentare il benessere del popolo o dei familiari con spese correnti a debito e’ una grossa presa per i fondelli ? Quel debito prima o poi va’ ripagato !!!! Le spese correnti e/0 voluttuarie vanno pagate con le entrate ordinarie non facendo debito. Studi un minimo di economia . Quelli al governo ora, hanno fatto tutte quelle belle promesse di spese assurde solo per avere i voti per andare al potere. Dispiace che ci siano molti italiani molto sciocchi e molto ignoranti in materie economiche/finanziarie che credono ai pifferai magici.

  11. gerardo coppola

    buongiorno prof. Daveri. Apprezzo le sue spiegazioni pero’ non sia suscettibile. La questione della spesa pubblica non e’ semplice. Se lei insegna queste cose dovrebbe farci capire come stanno realmente le cose. Per esempio, come si passa dall’obbligo del pareggio di bilancio al deficit al 3 pc. Lasci perdere il buon padre di famiglia e ci racconti la complessita’ delle tante regole di contabilita’. Da lei ci aspettiamo molto di piu’. Grazie. Gerardo Coppola

  12. enzo

    A parte la questione del 3% ( a proposito sicuro che questo numero magico è scritto nero su bianco su qualche trattato?) mi sembra che la polemica politica si incentri troppo sulla povera commissione europea e poco sull’opinione dei detentori del debito italiano. Certo la via è stretta , ma proprio per questo sarebbe ora di riqualificare la spesa e le entrate al fine di favorire la crescita , affrontando il ginepraio burocratico/legislativo e le barriere degli interessi costituiti

  13. Lorenzo Germani

    Questo continuo riferimento al buon padre di famiglia è insopportabile perchè è fuorviante. C’è un’importante ragione economica per rigettarlo: il moltiplicatore fiscale. SE il moltiplicatore fiscale è maggiore di 1 non fa alcuna differenza cosa finanzio in deficit. Politiche diverse hanno differenti effetti distributivi ed è perfettamente legittimo che siano le forze politiche a decidere quale attuare.

    • francesco daveri

      Nessuno vuole espropriare le forze politiche. decidano loro quanto spendere, tanto o poco. Purchè non devastino i conti. Se poi siamo tanto sicuri che il moltiplicatore della spesa è così grande perché non raddoppiare la spesa pubblica? Anzi, perché non triplicarla? La favola del moltiplicatore come moderna cornucopia non muore mai!

      • Lorenzo Germani

        Non siamo sicuri che il moltiplicatore sia grande, siamo solo sicuri che il paragone con il “buon padre di famiglia” non regge perchè i padri di famiglia, quelli veri, non hanno moltiplicatori da stimare(male). Inoltre non è solo la grandezza del moltiplicatore che ci sconsiglia di duplicare la spesa pubblica ma il fatto che, in ogni caso, esiste un vincolo esterno da rispettare (euro o non euro).

  14. MorenoM

    Prof. Daveri non crede che oltre alla soglia 0 possa essere sensato non imporre alcuna soglia ? In un commento in questa discussione dice che un livello “normale” di PIL non è osservabile. Mi permetto di aggiungere che anche nello stabilire l’intensità e la durata di una recessione “normale” potremmo fare la stessa considerazione. Ammettiamo ora che per comprare le medicine per dei figli malati il buon padre di famiglia possa indebitarsi, come stabilire a priori fino a che punto ? Trovo più sfuggente il suo avallo al deficit per investimenti ma non per manovre fiscali espansive (la scelta della medicina per restare in metafora). Non andrebbe valutato cosa fa guarire prima ? Se nel debito di oggi paghiamo anche spese correnti folli del passato, potremmo pensare di recuperare qualcosa, dopotutto quella ricchezza non è svanita spesso è stata patrimonializzata dai privati, magari un’imposta di successione degna di questo nome e destinata alla riduzione del debito pubblico sarebbe già un inizio e aiuterebbe la mia generazione a sentire meno il peso del passato.

    • francesco daveri

      Le metafore non sono il mio forte e non le uso mai. In un’unione monetaria (specie se di stati nazionali) una soglia ci vuole. c’è anche negli Usa dove i singoli stati sono vincolati dalle balanced budget rules nel fare i loro bilanci. Meglio sarebbe una soglia flessibile e . potendo riscrivere i trattati da capo – magari io preferirei che fosse monitorata solo dai mercati senza attaccarci multe e altre conseguenze come procedura di infrazione. ma una soglia ci vuole. La flessibilità non può essere tale da far scomparire il benchmark di un plausibile bilancio in pareggio.

