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Se i poveri diventano sempre più poveri

Nel 2014-2015 i redditi delle famiglie italiane sono risaliti, ma povertà e disuguaglianza aumentano. La spiegazione va cercata in una crescita diseguale e nel crollo delle risorse disponibili registrato dal 5 per cento più povero della popolazione.

Povertà e disuguaglianza aumentano

I redditi delle famiglie italiane sono cresciuti nel biennio 2014-2015, ma povertà e disuguaglianza continuano ad aumentare. La spiegazione va ricercata in una crescita diseguale lungo la distribuzione dei redditi e nel crollo delle risorse disponibili registrato dal 5 per cento più povero della popolazione.
La disponibilità dei nuovi dati dell’Indagine su reddito e condizioni di vita (Eu-Silc) per l’anno 2016 (periodo d’imposta 2015) consente di osservare i cambiamenti più recenti intercorsi nella povertà e nella disuguaglianza dei redditi delle famiglie italiane. La tabella 1 mostra la variazione di alcuni dei principali indicatori dei due fenomeni nel quadriennio 2012-2015. Per semplicità, nelle tabelle viene riportato l’anno di riferimento del reddito e non quello dell’intervista. Per correggere le nostre stime da possibili anomalie legate alle code estreme della distribuzione del reddito, il reddito familiare disponibile degli individui che si trovano al di sotto del secondo percentile è stato parificato a quest’ultimo. Specularmente, è stato fatto lo stesso per gli individui con redditi superiori al 98° percentile. Tutti i valori presentati sono stati indicizzati al livello dei prezzi al consumo e sono stati applicati pesi campionari individuali.

Tabella 1 – Indicatori di povertà e disuguaglianza

Note: Gli indicatori di povertà e disuguaglianza sono stati calcolati facendo riferimento al reddito familiare disponibile reso equivalente tramite la scala Ocse modificata.Fonte: Elaborazioni su dati Udb It Silc 2013-2016.

Dopo anni di congiuntura economica negativa, si registra nel 2015 una crescita significativa del reddito disponibile medio rispetto all’anno precedente (+1,5 per cento). Contrariamente alle attese, l’aumento generalizzato del benessere monetario non è accompagnato da una diminuzione della povertà e della disuguaglianza, bensì da un incremento di entrambe, confermandone il trend crescente già in corso nel 2012.
A una più ampia diffusione della povertà nel 2015, segue un aumento dell’indice di intensità della povertà, mettendo in luce come i poveri siano diventati ancora “più poveri”. Anche l’indice di Gini cresce nel periodo considerato, come ulteriore segnale che l’aumento dei redditi medi verificatasi nel biennio 2014-2015 sia stato diseguale lungo la distribuzione del reddito familiare.

Se si divide la popolazione in ventili di reddito disponibile, dal più povero al più ricco, e si compara il reddito medio per ciascun gruppo nei quattro anni presi in esame, emerge un dato che desta molta preoccupazione (tabella 2). Se gli altri ventili vedono crescere in media il loro reddito, i due più poveri sono gli unici a subire una riduzione tra il 2014 e il 2015. Ciò che crea maggiore apprensione, tuttavia, è l’entità della variazione relativa registrata dal 5 per cento più povero della popolazione, che vede diminuire il proprio reddito familiare disponibile del 37 per cento. Un crollo che si concentra quasi interamente nel biennio 2014-2015 e che non trova riscontro nel triennio precedente, dove il reddito rimane pressoché costante. L’entità della variazione nel quadriennio si riduce (da 37 a 25 per cento) quando i redditi vengono resi equivalenti per la composizione del nucleo familiare.
L’aumento dell’indice di Gini va quindi ricondotto alla drastica riduzione delle risorse a disposizione del ventile di reddito più povero, nonché a un incremento crescente in termini relativi del reddito disponibile all’aumentare dei ventili considerati.

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Tabella 2 – Reddito familiare disponibile medio per ventile di reddito

Fonte: Elaborazioni su dati Udb It Silc 2013-2016.

