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Diritti tv: il calcio nel pallone

Dopo la decisione del tribunale di Milano sui diritti tv per il prossimo campionato di calcio, si è rafforzata la posizione di Sky nel braccio di ferro con Mediapro. Ma un accordo conviene a tutti. Perché il settore affronta un cambiamento radicale.

Storia di un bando

Da qualche tempo, soprattutto dopo la recente decisione del tribunale di Milano, il caos regna sovrano in tema di diritti calcistici e allo stato attuale pare difficile che tutto possa risolversi prima dell’inizio del prossimo campionato di serie A. Ripercorriamo rapidamente i fatti.
Il 5 febbraio 2018 la Lega di serie A assegna i diritti audiovisivi relativi al campionato per il triennio 2018/2021. Aggiudicataria è la società ispano-cinese Mediapro, in qualità di “intermediario indipendente”, con un’offerta conclusiva, dopo trattativa privata con la Lega, di 1.050.001.000 euro, superiore al prezzo minimo stabilito dal bando. L’assegnazione fa seguito alla mancata aggiudicazione dei diritti da parte degli “operatori della comunicazione” (editori televisivi come Sky e Mediaset), dopo che due bandi precedenti non avevano raggiunto gli obiettivi economici prefissati dalla Lega e dall’advisor Infront.
In conformità con la legge Melandri, la decisione della Lega è soggetta all’approvazione da parte della Autorità antitrust, chiamata a dare una risposta anche all’obiezione sulla reale natura dell’attività dell’aggiudicatario avanzata dal soggetto che più di altri risulta il vero sconfitto nella vicenda, cioè Sky. Il 14 marzo l’Autorità delibera la conformità dei risultati e dei criteri adottati nella procedura competitiva alle disposizioni del decreto Melandri, precisando però che Mediapro è comunque tenuto a svolgere un’attività di intermediazione di diritti audiovisivi, che gli impedisce, in qualità di intermediario “indipendente”, di svolgere attività che determinino l’insorgere di rapporti di concorrenza con gli operatori della comunicazione (da leggersi tra l’altro come niente canale della Lega). Al contempo, l’Autorità ritiene necessario che sia garantita ai sub-licenziatari la più ampia iniziativa imprenditoriale ed editoriale nel confezionamento dei singoli prodotti audiovisivi, nel rispetto di quanto prescrivono normativa e linee guida indicate dalla stessa Agcm in occasione dei precedenti bandi.
Il 7 aprile, preceduto dalla notizia del clamoroso accordo tra Sky e Mediaset (che mette spalle al muro Mediapro perché di fatto si trova a trattare con una sola reale controparte, Sky), Mediapro emette finalmente un bando finalizzato a massimizzare i ricavi o quantomeno a coprire gli ingenti costi sostenuti per accaparrarsi i diritti. Le principali novità del bando sono la vendita solo per piattaforma e non per prodotto; l’assenza di una minima base d’asta; una rivendita non solo del diritto ma anche della trasmissione, con conseguenti ricavi pubblicitari (stimati in circa 100 milioni di euro) in capo alla stessa Mediapro e non agli aggiudicatari. Anche questo bando suscita la reazione di Sky, che si rivolge al tribunale di Milano per il suo annullamento. Dopo la sospensiva immediata del 16 aprile, che congela di fatto anche la fidejussione miliardaria di Mediapro alla Lega, il 9 maggio arriva la decisione che dà ragione a Sky e annulla il bando. Mediapro afferma che si opporrà alla decisione (dilatando il tutto di altri 15 giorni) e così il mondo del calcio va letteralmente nel pallone e diventano concreti i rischi che si possa arrivare all’inizio del campionato con ancora in mano la patata bollente.

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L’accordo conviene a tutti

Quale è dunque lo scenario che ora si prospetta? Partiamo dai pochi punti fermi.
In primo luogo, c’è un problema oggettivo, dato dalla mancanza di veri concorrenti a Sky nella vicenda. Per chi voglia ottenere maggiori ricavi – ed è il caso di Mediapro (e della Lega) – diventa così meno appetibile il modello di vendita per prodotto, basato sull’esclusiva totale (un acquirente acquista tutto o quantomeno è l’unico acquirente della parte più desiderabile della torta), che richiede la partecipazione alla gara di almeno due o più concorrenti di una certa consistenza. In questo caso, invece, venditore (monopolista) e principale acquirente (unico partecipante e dunque di fatto monopsonista) devono trovare un accordo su un prezzo che vada ugualmente bene a entrambi, e ciò ha un rischio: la doppia rendita dei due soggetti e un prevedibile aumento dei prezzi in capo al consumatore.
Tuttavia, l’Autorità antitrust è chiamata comunque a vigilare sull’intero processo e, d’altra parte, il prezzo di partenza “vincolante” offerto da Mediapro alla Lega, che non tiene conto della mutata e contingente situazione del mercato italiano, risulta certamente più alto di quello che lo stesso mercato (e il principale interessato) possono garantire. I margini di trattativa sono dunque molto limitati, tanto più che dopo l’accordo Sky-Mediaset e la decisione del tribunale di Milano il rapporto di forza si è ora spostato a tutto vantaggio di Sky.
Certamente, nelle prossime settimane, la Lega spingerà per raggiungere un accordo, meglio se attraverso Mediapro, in modo da garantirsi le somme concordate, ma è anche vero che il risultato dipende ora molto più dall’atteggiamento di Sky. La soluzione non appare né semplice né dietro l’angolo, ma alla fine dei conti anche per Sky potrebbe essere conveniente chiudere in tempi rapidi, senza aspettare un terzo bando, vista l’attuale condizione negoziale di vantaggio, che potrebbe non rimanere tale a lungo di fronte alle radicali trasformazioni che il settore attraversa e ai rischi che tutto ciò comporta soprattutto per i tradizionali operatori a pagamento.

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E se il nuovo cda facesse l’interesse di Tim?

  1. Savino

    E’ chiaro dalle argomentazioni dell’aticolo: tutto si è spostato in vantaggio di Sky, cioè di un monopolista che ha orientato in una direzione sola i gusti e le abitudini.

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