    • Amegighi

      Questo mi pare sia l’approccio anglosassone, dove le tasse incidono molto di più sui beni immobili che su quelli mobili. Ad esempio le tasse sulla casa che si pagano calcolandole sul valore della stessa e le tasse di successione. Tutto volto a favorire la circolazione del denaro guadagnato poco controllabile, tra l’altro, rispetto al bene immobile, ben controllabile.

      • Henri Schmit

        Giustissimo! Ma dopo 20 anni di politica demagogica quasi continua, contestata da pochissimi studiosi, non c’è da stupirsi che siamo arrivati dove siamo: ad un dibattito pubblico ed accademico che in materia fiscale verte sull’introduzione di una flat tax sui redditi personali!

  15. bruno puricelli

    Egr. Prof. Daveri, sono a richiederLe perchè non sarebbe possibile emettere circolante ad hoc emesso per i cittadini italiani che detengono il sottostante fino a 400 mlds senza aumentare il debito? Il 17 cm glielo richiederò. Buon lavoro

  16. Virginio Zaffaroni

    Da qualche commento deduco che non si sappia che “la diligenza del buon padre di famiglia” è un fondamentale criterio giuridico. Penso anche che, quanto all’economia, il prof. Daveri lo utilizzi giustamente a riguardo della politica economica (dello Stato in particolare) perché è proprio nella politica economica che quel criterio diventa criterio fondamentale anche se non esclusivo, con buona pace di qualche commentatore snob. Il prof. Daveri non stava parlando di teoria dell’impresa nel mercato, o di commercio internazionale o di finanza creativa. Parlava di contabilità pubblica, di soldi dei cittadini. Qui una diligenza paterna, che non disdegna il mutuo per la casa ma lo fa pensandoci bene, ci sta e come. E a me tremano le gambe di fronte ad allegri governanti “senza famiglia”.

  17. Paolo Pettenati

    Il vero problema per i conti dello Stato è il rapporto tra debito pubblico e PIL (indichiamolo con b). Se b sale, anche i tassi d’interesse tendono ad salire e quindi la spesa per interessi aumenta in misura più che proporzionale. Il contrario avviene se b diminuisce o anche se si stabilizza. In Italia ad esempio il tasso medio all’emissione dei titoli di Stato è sceso, grazie al rispetto dei parametri di Maastricht, da 3,1% nel 2012 a 0,7 nel 2017. La spesa complessiva per interessi è perciò diminuita da 83,6 miliardi di euro nel 2012 a 65,6 miliardi nel 2017. Se il tasso medio all’emissione rimanesse sotto l’1% anche in futuro, la spesa per interessi potrebbe scendere progressivamente sino a 25 miliardi (1% del debito, stimato a 2.500 miliardi tra qualche anno). Condizione perché questo avvenga, è che il deficit dello Stato in rapporto al PIL resti sotto il 3%, meglio ancora il 2%. In tal caso il debito pubblico crescerebbe meno del PIL nominale (nell’ipotesi di un’inflazione all’1,5% e una crescita reale all’1,5%) e quindi b scenderebbe. Con un deficit al 3% e una crescita del PIL nominale anch’essa al 3% si può dimostrare che b tenderebbe nel lungo periodo al 100%. Con un deficit all’1,8%, b tenderebbe al 60%. In conclusione, la regola di Maastricht del 3% non è “stupida”, è caso mai arbitraria e va adattata in modo flessibile ad altre variabili, come b, la congiuntura e la composizione della spesa pubblica tra consumi, trasferimenti, interessi e investimenti.