Le determinanti del crollo di reddito nel biennio 2014-2015

La tabella 3 mostra che l’erosione delle risorse possedute dal primo ventile è dipesa principalmente da un crollo dei redditi da lavoro e pensionistici (rispettivamente -35 per cento e -53 per cento). Disaggregando i dati per macro-aree geografiche, il calo dei redditi si presenta distribuito in modo omogeneo nel territorio nazionale, salvo per il reddito da pensioni, dove il Nord e il Sud giocano un ruolo preponderante nella perdita complessiva di risorse.

Tabella 3 – Reddito disponibile, reddito da lavoro e reddito da pensioni degli individui nel primo ventile di reddito familiare disponibile suddiviso per macro-aree

Fonte: Elaborazioni su dati Udb It Silc 2015 e Udb It Silc 2016

I mutamenti a livello aggregato nel reddito familiare disponibile e nelle sue componenti non appaiono associati a cambiamenti rilevanti nelle principali caratteristiche demografiche e socio-economiche di questi individui nel biennio considerato. Tra le caratteristiche demografiche elencate nella tabella 4, l’unica che mostra una variazione significativa è la percentuale di persone che vivono in un’area densamente popolata (+5 per cento).

Tabella 4 – Caratteristiche socio-economiche degli individui nel primo ventile di reddito familiare disponibile

Fonte: Elaborazioni su dati Udb It Silc 2015 e Udb It Silc 2016.

Note: * L’intensità di lavoro è misurata come il rapporto tra il numero di mesi in cui si è lavorato e il numero complessivo dei mesi in un anno. ** Gli anni di lavoro retribuiti sono calcolati soltanto per coloro che percepiscono un reddito da pensioni strettamente maggiore di zero.

Per quanto riguarda le caratteristiche economiche, non si può dire che la diminuzione del reddito da lavoro scaturisca da una minore offerta di lavoro: la percentuale di occupati nel primo ventile è aumentata, così come il numero medio di ore da loro lavorate in una settimana. Ciò lascia intendere che il significativo calo dei redditi da lavoro sia associato ad aspetti di natura qualitativa più che quantitativa dell’offerta di lavoro. È probabile, ad esempio, che i lavoratori del primo ventile siano stati maggiormente impiegati in mansioni meno qualificate e remunerative.
Con riferimento alla drastica erosione dei redditi pensionistici, questa non appare collegata né alla quota di pensionati né agli anni di lavoro retribuiti nell’intera storia contributiva. Questi ultimi, anzi, aumentano mediamente da 29,6 a 31,6 anni per il gruppo di persone considerato. Sembra dunque che anche qui la remuneratività dell’attività lavorativa svolta prima di andare in pensione sia determinante nella diminuzione dei redditi pensionistici, insieme forse alla maggiore probabilità di trovare un pensionato che vive da solo piuttosto che in coppia.
In conclusione, l’aumento del reddito medio nel biennio 2014-2015 sembra suggerire un miglioramento delle condizioni reali per le famiglie italiane e un parziale superamento della crisi economica. L’incremento manca tuttavia di omogeneità, perché non riguarda le famiglie povere e appare piuttosto flebile tra le classi medie. Nell’anno 2015, dunque, ancora nessuna tregua per i più poveri.

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  1. Savino

    I più poveri li trovate tra i giovani, tra quelli che lavorano in modo precario e con salario non sufficiente all’autonomia economia (spesso, ex lavoratori autonomi) e tra quelli che vivono nei grandi aggregati urbani in periferia.
    Non c’è da aiutare i pensionati, non c’è da aiutare i dipendenti pubblici, non c’è da aiutare i furbetti dell’ISEE, soprattutto quelli del sud. Perchè nel meridione (lo dico da meridionale) c’è differenza tra la povertà statistica e il familismo amorale normalizzante.

