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La classe sociale non fa il bullo*

Vero che gli episodi di bullismo sono meno frequenti nei licei rispetto agli altri indirizzi di studi. È quanto si ricava dalla lettura dell’indagine Invalsi. Ma non sembra dipendere dalla classe sociale di provenienza degli studenti.

Atti di bullismo per tipo di scuola

Qualche giorno fa, Michele Serra ha rinverdito il dibattito sulle classi sociali e su come si perpetuano tra generazioni. Due i punti principali del suo articolo: 1) la scuola italiana è stratificata: i figli di genitori ricchi e istruiti vanno al liceo, gli altri frequentano gli istituti tecnici e professionali; 2) di conseguenza, in questi ultimi c’è più bullismo che nei licei.

Ma che cosa dicono in proposito i dati? Sui social network molti hanno fatto notare che secondo l’indagine Istat nel 2014 il 54,5 per cento degli studenti liceali si era dichiarato vittima di atti di bullismo, contro il 50 per cento circa degli studenti negli istituti tecnici e professionali.
Informazioni più precise possono essere tratte dall’indagine Invalsi sull’anno scolastico 2014-2015. Questi dati coprono l’intera popolazione degli studenti che frequentano la seconda superiore (mentre l’indagine Istat è campionaria e riferita a ragazzi fra gli 11 e i 17 anni di età). Soprattutto, il questionario Invalsi chiede ai ragazzi non solo se sono stati vittime di atti di bullismo, ma anche se ne sono stati autori. E permette di differenziare gli atti di bullismo a seconda della loro gravità.
Se accorpiamo tutti i fenomeni di bullismo (prendere in giro, insultare, escludere e picchiare) non ci sono differenze legate all’origine sociale: i ragazzi con almeno un genitore laureato hanno probabilità di essere “vittime” e di essere “bulli” simili a quelle dei ragazzi con entrambi i genitori senza laurea. Per contro, sia le vittime sia i bulli sono più diffusi fra gli studenti degli istituti tecnici e professionali che fra gli studenti liceali. Un simile quadro appare anche quando ci concentriamo sugli episodi di bullismo più gravi (picchiare ed essere picchiati), benché in questo caso emerga una leggera prevalenza di bulli (picchiatori) tra i figli di genitori non laureati (13 per cento contro il 10 per cento dei figli di genitori laureati).

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Michele Serra ha dunque probabilmente ragione nell’affermare che gli episodi di bullismo sono meno frequenti nei licei rispetto agli altri indirizzi di studi, ma non sembra esserci evidenza che questo sia dovuto alla classe sociale di provenienza, misurata dal grado di istruzione dei genitori.

Tabella 1

*Le idee e le opinioni sono quelle degli autori e non investono la responsabilità delle istituzioni di appartenenza.

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  1. Savino

    In qualsiasi ambiente dove non vengono insegnati il rispetto e il sacrificio c’è bullismo.
    Ci sono anche tanti figli di papà che per noia compiono certe azioni.
    Se i genitori sono moralmente dei falliti non hanno alcun titolo per criticare la scuola o le istituzioni.

  2. Virginio Zaffaroni

    L’affermazione che i figli dei genitori ricchi e istruiti vanno al liceo di Serra mi appare superficiale. Intanto andrebbe distinto chi “va al liceo” da chi al liceo riesce a rimanere. Puoi essere figlio di genitori ricchi e istruiti che ti “fanno andare al liceo” a prescindere; ma se non hai l’inclinazione personale al liceo non rimani. Certamente benessere e cultura famigliare rimangono purtroppo i soli veri pre-requisiti per uno studio alto, ma in seguito è l’attitudine personale allo studio impegnativo (in un Classico serio si studia sempre, tranne sabato pomeriggio e domenica, forse). Credo sia quindi quest’ultimo fattore a tenere il bullismo liceale sotto controllo. Al liceo si studia ancora (fino a quando?) e gli insegnanti generalmente appaiono motivati (fino a quando?). Si dia motivazione e orgoglio anche agli istituti tecnici, si restituisca alla scuola una forte autorevolezza (anche simbolica, ci si dovrebbe alzare ancora in piedi quando entra il prof) e anche lì il bullismo (quello contro gli insegnanti) diminuirà. Perché andrebbe distinto il tradizionale bullismo intra-alunni da quello, recentissimo, contro i professori.