  18. antonio petrina

    Se è logico che le spese del buon padre di famiglia vanno distinte da quelle ordinarie e quelle straordinarie ,altro sono i registri ove tali spese si documentano e se l’UE pone delle regole per cui il pareggio è per entrambe le spese ,mi dice prof come riesco nell’anno solare a far quadrare i conti delle spese correnti e quelle di investimento insieme senza alcuna distinzione per il risultato finale del pareggio ?Ecco la stupidità di tale regola UE: ieri del patto di stabilità oggi del pareggio del bilancio.!
    Cfr per tale osservazione Carli,Cinquant’anni di vita italiana,Laterza,1993, p- 410:”La regola aurea secondo la quale il disavanzo pubblico verrebbe commisurato alla spesa in conto capitale incontra larghi consensi nel Paese e verso questo obiettivo è orientata la politica di bilancio del governo italiano”..

  19. toninoc

    @@Gerardo Coppola. Abbia pazienza signor Coppola ma i Professori che scrivono su “Lavoce.info” si rivolgono a tutti i lettori, compresi i “padri di famiglia” come me che studiano ed applicano economia domestica tutti i giorni e, se gli articoli dovessero essere troppo tecnici, finirebbero per non leggere più il giornale. La chiarezza nella semplicità non dovrebbe dispiacere a nessuno. Toninoc

  20. Giovanni Rossi

    la cosa che irrita di più nell’ ascoltare i proclami di questi reietti al governo è l’assoluta ignoranza sulle conseguenze alla collettività, soprattutto quella piu’ povera, se le loro ricette venissero applicate; cicale che non hanno mai gestito un risparmio, perché mai hanno realmente lavorato ! un paese non è democratico perché permette il voto, ma lo è se consente di votare solo chi ha memoria storica dei fatti e dei responsabili dei disastri ; ma in questo paese non credo possa avvenire

    • Henri Schmit

      Giustissimo! I reietti non pensano all’interesse del paese, ma al loro tornaconto elettorale ( mancano nove mesi) e all’interesse dei LORO figli, non quello degli altri.

  21. Gabriele Biondo

    L ‘ attuale Italia , cosi’ come in una azienda sull’orlo del fallimento , deve essere messa in concordato preventivo.
    Alla guida vanno messi dei commissari straordinari ( troika va benissimo ) non eletti da nessuno. Cosi’ avviene anche nelle famiglie disastrate , dove padre e madre si dimostrano assolutamente deleteri per tutta la famiglia , viene tolta la patria potesta’ e nominato un tutore.
    Be’ , l’Italia oggi ha bisogno di un tutore , non di politici.
    A casa mia , sono molto democratico , con mio figlio che ha 20 anni ( quindi vota ) decidiamo gli acquisti , l’auto, dove andare in feri etc , ma siccome lui , cosi’ come il popolo italiano , sanno poco o nulla di economia/finanza ,danno poco valore ai soldi ( ma ne servono sempre tanti ) le decisioni finali in campo finanziario , cioe’ quanto si spende le decido io !! E non sono eletto !!! E la mia famiglia va’ bene , perché quando sei finanziariamente a posto , non fai debiti , bilanci le uscite con le entrate vivi bene. Invece il mio vicino di casa e’ come i politici italiani , si spende si spande , chi paghera’ ? Spesso pero’ arrivano loro cartelle di Equitalia , ed ufficiali giudiziari per pignorare qualcosa . Italiani , non abbiamo bisogno di politici ma di buoni contabili !!!

  22. Henri Schmit

    Grazie di aver riassunto con la solita precisione e il solito equilibrio argomenti per me, e per molti altri, evidenti. Perché queste ragioni sono contestate così polemicamente in questo paese, non più (di tanto) ignorante degli altri? Perché l’idea di una flat tax non è contestata immediatamente e all’unanimità, almeno nel mondo accademico, come misura insostenibile e divergente, nonché iniqua? Perché non c’è un dibattito serio (Chiara Saraceno 13.03.2018 su lavoce.info) sul confronto fra un reddito di cittadinanza e l’esistente REI con sviluppo dei CPI? Perché la cultura iper-maggioritaria contesta e disfa da 20 anni dopo ogni tornata elettorale (se non prima) quello costruito durante quella precedente (per esempio il tempo massimo dei contratti a durata determinata, altro caso di regola numerica più o meno arbitraria quindi stupida, ma particolarmente stupida quando si comincia a variare ad ogni legislatura)? Perché la ricerca e la difesa della verità è stata sostituita dal voto, dai sondaggi, dagli show televisivi e dal volume della voce?

