Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Luigi Di Maio sul sussidio di disoccupazione. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.
Il nuovo round Di Maio-Renzi
A due mesi dalle elezioni del 4 marzo, le forze politiche non hanno ancora trovato un accordo per formare una maggioranza parlamentare. Sono troppe le distanze tra i principali partiti politici, che vengono spesso rimarcate dagli stessi leader che dovrebbero poi allearsi in Parlamento.
È quello che hanno fatto, per esempio, Luigi Di Maio e Matteo Renzi in un confronto a distanza sul tema del reddito di cittadinanza. Dopo che Renzi, nell’intervista a Che tempo che fa del 29 aprile, aveva accusato il M5s di voler dare un “sussidio a tutti” per “non fare niente” – commettendo alcune imprecisioni che abbiamo già esaminato più volte (qui e qui) – Luigi Di Maio, in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook il 30 aprile, ha risposto:
“Per lui un padre di famiglia che perde il lavoro va lasciato solo dallo stato, senza alcun reddito. Ha detto che bisogna dargli un lavoro, certo, ma mentre cerca un lavoro cosa dai da mangiare ai suoi figli? Non li manda più a scuola? Se ci mette 6 mesi a trovare un lavoro, come vivono per 6 mesi una famiglia con 2 figli in cui l’unico reddito era quello del padre?”
Un messaggio importante per voi.
Bisogna tornare al voto il prima possibile. Tutti parlano di inserire un ballottaggio nella legge elettorale, ma il ballottaggio sono le prossime elezioni. Quindi dico a Salvini, adesso chiediamo insieme di andare a votare, e facciamolo finalmente questo secondo turno a giugno. Visto che i partiti hanno paura del cambiamento. Allora facciamo scegliere ai cittadini tra rivoluzione e restaurazione.
Pubblicato da Luigi Di Maio su Lunedì 30 aprile 2018
Quello che sostiene il capo politico del M5s è che oggi, senza il reddito di cittadinanza, chi perde il lavoro verrebbe “lasciato solo dallo stato”, che non gli garantirebbe alcun reddito.
È proprio vero che non ci sono sussidi di disoccupazione?
Al contrario di quanto afferma Luigi Di Maio, in Italia è già presente un sistema di sussidi di disoccupazione. È stato modificato dal decreto legislativo 22/2015, che ha rimpiazzato gli strumenti dell’Aspi e mini-Aspi, introdotti dalla riforma Fornero, con la nuova assicurazione sociale per l’impiego (Naspi).
Come è stato già evidenziato, la Naspi è destinata a tutti i lavoratori dipendenti, esclusi quelli a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, abbiano maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti e possano far valere almeno 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi.
Con caratteristiche simili a quelle presenti nel disegno di legge sul reddito di cittadinanza presentato dai parlamentari M5s, la normativa sulla Naspi impone al beneficiario di partecipare alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione presso i centri per l’impiego, pena la perdita dell’assegno. La Naspi si interrompe se il lavoratore trova una nuova occupazione, inizia un’attività lavorativa in forma autonoma o raggiunge i requisiti per il pensionamento. Inoltre, in sostituzione del sussidio mensile, il beneficiario può richiedere la liquidazione totale del trattamento che gli spetta in un’unica soluzione, come incentivo all’avvio di un’attività lavorativa autonoma.
La Naspi dovrebbe quindi svolgere proprio quella funzione di ponte reddituale tra la perdita di un’occupazione e l’inizio di una nuova, che viene invocata da Di Maio e che, in base alla sua dichiarazione, non sarebbe presente nell’attuale legislazione degli ammortizzatori sociali.
Quanto riceverebbe un padre disoccupato?
Proviamo ora a calcolare quanto riceverebbe l’ipotetico padre di famiglia, citato da Di Maio, che involontariamente perde il lavoro e con un nucleo famigliare monoreddito di quattro componenti, con la Naspi o con il reddito di cittadinanza che eventualmente la sostituisse. Perché è proprio Di Maio che sottolinea come solo il reddito di cittadinanza potrebbe venire temporaneamente in soccorso di questa famiglia.
