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Di che colore è il governo Conte

Confrontando le posizioni espresse nel discorso di insediamento di Giuseppe Conte con quelle dei suoi predecessori emerge un esecutivo a favore dell’intervento dello stato nell’economia, poco europeo, ma molto attento alla lotta alla corruzione.

Politiche economiche e politiche sociali

Il governo Conte – e l’alleanza giallo-verde su cui si regge – è stato presentato dai diretti interessati come il “governo del cambiamento”. Il sostantivo “cambiamento” inevitabilmente si riferisce a un confronto con il passato più o meno recente. Ma è davvero così? Quali sono le reali novità del governo Conte rispetto ai settanta esecutivi che lo hanno preceduto, dal 1946 fino a Paolo Gentiloni? Per cercare di capirlo, abbiamo ancora una volta fatto riferimento al metodo proposto dall’Italian Legislative Speech Dataset – Ilsd, già utilizzato in un precedente articolo, per collocare nello stesso spazio politico la posizione del contratto espressione del governo Conte con quelle più recenti dei partiti che siedono in Parlamento. Questa volta, il nostro interesse è di adottare una prospettiva diacronica, in grado di confrontare la posizione del contratto di governo giallo-verde con quelle di tutti gli altri esecutivi della Repubblica italiana come emersi dai loro rispettivi discorsi di insediamento. Quali sono i principali risultati?

Se consideriamo il lato delle policy, in una prospettiva di lungo periodo il contratto di governo giallo-verde risalta più per la sua posizione economica, piuttosto che sociale. Dei settanta governi succedutosi in Italia dal 1946 a oggi, infatti, la posizione economica espressa dal contratto di governo giallo-verde, lungo una scala che contrappone chi vuole più stato (a sinistra lungo la dimensione orizzontale) o più mercato (a destra), è la quarta più pro-stato di tutte, superata solo dal terzo governo Fanfani nel luglio 1960, che aprì la strada al centro-sinistra in Italia, e da due più recenti governi di centro-sinistra: il primo di Massimo D’Alema nel 1998 e il secondo di Romano Prodi nel 2006.

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Riguardo invece la posizione lungo la dimensione sociale – che contrappone una posizione più progressista (valori in basso lungo la dimensione verticale) su questioni come i diritti civili (tema migranti incluso) a una più conservatrice (in alto) focalizzata su “legge e ordine” – il governo Conte si situa nel “centro classifica”, con diversi governi che hanno espresso una posizione più conservatrice rispetto a quella che emerge dal contratto giallo-verde, a partire dal governo Scelba nel febbraio 1954 o dal governo Segni nel 1959.

Figura 1

Europa, competenze e lotta alla corruzione

L’eccezionalità del contratto alla base del governo Conte emerge invece da altri tre aspetti.

Il primo riguarda la posizione nei confronti dell’Europa. Tra tutti i governi italiani dal dopoguerra a oggi, la posizione espressa dal governo Conte è infatti la più tiepida, assai lontano da esecutivi molto pro-Europa (almeno nelle loro iniziali dichiarazioni) come i due governi Letta o il governo Dini.

Gli altri due aspetti di novità del governo Conte non riguardano infine le politiche, bensì quello che in letteratura va sotto il nome di valence issues, cioè valori condivisi. Da un lato c’è infatti una grande enfasi sul tema della corruzione politica: dopo quello di Carlo Azeglio Ciampi, si era in piena bufera di Tangentopoli, è quello che ne parla di più, assieme al primo governo Spadolini. Dall’altro, la sostanziale assenza del tema della competenza: un cavallo di battaglia per gran parte dei governi, che generalmente spendono fiumi di parole per sottolineare la loro (supposta) capacità di (ben) governare, sembrerebbe non essere centrale per il contratto su cui si fonda il governo Conte.

Se la scelta sia un bene o una (implicita) ammissione di colpa, lo vedremo nei prossimi mesi.

