Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca al nuovo “contratto con gli italiani” firmato in tv da Silvio Berlusconi. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.
Torna il “contratto con gli italiani”
Come se non fosse passato neanche un giorno dal 2001, Silvio Berlusconi ha firmato nello studio di Bruno Vespa un impegno con gli elettori, una sorta di “contratto con gli italiani 2.0”, principalmente a tema lavoro.
La promessa di Berlusconi è portare, entro la fine della prossima legislatura, la disoccupazione italiana sotto la media dell’Eurozona dell’8,7 per cento. Oltre alle promesse per il futuro, il leader di Forza Italia ripercorre i presunti successi dei suoi governi, come l’aver creato un milione e mezzo di posti di lavoro, e cerca di descrivere la situazione attuale della disoccupazione giovanile.
“Io, Silvio Berlusconi, nella mia vita ho creato da imprenditore decine di migliaia di posti di lavoro e da Presidente del consiglio oltre un milione e mezzo di posti di lavoro. Oggi il tasso di disoccupazione in Italia tocca quasi l’11 per cento, quello della disoccupazione giovanile il 32,2 per cento, un giovane su tre non lavora. Al Sud, addirittura, per un giovane su due il lavoro è un miraggio, un’utopia. Non basta: tre milioni di giovani, sfiduciati, non studiano e non cercano nemmeno più lavoro”.
Sono dunque almeno tre i dati da verificare: i posti di lavoro creati da presidente del Consiglio, il tasso di disoccupazione giovanile e il numero di Neet, ossia i giovani che non lavorano e non studiano.
Davvero un milione e mezzo di posti di lavoro in più?
Berlusconi sostiene di aver creato nel corso della sua carriera da premier un milione e mezzo di posti di lavoro. Premettendo che la variazione degli occupati non è mai solo merito o demerito del governo, dai dati Istat sugli occupati emerge che l’impatto dei suoi quattro governi sul mercato del lavoro è stato nel complesso quasi nullo.
Dalla figura 1, si nota che il numero di occupati è aumentato solamente nel quinquennio 2001-2006, ossia durante i governi Berlusconi II e III. Durante gli altri due, il primo e l’ultimo, gli occupati sono diminuiti. Quindi, il saldo netto delle variazioni del numero degli occupati, nel corso dei suoi quattro incarichi da presidente del Consiglio, è di + 71 mila. Ovviamente, si tratta di un semplice esercizio aritmetico: le variazioni del mercato del lavoro non dipendono solo dall’azione del governo, ma anche dalla congiuntura economica complessiva. Quindi, la comparazione tra periodi di tempo distanti deve essere fatta con cautela.
Figura 1 – I posti di lavoro creati da Berlusconi, dati in migliaia
Quanti sono i giovani disoccupati?
Sulla disoccupazione giovanile, Berlusconi inciampa nel classico errore di confondere la forza lavoro con la popolazione totale. Infatti, secondo il leader di Forza Italia, un giovane su tre non lavora poiché il tasso di disoccupazione nella popolazione 15-24 anni sarebbe del 32,3 per cento. Tuttavia, l’Istat calcola il tasso di disoccupazione come il rapporto tra il numero di disoccupati e il totale della forza lavoro, che è composta da occupati e disoccupati. Ovviamente, in questo insieme non rientrano gli studenti che non stanno lavorando o cercando un’occupazione, che fanno invece parte della categoria degli inattivi. Perciò, come scrive l’Istat, è sbagliato dire che “un giovane su tre non lavora”. Molti giovani sono infatti impegnati in un percorso formativo, scolastico o universitario, non stanno cercando un lavoro e quindi non possono essere considerati disoccupati. Se invece non volessimo considerare la forza lavoro ma il totale della popolazione, l’incidenza dei disoccupati calerebbe all’8,7 per cento. Ed è questo il dato che Berlusconi avrebbe dovuto utilizzare per descrivere il tasso dei giovani disoccupati sul totale della popolazione, che ovviamente comprende anche gli studenti. Altrimenti, si utilizza un dato su una porzione della popolazione, la forza lavoro, facendolo passare per un dato sul totale. Ovviamente, lo stesso errore si ripete quando Berlusconi parla della condizione dei giovani nel Mezzogiorno e afferma che un giovane su due al Sud non lavora.
Tabella 1
Fonte: Istat
Neet o non neet, questo è il dilemma
Berlusconi parla poi di “tre milioni di giovani sfiduciati” che “non studiano e non cercano nemmeno più lavoro”. L’interpretazione del dato non è facile. Infatti, sembra che Berlusconi si riferisca ai Neet, cioè quei giovani che, secondo la definizione di Eurostat, non lavorano né seguono un percorso formativo o educativo. Il tratto caratteristico dei Neet, quindi, non sarebbe quello di essere scoraggiati, nel senso di non cercare più lavoro, ma quello di non essere impiegati in un’attività lavorativa o educativa. In questo senso, tra i Neet rientrano sia i disoccupati (ossia chi non ha un lavoro ma lo sta cercando) sia gli inattivi (ossia chi non ha un lavoro e non lo sta cercando).
Inoltre, Berlusconi non specifica quale fascia di popolazione stia analizzando. Se assumiamo la stessa fascia 15-24 anni utilizzata per calcolare la disoccupazione giovanile, secondo Istat nel terzo trimestre 2017 i giovani Neet erano 1,3 milioni. Se invece, come sembra fare Berlusconi, considerassimo solo i giovani sfiduciati, cioè gli inattivi, la cifra scenderebbe a meno di un milione. L’unico dato che si avvicina a quanto citato da Berlusconi è quello sui Neet nella popolazione 15-34 anni: 3,3 milioni e 2,2 milioni senza considerare i disoccupati.
Il verdetto
Berlusconi commette sicuramente due errori, uno sui posti di lavoro creati durante i suoi governi e uno sul tasso di disoccupazione giovanile. Sul numero dei Neet, la sua dichiarazione è poco precisa e priva di riferimenti. Elemento che denota una certa approssimazione, soprattutto per chi vorrebbe stringere un impegno formale con gli italiani. Quindi, la dichiarazione di Berlusconi è senza dubbio FALSA.
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