  23. Marco F.

    “ai critici delle politiche di allora va ricordato che per evitare il default sul debito purtroppo non c’è alternativa all’adozione di politiche di bilancio restrittive”
    Questo punto è essenziale per il dibattito politico e trovo che se ne sia discusso straordinariamente poco. Dove posso trovare spiegazioni e approfondimenti, per me ignaro della materia economica?

  24. Francesco

    “[…] che producono uniformemente i loro effetti da quando sono introdotte in ogni periodo di tempo.” Quindi producono effetti anche per le generazioni future? Da padre di famiglia non troverei completamente controverso fare un mutuo per comprare una assicurazione di disoccupazione per tutta la famiglia che valga anche per i figli in futuro (seppur questo possa comportare dei costi per i figli nello stesso futuro). Potrebbe spiegare meglio perché finanziare in deficit un ammortizzatore sociale che vale e genera benefici anche per le generazioni future è sbagliato?

  25. Piersergio

    Leggo sempre con interesse tutti.
    Da ignorante in materia evito di commentare.
    Alcune cose non le capisco, tipo perchè la BCE ha fatto in modo di drogare il mercato di liquidità per portare l’inflazione al 2%. L’inflazione aumenta quando aumentano i consumi (e le retribuzioni). Con consumi quasi in recessione, stipendi fermi aumentare i prezzi a me sembra darsi la mazza sui piedi.
    In cosa sbaglio nel mio ragionamento?
    Per il resto con un debito pubblico di 2350 mld non vedo quali politica puoi fare per ridurlo senza andare in recessione per 20 anni (a meno di scelte estreme come il congelamento degli interessi su debito che ben sappiamo a cosa porterebbe).
    Quindi il discorso sul 3% lo trovo di scarsa importanza tanto in ogni caso abbiamo le mani legate.
    Secondo me lo Stato andrebbe gestito con il buon senso del padre di famiglia come da voi detto in più post, ma non è una famiglia. Dovrebbe poter attuare la sua politica monetaria se necessario. L’Inghilterra da quel che so da un bel po’ invece che rinnovare alcuni titoli in scadenza emetteva moneta per coprili.
    Quanto alla crisi io ritengo che non sia ciclica ma sistemica. Le istituzioni hanno curato una crisi sistemica come una ciclica per quello non se ne esce. E’ il voler crescere per forza in un mondo con risorse “finite” l’errore, la disuguaglianza economica ormai a dimensioni catastrofiche che porta crisi e tutte le politiche messe in campo hanno accentuato la cosa.
    Ditemi per favore in cosa sbaglio a ragionare così?

    • toninoc

      @@Piersergio. Neanche io sono un tecnico economico e vedo le cose in modo elementare. Per esempio: abbiamo il debito pubblico tra i più alti al mondo così come anche l’evasione fiscale. Non sento parlare nessuno o quasi di questo secondo argomento. Sono convinto che siano due problemi molto correlati. Da ignorante penso che intervenendo sul secondo (evasione fiscale) si inizierebbe a risolvere il primo e gradualmente si potrebbero ridurre le tasse o aumentare le pensioni minime o migliorare l’welfare. Ma forse è troppo semplice per essere realizzabile dai nostri governanti molto bravi nelle questioni economiche.

  26. Nicola Marconi

    Gentile Prof. Daveri, non sta trascurando l’effetto sul PIL dell’indebitamento? Se per esempio le riforme che ha citato Lei avessero lo scopo e l’effetto di aumentare il PIL, non sarebbe corretto a quel punto finanziare queste riforme in deficit, visto che comunque si ripagherebbero grazie al loro effetto benefico sull’economia e non andrebbero a pesare sulle spalle delle generazioni future,anzi potrebbero addirittura aumentare il loro livello di benessere? Quindi se il deficit servisse semplicemente da booster per la riforma, non sarebbe ugualmente un comportamento da buon padre di famiglia finanziare la riforma in deficit?

    • Maurizio Cocucci

      Credia stia facendo un po’ di confusione. Il rapporto deficit/PIL al 3% fu stabilito dal Trattato di Maastricht nel 1992. La media investimenti al 3% è un po’ bassa per usare un eufemismo. Per il ponte a Genova è esattamente il contrario: se lo costruisce un privato non è soggetto ai limiti di bilancio previsti, se invece è il settore pubblico invece sì. Inoltre preclude ad altre possibilità di investimento.