Figura 2

 

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  1. Savino

    Il Governo effettua una politica economica proibizionista, protezionista e paternalista.
    Il ministro Toninelli è l’essenza del proibizionismo quando parla di Tav, del protezionismo quando parla di Alitalia e del paternalismo quando fa finta di voler risolvere la questione dei pendolari. Di Maio sull’Ilva e sul jobs act è profondamente proibizionista. Salvini (già proibizionista sui migranti) e Centinaio sono molto protezionisti, mentre il paternalismo lo fanno fare al ministro Fontana sulla famiglia.
    Conte è molto più legato alla cultura giuridica di provenienza, ma si cala bele nella parte affidatagli.

  2. domenico da binasco

    ma è anche il governo degli incompetenti, che violano leggi e consuetudini, di chi si contraddice ogni cinque minuti, di chi ponza di economia ma non ha la piu’ pallida idea di cosa essa sia, di chi assume amici e famigli senza esperienza a spese degli Italiani , di chi sfascia quano fatto in precedenza senza una chiara visione di cosa fare in sostituzione etc etc

    • Aram Megighian

      Se posso permettermi, io sarei attento a definire questo Governo incompetente. Purtroppo, invece, ha un preciso obiettivo che consiste, a mio parere, nel combinare la pseudo-idea economica che l’euro è la colpa di tutti i nostri mali, con l’idea che uscendone, e ripristinando le svalutazioni e la spesa pubblica degli anni ’80, tutti saranno contenti, dai capannoni del NordEst ai disoccupati del Sud. Una situazione che ha spazzato via la media borghesia e ha inciso sulla vita della generazione di adesso e quelle future.
      Il problema è che erano 40 anni fa, e, soprattutto, non c’erano nazioni emergenti che potessero produrre le nostre stesse cose con costi infinitamente inferiori. Le magliette di Benetton si producevano in Veneto e non in Bangladesh, così come ora non è difficile per un asiatico comperare una macchina laser che stampa viti in un capannone. Una macchina statale come quella di quegli anni non solo è obsoleta, ma anche non servirebbe niente e sarebbe inutile nelle condizioni attuali di un mondo digitale ad alta velocità.
      A meno di tornare indietro in un colpo di 60 anni. Con tutte le conseguenze, economiche e sociali del caso, accontentandoci di una vita come quella dei nostri padri o nonni nell’immediato dopoguerra….compresa l’emigrazione…..

      • Savino

        Per essere più precisi, l’obiettivo politico essenziale delle forze di maggioranza è rottamare la seconda Repubblica per ripristinarne la prima. Chi conosce bene la storia sa che non ci facciamo certo un affare. Forse avranno avuto dei limiti, ma, ciascuno a modo proprio, i vari Prodi, Berlusconi, Renzi si sono dimostrati, per le rispettive epoche, uomini del cambiamento oltre che di Stato e di cultura riformista, sia pur di un riformismo diverso per ciascuno di loro. L’epoca sciagurata di Craxi, Andreotti e Forlani resta una delle pagine più buie della nostra storia recente, origine del debito pubblico, del PIL che non cresce, della scarsa produttività, della voragine nel sistema pensionistico e di welfare, dei ponti che crollano, delle prevenzioni che non vengono fatte, delle sciatterie e delle ruberie, di una burocrazia inefficiente e corrotta. M5s e Lega sono la continuità di quei decenni gattopardeschi che gli italiani, amanti delle scorciatoie facili apprezzo. Sono il Governo del cambiamento di tutto, purchè non si cambi nulla.

  3. Fabrizio

    Vi segnalo un potenziale refuso: nella figura 1 e nel paragrafo sottostante si fa riferimento a due governi Letta, ma a me risulta che Letta abbia guidato un solo esecutivo.

  4. Giovanni

    Il governo andrebbe giudicato sui fatti, non sulle intenzioni. Mi sembra che si viva invece alla giornata: sull’ILVA si lascia passare il tempo finché sarà troppo tardi, e allora si troverà qualcuno su cui buttare la colpa, idem per l’Alitalia, non parlo del TAV perché penso sia stato un errore imbarcarsi nell’impresa, ma ora capisco l’imbarazzo del ministro Toninelli, per i vaccini ognuno fa quel che gli pare e così via.

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