Disney, Comcast e Fox si contendono Sky, che nel frattempo ha sottoscritto per l’Europa un accordo con Netflix. Sono tutte grandi manovre di un settore in trasformazione. Ed è una partita che definirà gli scenari competitivi dei prossimi anni.

Un paradigma in mutamento

In questo periodo di grandi manovre, che nelle ultime settimane vedono Sky al contempo protagonista e oggetto di desiderio, ciò che emerge è la crisi e la trasformazione del modello che ha caratterizzato il settore audiovisivo e della pay TV .
Dal matrimonio AT&T-Time Warner, a quelli Disney-Fox o in alternativa Comcast-Sky, a cui si aggiunge la stessa Fox che intende acquistare il 60 per cento mancante di Sky, fino ad arrivare alla recentissima partnership annunciata tra Sky e Netflix, tutto questo dinamismo prefigura, oltre a un grosso lavoro per avvocati e autorità di concorrenza nell’immediato, l’inizio di una ridefinizione complessiva e radicale del campo da gioco su scala globale, che arriverà a una conclusione solo nei prossimi anni.
Indipendentemente dal successo della sua sfida globale, che è solo all’inizio, Netflix ha cambiato il paradigma consolidato con il quale per decenni la televisione, il cinema e l’immaginario audiovisivo sono stati finanziati, prodotti, distribuiti e consumati. Poche società di produzione, le major, a dominare l’industria audiovisiva. Pochi operatori, spesso verticalmente integrati con queste società, a dominare, specialmente in Europa, il mercato della pay tv: i primi massimizzando i ricavi, estendendoli a una pluralità di fonti di finanziamento (finestre), incrementando i costi di produzione per accaparrarsi i migliori talenti e in questo modo accrescendo le barriere all’ingresso per i potenziali nuovi entranti. A loro volta, i grandi distributori (le tv, in particolare quelle a pagamento) in grado in questo modo di acquisire contenuti unici e attraenti da rivendere ai loro utenti o abbonati, aumentando i propri ricavi e il loro peso sull’intero mercato televisivo.

Perché l’accordo con Netflix?

Internet, anche in questo ambito, ha spezzato i tradizionali meccanismi di mercato (a cominciare dalle finestre e dalla messa in crisi dei modelli di business delle pay tv) e Netflix per primo ha tratto vantaggio dalla rivoluzione diventando operatore globale a 360 gradi sia sul lato produzione che su quello distribuzione, in diretta concorrenza con l’estabilishment audiovisivo.
Oggi Sky, che ha rappresentato negli ultimi anni l’unica televisione in grado di garantire al consumatore l’intera offerta televisiva completa, in chiaro e a pagamento, sul modello di tv lineare basata su palinsesto e su contenuti esclusivi premium (serie, film e sport), vede invece parte degli utenti privilegiare, per tempi più o meno lunghi e – cosa ancora più preoccupante – in continuo aumento, offerte diverse e al di fuori del mondo Sky.
Nella prospettiva di Netflix l’accordo in fondo non è diverso da quello sottoscritto con altri operatori come Liberty Media, Deutsche Telekom e tanti altri in Europa come nel resto del mondo: accrescere la possibilità per i consumatori di accedere ai propri contenuti, estendendo il numero di abbonati.
Per Sky si tratta invece di una vera e propria rivoluzione, la cui portata dipenderà anche dalle vere ragioni che l’hanno spinta all’intesa con Netflix.
Se l’obiettivo rimane quello di mantenere nel proprio mondo chiuso tutti i propri abbonati, riducendo le spinte verso offerte alternative e in questo modo ridurre il tasso di abbandono (cord cutting), allora il rischio è di pagare un alto prezzo per risultati incerti e che dovranno fare i conti con la disponibilità di spesa non infinita degli abbonati e un numero di offerte in streaming sempre più ampie proposte da operatori molto agguerriti (Amazon, Facebook, Apple, Disney), difficili, per non dire impossibile, da includere tutti nel proprio giardino chiuso.
Se invece l’intesa segna l’inizio di una strategia più aggressiva di trasformazione del modello di business di Sky, magari più concentrato su modelli di offerta anche non lineari, sul broadband e sullo streaming con accordi strategici con il maggiore operatore di video on demand al mondo, allora il rischio è maggiore, ma le possibilità di riuscita più ampie.
L’acquisizione delle attività del gruppo Sky (insieme alle altre di 21th Century Fox) da parte di Disney andrebbe proprio a scontrarsi con quest’ultima strategia, visto che la società di Topolino è stata la prima ad affrancarsi da Netflix, rompendo gli accordi di distribuzione che aveva siglato con la società di Reed Hastings.
Diverso invece se l’acquirente sarà Comcast, che, dopo esserne stato il più diretto e fiero oppositore (sulla preferenza data ai suoi servizi rispetto a Netflix ha preso le mosse la net neutrality), è stato poi anche il primo a sottoscrivere accordi con Netflix e altri servizi di video streaming in Usa.
A cominciare da chi risulterà il vincitore della partita per Sky, le prossime settimane saranno dunque fondamentali per definire gli scenari competitivi che ci attendono nei prossimi anni.

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