  27. antonio petrina

    La regola del 3% fu stabilita dalla Commissione UE nel 97-98 per la media storica degli investimenti .In ogni paese aderente e poi non è possibile che le spese correnti superino quella soglia del 3% degli investimenti per la sostenibilità del debito.
    Allora il ponte Morandi è bene che lo rifaccia lo Stato così l’UE non potrà dir nulla sui rispetto dei parametri , diversamente dalle spese distributive ( reddito di cittadinanza) che occorre fare con il bilancio tendente al pareggio.

  28. Maurizio Innamorati

    L’ultima volta che il modello neo.liberista di svalutazione interna funzionò fu la recessione americana del 1921 che stranamente non è mai ricordata negli articoli. L’unica ragione per cui funzionò fu che i prezzi crollarono del 10%. Il problema è che da allora i prezzi non sono più scesi e tutto l’aggiustamento è sui salari.

  29. Maurizio Cocucci

    I parametri di Maastricht ed il recente Fiscal Compact sottostanno a principi politici ed economici. Politici perché fanno seguito all’avversità dei Paesi del nord Europa con la Germania in testa del ricorso al debito. Anche le economie scandinave pur essendo, tranne la Finlandia, escluse da tali vincoli UE registrano un basso valore del debito. Economici perché il debito nel lungo termine non comporta una crescita, anzi la compromette. Quando fu stipulato il Trattato di Maastricht, la Germania (non da sola comunque) impose due condizioni: il debito non doveva aumentare (qui chiamando in causa indirettamente la politica di bilancio italiana poco rigorosa) e avere la sede della BCE in Germania per venire incontro alle preoccupazioni sia dell’establishment che della cittadinanza tedesca poco favorevoli ad abbandonare il marco che rappresentava il maggiore simbolo del successo e della forza economica del Paese. il livello di debito da osservare e mantenere era in sostanza una media, Italia esclusa, di quello delle nazioni inizialmente partecipanti. Il deficit al 3% fu, forse, una proposta francese che lo aveva adottato al proprio interno, ma in ogni caso a prescindere dalle leggende è anche coerente con l’equazione che regola deficit con debito e crescita nominale del PIL. Al fine di mantenere costante il debito al 60% del PIL, quest’ultimo in termini nominali deve crescere al tasso del 5,3%, valore elevato oggi ma in linea con i dati medi del decennio precedente il Trattato.

  30. Luigi

    Credo che se la UE virrà sopravvivere e poi progredire stabilmente divrà cambiare approccio anche sulla spesa corrente. Se infatti si appartiene tutti a un continenente che intende essere ancora il centro della civiltà che ha civilizzato il mondo moderno è necessario stabilire uno standard di spesa pubblica pro-capite minima, in termini di quantità acquistabili, che deve essere sottratta da qualsiasi conteggio perchè non pesi negativamente sulla contabilità dei singoli Paesi. Chi virrà spendere di più lo pitrà fare, ma in questo caso peserà nei rapporti finanziari.

  31. antonio petrina

    Aveva ragione Foini su questa rivista nel 2004 : la ” Golden rule ” va applicata cum grano salis cioè quando c’è avanzo primario come adesso ( nel 2005 non c’era!). Quindi il 3% vale per gli investimenti in avanzo corrente e se ponte è da farsi deve farlo lo Stato per dimostrare l’applicazione di tale logica regola che poi stabilizza e riduce il debito, come disse Carli nel disegnare l’art.104 C del Trattato UE ( stupida invece diventa la regola se si pretende il pareggio a priori delle spese in pareggio , sia di quelle correnti ed insieme di quelle di investimento).

  32. antonio petrina

    rectius:
    La golden rule che serve all’Italia
    13.12.04 LAVOCE
    Riccardo Faini

  33. Luigi Spinello

    Il ponte va finanziato con ammortamento del finanziamento a medio lungo termine. In quanto i benefici dell’infrastruttura saranno per molti anni e per generazioni future. Il reddito di cittadinanza e la flat tax no. Perché non sono spese per investimenti o infrastrutturali necessarie a sviluppare e far crescere l’economia. E’ cone confere in una faniglia il finanzaimento delle spese per l’acquisto della casa con le spese per andare in vacanze (estremizzando l’esempio)

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