  3. Stefano Feltri

    Il commento non c’entra nulla con quello che ha scritto Michele Serra che non parlava del bullismo TRA studenti ma delle violenze degli studenti verso gli insegnanti (sulle quali non mi risulta ci siano dati per censo). Serra lega uno degli elementi del populismo – la propensione all’orizzontalità e alla negazione dei rapporti di forza – agli atti di ribellione degli studenti verso gli insegnanti. Si può discutere se sia una tesi fondata, ma obiettare che c’è bullismo nelle scuole dei ricchi quanto in quelle dei poveri mi sembra poco pertinente. In base alla cronaca, non ricordo atti di violenza verso professori di liceo (sui quali, magari, ci sono invece più pressione da parte degli insegnanti). Poiché il punto di Serra è il rapporto con l’autorità, non si può neppure inferire che dove c’è molto bullismo tra studenti ci sia anche molto bullismo verso i professori.

    • Savino

      Il ribellismo ha sguazzato per decenni nella subcultura del ’68 e nei suoi falsi miti.
      La ribellione all’autorità era ideologicamente vuota.
      Infatti, a distanza di 50 anni, le utopie sono svanite, la società è molto più povera e squallida di prima, mentre lo spirito ribellista è rimasto. Adesso sfamiamoci con quello, che ci mette gli uni contro gli altri, grazie all’egoismo dei padri verso i figli e al rancore grillino.

    • Virginio Zaffaroni

      Vorrei a chiedere a Feltri (di cui ho letto con grande interesse “Populismo sovrano”) di chiarire meglio il passaggio sulla “maggiore pressione da parte degli insegnanti” il cui senso francamente non mi è chiaro.v

  4. arthemis

    recupero l’articolo originale, perché mi pare che Serra non abbia detto che negli istituti tecnici ci siano più episodi di bullismo verso gli altri studenti, ma più episodi di bullismo verso i docenti (che è cosa diversa).

  5. Dina Labbrozzi

    Lavoro da più di 10 anni in un Istituto Professionale, tradizionalmente frequentato da allievi provenienti da famiglie di estrazione sociale medio-bassa. Ho maturato l’idea che il bullismo si manifesta quando gli adulti – non solo insegnanti – rinunciano ad esercitare il loro ruolo educativo ed a utilizzare in modo coerente gli strumenti di cui dispongono. Per esempio, tutti gli Istituti presentano un Regolamento (patto formativo) che molto spesso è disatteso, dagli insegnanti stessi o dai Dirigenti, con motivazioni varie, come la tendenza a minimizzare la gravità dei comportamenti oppure più banalmente il rifiuto a convocare i Consigli di classe straordinari, necessari a comminare le sanzioni spesso puntigliosamente riportate nei regolamenti. In tal senso il bullismo è un fenomeno che riguarda molto più gli insegnanti che gli allievi e chiama in causa la coerenza del loro agire, la motivazione verso il lavoro, la responsabilità professionale.

    • Andrea

      Sono insegnante in un istituto professionale e confermo la tua riflessione, aggiungendo il motivo che, a mio parere, spinge docenti e dirigenti a chiudere un occhio di fronte a comportamenti inadeguati degli studenti: la paura di perdere iscritti, subire contrazioni di classi e quindi creazione di docenti sovrannumerari e di accorpamento di istituti. Si permetta la costituzione di prime classi con meno di 20 alunni, si consenta di bocciare serenamente e probabilmente il docente acquisterà nuovamente quel senso di rispetto perduto.

  6. Markus Cirone

    A dire il vero, Michele Serra parlava di “livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole”. Il bullismo è solo la manifestazione più eclatante, ma statisticamente irrilevante, di questo. Leggere con attenzione quel che altri scrivono prima di commentarlo non sarebbe male.

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