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Ma Marchionne ha creato posti di lavoro?

Il numero di dipendenti Fca in Italia

La morte di Sergio Marchionne, fino a pochi giorni fa amministratore delegato del gruppo automobilistico Fiat Chrysler Automobiles (Fca), è stata accompagnata inevitabilmente da una moltitudine di interventi e analisi sul suo operato. Accanto ai molti encomi, alcuni opinionisti – per esempio Marco Revelli in un articolo su Il Manifesto (ripreso, tra gli altri, dal presidente della Toscana Enrico Rossi) – hanno sostenuto che sotto la sua amministrazione l’azienda ha diminuito il numero di dipendenti in Italia, spostando il proprio baricentro produttivo oltreoceano e quello finanziario in altri paesi europei (Olanda e Regno Unito). Più precisamente, Revelli ha sostenuto che “oggi i dipendenti diretti di Fca in Italia sono 29 mila compresi quelli di Maserati e Ferrari. Erano oltre 120 mila nel 2000”.

Per far luce sull’andamento dell’occupazione nei quattordici anni di amministrazione Marchionne, è essenziale ricordare che la configurazione del gruppo oggi è profondamente diversa da quella del 2004, quando il manager italo-canadese fu nominato amministratore delegato.

Nel bilancio consolidato e d’esercizio del 2004, infatti, quello che allora si chiamava Gruppo Fiat comprendeva società attive nel settore automobili, con i marchi Fiat, Lancia e Alfa Romeo e il controllo di Ferrari e Maserati; nel settore macchine per l’agricoltura e le costruzioni, rappresentato dalla Cnh; nel settore veicoli industriali con Iveco spa; in quello dei sistemi di produzione rappresentato da Comau spa, e includeva attività anche nei settori componenti e prodotti metallurgici, servizi, editoria e comunicazione.

Oggi il gruppo Fca è un’entità differente: opera infatti sempre nel mercato automotive con i marchi Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia, Maserati e Mopar, e in quello dei componenti e dei prodotti metallurgici. Tuttavia, in questi anni il gruppo è stato al centro di importanti scorpori e fusioni che hanno radicalmente cambiato il volto e il bilancio dell’azienda, come l’acquisizione da parte di Fiat spa di Chrysler Group, conclusasi alla fine del 2014; lo scorporo del marchio di lusso Ferrari nel 2016 e di quello di Fiat Industrial nel 2011, che, a seguito della fusione nel 2013 con Cnh Global, ha dato vita all’odierno gruppo Cnh Industrial (Cnhi).

L’evoluzione dell’occupazione in Fca è quindi strettamente legata all’evoluzione del gruppo e delle sue società. E per questo il numero di dipendenti che emerge dalla figura 1, tratto dai bilanci annuali di Gruppo Fiat, azienda esistita fino al 2010, di Fiat spa, attiva fino al 2014, e di Fca, non è indicativo. Proprio perché il numero di aziende considerate all’interno della holding non è rimasto costante, una semplice comparazione intertemporale dei dati non è infatti adatta a fornire valutazioni credibili. È evidente, ad esempio, come il calo di quasi 20 mila dipendenti in Italia nel 2011 sia stato causato non tanto da una imponente politica di licenziamenti, quanto piuttosto dallo scorporo di Fiat industrial dai bilanci del Gruppo Fiat.

Figura 1

Anche la suddivisione delle quote di dipendenti tra le varie zone del mondo è cambiata negli anni dell’amministrazione Marchionne. L’acquisizione di Chrysler ha notevolmente aumentato il peso specifico dell’America del Nord, a discapito principalmente del Vecchio Continente. Infatti, sebbene il numero di dipendenti sia cresciuto di circa 76 mila unità nel mondo in questi 13 anni, in Europa i dipendenti sono passati dall’essere circa il 71 per cento del totale nel 2004 al 36,5 per cento nel 2017. Ma più che a una politica interna di dismissione delle fabbriche europee, il cambiamento è dovuto a un ampliamento esterno del gruppo, che con l’acquisto di Chrysler ha ottenuto il controllo di diversi stabilimenti americani.

Figura 2

La variazione dell’occupazione nell’intero gruppo

Ma quindi il numero di dipendenti in Italia è sceso? Non è proprio così, e per stabilirlo è necessario tenere fisse le aziende considerate, a prescindere quindi dagli scorpori avvenuti in questi anni, come Ferrari e Cnhi. È quello che ha provato a fare la Fim-Cisl, analizzando l’andamento degli occupati nella galassia Fca, Cnhi, Ferrari e Sevel. Secondo questi dati, consultabili nella tabella 1, i dipendenti del gruppo in Italia sono passati da 83.320 nel 2004 a 86.564 nel 2012, mentre alla fine del 2017 erano quasi 87 mila, con una variazione positiva di oltre 3.500 occupati. Guardando invece all’occupazione nel mondo, la crescita dal 2004 al 2017 è stata di ben 130 mila dipendenti, passando da circa 179 mila addetti nel 2004 a più di 309 mila.

