Firmata l’intesa preliminare tra lo stato e le tre regioni che hanno richiesto maggiore autonomia. I contenuti dell’accordo sono positivi e probabilmente superiori alle aspettative. Ma non su tutti i temi c’è stata uniformità tra le regioni. E questo è un bene.
L’azione delle tre regioni
Il 28 febbraio, il Governo, rappresentato dal sottosegretario per gli Affari regionali e le autonomie, e i presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno firmato l’accordo preliminare in merito all’Intesa prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Dopo la risoluzione del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna del 3 ottobre e il referendum consultivo per l’autonomia del 22 ottobre in Veneto e Lombardia è iniziato il negoziato con il governo.
Le tre regioni e il governo hanno concordato che le modalità per l’attribuzione delle risorse necessarie all’esercizio delle nuove responsabilità saranno decise da una commissione paritetica stato-regioni che dovrà definire:
a) la compartecipazione o riserva di aliquota al gettito di un tributo erariale maturato nel territorio regionale;
b) la spesa sostenuta dallo stato nella regione riferita alle funzioni trasferite o assegnate (costo storico);
c) i fabbisogni standard per superare la spesa storica.
Resta da vedere come sarà composta e cosa farà la commissione. Ed è il primo nodo da sciogliere.
Pur partendo da posizioni diverse circa le procedure da seguire (il 15 novembre il Consiglio regionale del Veneto aveva approvato la proposta di legge da trasmettere al parlamento), per l’approvazione dell’Intesa è stato condiviso il procedimento utilizzato per quelle tra lo stato e le confessioni religiose, che prevede la ratifica del parlamento a maggioranza qualificata, senza possibilità di emendare il testo. Nella fase iniziale, il negoziato è stato circoscritto a un primo gruppo di materie. Dunque, è su quest’ultimo punto e sulla procedura di approvazione che si è realizzata la vera convergenza tra le regioni, più che sui contenuti delle tre intese.
Uniformità o differenziazione?
L’accordo riguarda politiche del lavoro, istruzione, salute, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, rapporti internazionali e con l’Unione europea.
Per il lavoro, alle regioni è riconosciuta autonomia legislativa e organizzativa per le politiche attive; è attribuita la competenza legislativa per l’introduzione e la disciplina di misure complementari di controllo.
Per l’istruzione (competenza statale) spetterà alle regioni la programmazione dell’offerta di istruzione regionale; la disciplina dell’ istruzione e della formazione professionale; lo sviluppo delle relazioni fra autonomie scolastiche, universitarie e imprese; il raccordo tra istruzione tecnica e formazione universitaria; la programmazione dell’offerta integrativa di percorsi universitari; la costituzione di un fondo per la didattica, l’edilizia scolastica e interventi anti-sismici.
Le differenze sono poche: per l’Emilia Romagna l’attivazione di due fondi, uno per la ricerca e lo sviluppo della terza missione, l’altro per le residenze universitarie, il diritto allo studio scolastico e universitario. Per la Lombardia il fondo per il diritto allo studio scolastico e universitario.
Sulla salute, è attribuita una maggiore autonomia per i fondi sanitari integrativi e per rimuovere i vincoli di spesa statali; per l’accesso alle scuole di specializzazione; per la governance del servizio sanitario. Le regioni potranno stipulare contratti di specializzazione-lavoro per i medici; programmare interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico; sottoporre all’Agenzia del farmaco valutazioni su diversi farmaci.
Qui, le differenze principali riguardano l’autonomia del sistema tariffario per Emilia Romagna e Veneto, la formazione dei medici di medicina generale per la Lombardia, la distribuzione dei farmaci per particolari tipologie di pazienti per l’Emilia Romagna.
Per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (competenza statale) le regioni potranno disciplinare e assegnare le funzioni amministrative non attribuite a enti dello Stato; disciplinare le funzioni amministrative degli enti locali; proporre l’adozione di regolamenti generali di competenza dello Stato.
In questo caso, le differenze sono rilevanti. Riguardano principalmente la difesa del suolo, la gestione dei rifiuti, la prevenzione e il ripristino ambientale, gli interventi di bonifica dei siti d’interesse nazionale e le funzioni degli enti locali per controlli pareri, ispezioni, ordinanze, accertamenti e sanzioni.
Per i rapporti internazionali e con l’Unione Europea, le regioni hanno ottenuto il rafforzamento della loro partecipazione alla formazione delle politiche comunitarie, alla cooperazione transfrontaliera e alla costruzione delle strategie macroregionali.
In attesa del lavoro della commissione paritetica e del completamento dell’Intesa – il secondo nodo da sciogliere sarà il coordinamento della finanza pubblica – i contenuti dell’accordo sono positivi e probabilmente superiori alle aspettative, peraltro in partenza molto diverse tra le regioni.
Tuttavia, l’uniformità ha prevalso per le politiche del lavoro, l’istruzione e i rapporti internazionali, mentre per sanità e tutela dell’ambiente gli accordi sono a geometria variabile. Spetterà alle regioni non sostituire il centralismo statale con quello regionale.
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