Il calcolo della Naspi è regolamentato dall’articolo 4 del decreto legislativo 22/2015, poi recepito e diffuso tramite la circolare 94/2015 dell’Inps. La durata massima della Naspi è di due anni e a partire dal quarto mese l’assegno viene decurtato del 3 per cento, come incentivo per il lavoratore a cercare una nuova occupazione. L’indennità mensile è uguale alla somma del 75 per cento di 1.195 euro (cifra utilizzata nel 2015 come punto di riferimento del decreto) e il 25 per cento della differenza tra il reddito percepito e 1.195 euro. Nel caso in cui lo stipendio mensile fosse minore di 1.195 euro, il sussidio sarebbe uguale al 75 per cento della retribuzione; in caso contrario, non potrebbe comunque essere maggiore di 1.300 euro mensili, rivalutati annualmente sulla base dell’inflazione.
Ipotizziamo che quando lavorava il padre di famiglia percepisse un reddito mensile di 1.500 euro e che, dopo 6 mesi di disoccupazione, sia riuscito a trovare una nuova posizione lavorativa. Nei primi 3 mesi di disoccupazione riceverebbe un assegno di circa 972 euro (0.75*1195+(1500-1195)*0.25), che poi diminuirebbe gradualmente per arrivare al sesto mese a un sussidio di circa 887 euro.
Il reddito di cittadinanza per una famiglia di quattro persone con due figli minori, nella proposta del M5s, sarebbe pari a un massimo di 1.638 euro mensili, come abbiamo già sottolineato senza limiti di tempo, ma sarebbe comunque condizionato a diversi obblighi in termini di ricerca di lavoro, disponibilità a impegnarsi in attività utili alla collettività e riqualificazione professionale.
Tabella 1 – Naspi e reddito di cittadinanza per un lavoratore con stipendio di 1500 euro e famiglia da 4 componenti (cifre in euro)
Naspi | Reddito di cittadinanza | |
Primo mese | 972.5 | 1638 |
Secondo mese | 972.5 | 1638 |
Terzo mese | 972.5 | 1638 |
Quarto mese | 943.3 | 1638 |
Quinto mese | 915 | 1638 |
Sesto mese | 887.6 | 1638 |
Ovviamente, il ragionamento è utile solo per un fine comparativo, dato che non sappiamo se e come il reddito di cittadinanza sostituirebbe gli strumenti oggi in vigore contro la disoccupazione e la povertà. Inoltre, si tratta di strumenti per natura diversi: la Naspi è un sussidio di disoccupazione, che quindi dipende dallo stipendio percepito e non dai componenti del nucleo famigliare, mentre il reddito di cittadinanza è un reddito minimo garantito, che dipenderebbe solo dalla soglia di povertà applicata allo specifico nucleo famigliare. Il punto importante da sottolineare, però, è che, al contrario di quanto sostenuto da Di Maio, l’attuale sistema di sussidi di disoccupazione garantirebbe al lavoratore licenziato un assegno, pari in media al 63 per cento del vecchio stipendio, per tutto l’intervallo che intercorre tra la perdita e l’avvio di un nuovo lavoro. Inoltre, anche nel caso in cui il lavoratore non trovasse un’altra occupazione alla fine dei due anni della Naspi e rispettasse i requisiti reddituali e patrimoniali potrebbe beneficiare del reddito d’inclusione.
Il verdetto
Matteo Renzi muove critiche non molto fondate alla proposta di reddito di cittadinanza elaborata dal M5s. Tuttavia, per rispondere a queste accuse e per sottolineare l’importanza del progetto, Luigi Di Maio commette un grave errore nel descrivere l’attuale sistema di sussidi, sostenendo che un padre che perde il posto di lavoro non avrebbe diritto a nessun trattamento da parte dello stato. La Naspi, al contrario, gli garantirebbe un reddito per tutti i sei mesi necessari alla ricerca del nuovo lavoro. La dichiarazione di Di Maio è pertanto FALSA.
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