Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Matteo Salvini sulla spesa per l’accoglienza dei migranti. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.
Campagna elettorale continua
Negli ultimi giorni il clima politico si è oltremodo surriscaldato. Tra veti presidenziali, governi andati in fumo (e poi riciclati) e richieste di impeachment, si è sempre più diffusa la narrazione politica che vedrebbe un establishment finanziario, rappresentato dai “mercati” e dalle istituzioni europee, impedire alla compagine Lega-Movimento 5 stelle di governare il paese. La stessa narrazione è stata utilizzata da Matteo Salvini quando, parlando di immigrazione in una diretta Facebook, ha sostenuto che l’Europa non permette di tagliare la nostra spesa per gli immigrati:
“5 miliardi di euro sono previsti anche quest’anno per mantenere gli immigrati negli alberghi. Noi avevamo scritto l’impegno di dimezzare questa cifra […] e mettere 2 miliardi di euro per le espulsioni”.
Una frase apparentemente lineare, che tuttavia semplifica molto la complessa macchina italiana dell’accoglienza, di cui peraltro il leader del carroccio dovrà occuparsi a partire da oggi. In ogni caso, i punti toccati dalla dichiarazione di Salvini sono fondamentalmente due: quanto e come, in concreto, spendiamo per l’accoglienza.
Quanto spendiamo per la crisi dei migranti
I 5 miliardi a cui fa riferimento il segretario della Lega sono numeri che molto probabilmente provengono dal Documento di economia e finanza 2018, pubblicato a fine aprile. Nel documento, il governo Gentiloni ha previsto una spesa che va dai 4,6 ai 5 miliardi di euro per la gestione complessiva del fenomeno migratorio. Un dato in aumento rispetto al 2017, nonostante l’importante riduzione degli sbarchi a partire dal secondo semestre dell’anno scorso. Il numero di migranti presenti nelle strutture di accoglienza, infatti, non si riduce proporzionalmente agli sbarchi (anche a causa degli scarsi risultati dei piani UE per il ricollocamento) e l’esame delle domande di asilo richiede tempi piuttosto lunghi. Di conseguenza, nonostante la riduzione del flusso, i costi previsti per lo Stato italiano sono più alti di quanto ci si possa aspettare.
La cifra prospettata da Salvini sembra quindi corrispondere alla stima per eccesso prevista dal Def. Tuttavia, l’espressione “mantenere gli immigrati negli alberghi” è molto approssimativa se pensiamo alla complessità del sistema di accoglienza che l’Italia ha predisposto per tutelare chi arriva nel nostro territorio in cerca di asilo. Stiamo parlando, inoltre, di una sola voce della spesa totale che sosteniamo per la gestione del fenomeno. Una componente importante (circa il 68 per cento), ma non l’unica: le nostre risorse sono impiegate infatti anche per il soccorso in mare, per l’istruzione e per l’assistenza sanitaria. Senza contare che, di questi 4,6 miliardi, 80 milioni corrispondono a contributi dell’Unione europea.
In conclusione, per l’accoglienza dei migranti spendiamo, effettivamente, dai 3 ai 3,5 miliardi di euro.
Figura 1
Immigrati mantenuti negli alberghi?
Il secondo punto della dichiarazione di Salvini contiene un’altra indicazione fallace: non corrisponde al vero, infatti, che tutti gli immigrati siano “mantenuti negli alberghi”, come avevamo già smentito in un fact-checking di pochi mesi fa.
Cosa succede a un migrante una volta arrivato in Italia? Come spiega il focus della Camera dei deputati, il sistema di accoglienza dei migranti nel territorio italiano è stato ridisciplinato, nel corso della XVII legislatura, dal decreto legislativo n. 142/2015 (attuativo di direttive dell’Unione europea). In tale quadro, le funzioni di soccorso e prima assistenza dei migranti, nonché le funzioni di identificazione e screening sanitario, continuano a essere in parte svolte nei centri di prima accoglienza (Cpa) o centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa). A partire dalla fine del 2015, il sistema di accoglienza nazionale ha previsto inoltre l’allestimento dei cosiddetti hotspot, attualmente presenti a Lampedusa (chiuso temporaneamente), Pozzallo, Trapani, Messina e Taranto.
Una volta terminate le procedure di prima assistenza, il migrante può presentare o meno la richiesta di asilo. Chi non presenta la domanda o non ha i requisiti viene trasferito nei centri di permanenza per i rimpatri (Cpr).
L’accoglienza vera e propria dei richiedenti asilo si articola invece in due fasi: la fase di prima accoglienza per il completamento delle operazioni di identificazione del richiedente è assicurata dagli hub regionali di prima accoglienza, oppure dalle strutture denominate Cas (Centri di accoglienza straordinaria) in caso di massicci afflussi di rifugiati. L’individuazione di queste strutture viene effettuata dalle prefetture e il periodo di permanenza deve essere temporaneo. È proprio tra i Cas che si possono trovare anche strutture alberghiere, quali soluzioni di emergenza.
La fase di seconda accoglienza e integrazione si svolge infine nei centri del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che ospitano appunto i richiedenti e coloro ai quali è già stato riconosciuto lo status di rifugiato ma che non dispongono di sufficienti mezzi di sostentamento.
Secondo i dati contenuti nel Def 2018, le presenze nelle strutture hanno subito una leggera flessione, da 183.681 nel 2017 a 173.603 nei primi mesi del 2018. Di questi, la maggior parte è ospitata nei Cas (circa 138 mila), perché i servizi convenzionali a livello centrale e locale hanno capienza limitata: i centri di prima accoglienza ospitano infatti meno di 10 mila richiedenti e i centri Sprar circa 26 mila. Questo è dovuto anche alla riluttanza dei comuni ad aderire ai progetti Sprar: soltanto 1.200 comuni su un totale di 8 mila risultano coinvolti, e sono concentrati prevalentemente al Sud e nel Lazio.
Non esistono dati pubblici sul numero di migranti e richiedenti asilo accolti negli alberghi. Due considerazioni però ci vengono in soccorso: anzitutto, come mostrano le cifre del Def, una percentuale non trascurabile dei richiedenti è ospitata da Sprar e hub di prima accoglienza; in secondo luogo, come spiegava il Post, tra i Cas si contano in effetti anche strutture alberghiere, ma nella maggior parte dei casi si tratta di edifici completamente riadattati, come vecchi alberghi riaperti allo scopo o strutture di accoglienza religiosa. Molte realtà impegnate nell’accoglienza, inoltre, ospitano i richiedenti asilo in normali appartamenti. Pertanto, affermare in modo generico che gli immigrati siano “mantenuti negli alberghi” è indubbiamente una gonfiatura.
Figura 2
Il verdetto
Salvini ripropone uno dei temi bollenti della sua campagna elettorale e ancora una volta inciampa. Sui numeri, perché i 5 miliardi previsti dal Def 2018 sono destinati non soltanto all’accoglienza, ma anche alle operazioni di soccorso e assistenza sanitaria. E sulla narrazione, perché non è vero che manteniamo tutti i migranti e i richiedenti asilo negli alberghi. Si tratta, poi, di misure di emergenza, che non possono esser fatte passare per l’ordinaria amministrazione. L’accoglienza è una misura temporanea. La dichiarazione del neo-ministro dell’Interno è quindi, nel complesso, FALSA.
Ecco come facciamo il fact-checking. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
16 Commenti