  2. enzo

    Appare anche un dato più semplice e brutale. Dal 2012 al 2015 i primi dieci ventili hanno subito una riduzione di reddito i successivi dieci un incremento. Quindi si è avuta una redistribuzione del reddito dai poveri a favore dei ricchi . la variazione del primo ventile appare veramente drammatica. Forse alla luce di questi dati un partito già di governo e sedicente di “sinistra” potrebbe più che farsi delle domande darsi delle risposte sulle cause dei suoi destini elettorali

  3. Michele Lalla

    Lavoro molto interessante. Mi colpiscono i dati della Tabella 3, perché in un anno il reddito da pensione del primo ventile passa da 978 a a 457 per l’Italia, dal 2014 al 2015. A prima vista, direi che potrebbe esserci stato qualche errore (o di rilevazione o di elaborazione), perché un dimezzamento da un anno all’altro pare eccessivo comunque.

    • Giovanni Gallo

      Caro Michele,
      comprendo i tuoi dubbi sul fatto che i nostri risultati possano essere dipesi dalla costruzione del campione di riferimento per l’anno 2016 (redditi 2015). Abbiamo tuttavia verificato che il forte calo del reddito familiare disponibile e dei redditi pensionistici nel primo ventile è comune a tutti e quattro i gruppi “rotanti” che costituiscono il campione EU-SILC. Inoltre la composizione del ventile praticamente coincide, sempre in termini di rotation group, con quella del campione totale. Non sembra dunque che i nostri risultati dipendano dal disegno campionario o da una “pesca sfortunata” nel 2016 per la formazione del nuovo gruppo.
      Ricordo, comunque, che la nostra analisi si basa su dati trasversali e che quindi non è detto che le persone che fanno parte del 5% più povero della popolazione nel 2015 siano esattamente le stesse nel 2016.

    • rovatti franca

      Concordo. Come fa il reddito da pensione a dimezzare in 1 anno?

  4. rovatti franca

    il reddito da pensioni dimezza in 1 anno? Come è stato possibile? Sicuri dei dati?

    • Giovanni Gallo

      Cara Franca, come scritto anche nella risposta a Michele, non è detto che le persone e le famiglie nel primo ventile siano esattamente le stesse nel 2016 (redditi 2015) rispetto al 2015 (redditi 2014).
      Di conseguenza, quando diciamo che il reddito da pensioni si dimezza in un anno, ciò non significa che sia la stessa famiglia a subirlo ma che lo si registra in media.

  5. Paolo Consolini

    Ho letto con una certa attenzione l’articolo dei due autori, devo dire che l’operazione di winsorizing delle code estreme disallinea il dato in esame al “reddito disponibile familiare” ufficiale dell’Istat, in particolare nell’ultima statistica report dell’indagine Eu-Silc (dicembre 2017 anno redditi 2016) esso è pari a 29.988 euro, se si escludono gli affitti figurativi, valore che sale a 34.743 euro se si include la componente figurativa (abitazione principale). Il risultato che il reddito medio familiare disponibile corretto 2016 del primo “ventile” decresca sensibilmente rispetto all’anno precedente credo si spieghi col fatto che le famiglie con redditi nulli o negativi crescono, tra le due ultime edizioni, di circa 180 mila unità, trascinando verso il basso la media nella coda inferiore dei redditi, nonostante il bottom coding al 2%. Nulla di trascendente accade poi sul lato dei redditi familiari da lavoro, poiché se analizziamo le sole famiglie con i redditi familiari positivi (e si ricalcolano i ventili eliminando la distorsione di cui sopra) e quelle con soli redditi da lavoro positivi (escludiamo quindi gli zeri) le medie del primo ventile tra i due anni si attestano a 3.843 euro e 3.464 euro. Per quanto concerne i redditi pensionistici, l’abbassamento del valore nel primo ventile tra i due anni si spiega con l’esponenziale erogazione 2015 degli arretrati pensionistici (importi polverizzati) dovuti al decreto legge n. 65/2015 in tema di perequazione pensionistica.

  6. Paolo Consolini

    scusate intendevo redditi 2015 al posto di redditi 2016….

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