Tabella 1 – Dati occupazionali Fca, Cnhi, Ferrari, Sevel

Fonte: Fim-Cisl

È questo il dato da esaminare per valutare la crescita dei dipendenti in Italia, in quanto tiene in considerazione le variazioni positive degli occupati in seguito alla fusione con Chrysler, come ad esempio quelle dovute alla produzione della Jeep Renegade nello stabilimento di Melfi, ma non quelle dovute a meri scorpori di bilancio, che, come quello di Ferrari, non hanno provocato reali perdite di posti di lavoro.

Sempre secondo Fim-Cisl, dopo la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese alla fine del 2011, il ricorso agli ammortizzatori sociali sarebbe passato dal 27 per cento del 2012 (principalmente cassa integrazione straordinaria e ordinaria) al 7 per cento del 2018 (cassa integrazione straordinaria e contratti di solidarietà), un decremento di circa quattro volte.

Dove nasce l’equivoco

Da dove vengono quindi i dati citati da Revelli? Nel 2000, secondo il bilancio Fiat, i dipendenti in Italia erano 112 mila, cifra non molto distante dai 120 mila citati sul Manifesto. Tuttavia, il numero presentato da Revelli per il 2017, ossia i soli 29 mila dipendenti che oggi lavorerebbero per Fca, non si riferisce al totale dei lavoratori, ma soltanto ai dipendenti degli stabilimenti produttivi Fca e Sevel, vale a dire Mirafiori, Grugliasco, Modena, Cassino, Pomigliano, Melfi e Sevel Fiat Professional, come puntualizzato anche da un articolo del Sole 24 Ore. Revelli pertanto compara due valori molto diversi: il primo si riferisce al totale degli occupati del Gruppo Fiat nel 2000, il secondo ai soli lavoratori degli stabilimenti produttivi Fca e Sevel. Non solo il secondo è una sottocategoria del totale, ma non prende in considerazione lo scorporo di realtà come Ferrari e Cnhi, che non hanno prodotto effettive perdite di posti di lavoro. Non si comprende poi perché Revelli utilizzi il 2000 come anno di riferimento, quando Marchionne è entrato nel consiglio di amministrazione del Lingotto nel 2003 ed è diventato amministratore delegato nel 2004.

I numeri più affidabili sono quindi quelli elaborati da Fim-Cisl, che rivelano come il totale dei dipendenti in Italia della galassia Fca, Ferrari, Cnhi e Sevel sia addirittura lievemente cresciuto sotto l’amministrazione Marchionne: circa 3.500 posti di lavoro in più.

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  1. umberto marchesi

    ottimo lavoro !

    • gianfranco valtorta

      Al di là della minuziosa spiegazione dei numeri e tabelle,Marchionne ha ereditato un’azienda quasi fallita e l’ha trasformata, finanziariamente e non del tutto industrialmente, per ciò che è successo, in una multinazionale a tutti gli effetti, che cominciava a fare utili. Mi auguro che il successore riesca a completare l’opera.

  2. filippo rossini

    Un grande grazie agli autori per l’accuratezza e la precisione dell’articolo.

  3. Michele

    Questi numeri non ci raccontano ancora tutta la vera storia. Sarebbe interessante anche sapere se sono numeri di dipendenti o di FTE, con quale tipo di contratto lavorano, come si sono evolute le retribuzioni etc Resta comunque il fatto che nel 2003, l’anno prima l’ingresso di Marchionne, sono state prodotte in Italia 1,324 milioni di auto; nel 2017 invece 1,142milioni. In Germania il numero di auto prodotte è rimasto 5,7 milioni

  4. Articolo molto interessante, puntuale, quanto a tempi di uscita, rapido, per ciò che riguarda la sua lettura, preciso, nella citazione delle fonti su cui si basa.
    Ma, soprattutto, originato da una domanda intelligente.
    Conclusione: grazie a chi lo ha scritto e a chi lo ha pubblicato (e a chi lo ha lanciato su Twitter!).

  5. Articolo molto interessante, per chi si interessa di automotive con particolare attenzione a Fca; tempestivo, quanto ai tempi di uscita; rapido, per ciò che riguarda la sua lettura; preciso, per ciò che rigurda la citazione delle fonti su cui si basa.
    E, soprattutto, originato da una domanda intelligente. E quindi utile anche al dibattito socio-economico-politico, perché rimette le cose con i piedi per terra (come diceva quello).
    Quindi grazie a chi lo ha scritto e a chi lo ha pubblicato. (E a chi lo ha lanciato su Twitter!)

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