Cosa frena lo sviluppo dell’economia italiana? Tra le tante cause, ce n’è una spesso sottovalutata: l’alta evasione fiscale. Il suo effetto principale è sulla dimensione delle aziende. Perché restare piccoli può essere più conveniente che innovare.
Bassa produttività in Italia
La scarsa crescita economica che da un ventennio affligge l’economia italiana è imputabile al ritmo stagnante della produttività, in particolare della produttività totale dei fattori che riflette la capacità di utilizzare efficientemente gli input produttivi (figura). Un’economia che non è in grado di accrescere il proprio livello di efficienza, nel lungo periodo, perde competitività sui mercati internazionali, fatica a espandere i redditi e il benessere dei propri cittadini, vede ridursi lo spazio per ripagare un elevato debito pubblico.
Figura 1 – Tasso di crescita medio annuo della produttività totale dei fattori
Per curare un “malanno” che pare essere cronico, è cruciale studiarne in dettaglio le caratteristiche e i sintomi, comprenderne i meccanismi, per poi risalire alle cause. Sono questi gli obiettivi di un nostro lavoro recente.
Dimensione di impresa, innovazione e selezione
Molti studi, alcuni riportati anche su lavoce.info, hanno individuato nell’elevata frammentazione del sistema produttivo una delle principali determinanti della scarsa crescita della produttività aggregata in Italia. Pur rappresentando solo un sintomo, è un’utile chiave di lettura: il ritardo di produttività del nostro paese si concentra nelle piccole imprese, che sono tante e meno efficienti non solo di quelle più grandi (come avviene ovunque), ma anche delle omologhe aziende di altri paesi. La debole dinamica della produttività e lo scarso sviluppo dimensionale vanno quindi considerati come due problemi strettamente connessi.
Tra i fattori che possono spiegare le due peculiarità italiane, ve ne sono tre che meritano una particolare attenzione: (i) l’innovazione e l’adozione tecnologica, (ii) la selezione delle imprese e (iii) la riallocazione degli input produttivi tra di esse.
Si tratta di fondamentali motori di sviluppo economico, che in Italia paiono inceppati. Sono infatti basse sia la quota di spesa in capitale immateriale e in ricerca e sviluppo sul valore aggiunto sia la diffusione delle nuove tecnologie digitali.
La selezione e lo sviluppo delle imprese che entrano nel mercato è debole: se le confrontiamo con quelle degli Stati Uniti, le nuove imprese italiane hanno dimensione inferiore, crescono per meno anni e a tassi più modesti.
Infine, è giudicato basso, anche se in miglioramento, il grado di efficienza con cui il sistema economico e istituzionale distribuisce alloca le risorse produttive verso i settori e le imprese con più alto potenziale di crescita.
Ma cosa frena lo sviluppo dell’economia italiana? L’elenco delle cause è inevitabilmente lungo. Vi si annoverano sia fattori culturali, come l’eccessivo familismo del sistema produttivo che ha indotto una peggiore selezione del management aziendale con ricadute negative sull’adozione di nuove tecnologie e sull’innovazione, sia vincoli di tipo istituzionale e regolamentare su cui la politica economica può agire più direttamente.
Nel rimandare al nostro lavoro per un’ampia rassegna critica della letteratura, dell’evidenza empirica e degli effetti (reali o potenziali) delle più recenti riforme attuate in Italia, qui ci soffermiamo su un aspetto che, pur oggetto di ricorrenti e animati dibattiti, riceve scarsa attenzione per il suo effetto sulla crescita: l’elevata evasione fiscale.
Il ruolo dell’evasione fiscale
La lotta all’evasione fiscale è motivata da considerazioni di equità e dalla necessità di garantire il gettito che deve finanziare la spesa pubblica. Combattere l’evasione può però avere anche un effetto positivo sulla produttività, proprio per i suoi benefici riflessi sulla selezione delle imprese, la loro propensione a innovare ed espandersi.
La chiave per comprendere questo canale è nell’osservazione che l’evasione fiscale non è egualmente praticabile da tutte le imprese: è più facile per quelle più piccole che hanno requisiti di segnalazione più laschi e una più bassa probabilità di essere ispezionate dall’Agenzia delle entrate. Ciò implica che restare piccoli ed evadere può essere un’opzione alternativa all’intraprendere progetti innovativi che, se di successo, comporterebbero una crescita dimensionale. Ma gli effetti negativi non finiscono qui: l’evasione da parte di un gruppo di imprese genera una concorrenza sleale che riduce il rendimento dell’innovazione, inducendo anche quelle innovatrici a non esprimere appieno il proprio potenziale di crescita. In un sistema economico in cui è diffusa l’attitudine a contenere quanto più possibile le prospettive di sviluppo aziendale nel timore di pagarne i costi, è bassa la spinta che deriva dai meccanismi di selezione.
In Italia, dove un elevato livello di tassazione rende particolarmente alti i benefici privati dell’evasione, si stima che, qualora si azzerasse l’evasione fiscale, la dimensione media delle aziende aumenterebbe del 25 per cento, la spesa in innovazione del 35 per cento. Nel periodo 1995-2006 il tasso di crescita medio annuo della produttività del lavoro sarebbe stato pari all’1,1 per cento, invece che allo 0,9.
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