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Lezioni di tedesco per politici italiani

La grande coalizione resta lo scenario più probabile per il dopo elezioni. Tutti i leader politici continuano però a negare qualsiasi intenzione di allearsi con partiti al di fuori delle coalizioni già formate. Si tratta solo di una mossa elettorale?

5 marzo: lo scenario più probabile

A inizio marzo si conosceranno i risultati di due importanti consultazioni elettorali. Il primo è quello delle elezioni italiane. Il secondo, forse meno noto ma altrettanto importante, è quello del voto interno al partito socialdemocratico tedesco sull’approvazione o meno della Grosse Koalition (“GroKo”) proposta dal leader Martin Schulz.

I punti in comune tra Italia e Germania potrebbero non limitarsi alla casuale sovrapposizione di date. Anzi: a poche settimane dalle elezioni, lo scenario più probabile è che anche in Italia, come in Germania, non ci sarà nessun chiaro vincitore; e l’eventualità di un’ampia coalizione, magari guidata dal presidente del Consiglio uscente, non è affatto remota.

La nuova legge elettorale italiana è basata su un forte impianto proporzionale (i due terzi dei seggi sono infatti assegnati con questo metodo). Secondo molte simulazioni, per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in ciascuna Camera servirà una percentuale di voti superiore al 40 per cento, opportunamente distribuita sul territorio per conquistare un numero sufficiente di collegi uninominali. Per il momento, nessuno schieramento sembra avere reali possibilità di raggiungere la soglia.

Ciò significa che il giorno dopo le elezioni, il Presidente della Repubblica si troverà davanti a un parlamento particolarmente frammentato. Non solo: sarà anche formato da un buon numero di partiti di dimensione media. Si aggiunge poi un’ulteriore complicazione: la coalizione che verosimilmente otterrà più voti (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia) sarà composta da partiti – e quindi gruppi parlamentari – più piccoli per numero di membri non solo del primo gruppo (probabilmente il Movimento 5 stelle), ma anche del secondo (Partito democratico). Un bel rebus per il Presidente Mattarella che dovrà decidere a chi assegnare l’incarico per formare un nuovo governo. Lo affiderà al leader del gruppo parlamentare più ampio? O a quello del principale partito della coalizione più votata? Certo, il Presidente della Repubblica potrà basare le sue scelte non solo sulle consultazioni (vale la pena di ricordarlo: una “prassi” e non una norma costituzionale), ma anche sulle dinamiche che porteranno alla scelta dei presidenti di Senato e Camera, rispettivamente la seconda e terza carica dello stato. Sullo sfondo, c’è già chi parla di andare in fretta a nuove elezioni.

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Cosa è successo in Germania, ma non solo

Anche la Germania è stata tentata dall’idea di indire nuove elezioni, soprattutto dopo il primo tentativo, fallito, di coalizione con verdi e liberal-democratici. La Spagna, un paio di anni fa, lo ha fatto davvero: si è trattato però di un rimedio estremo, comunque dovuto anche a un meccanismo istituzionale che impone il ritorno alle urne.

Ma in Italia a cosa servirebbero nuove elezioni? A legge elettorale invariata, pensare che possano portare a un quadro politico più efficace sembra davvero poco sensato. Del resto, in Belgio l’impasse post elezioni è durata quasi due anni. Non appare quindi così remota la possibilità che il prossimo governo sia guidato da una maggioranza in cui saranno rimescolate le attuali coalizioni: Pd e Forza Italia da un lato, Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 stelle dall’altro. Che sarebbe come dire gli europeisti (tradizionali, dovremmo aggiungere) in maggioranza, gli euroscettici (e contrari) in minoranza. Con il dubbio che comunque i numeri non tornino e che potrebbe essere necessario allargare il nucleo di grande coalizione anche ad altri partiti, gruppi parlamentari o fuoriusciti.

Se lo scenario più probabile è questo, perché tutti i leader insistono ancora sulle versioni più radicali dei loro programmi? E perché sia Matteo Renzi sia Silvio Berlusconi hanno escluso proprio la formazione di una grande coalizione? Si tratta evidentemente solo di mosse elettorali. I punti più caratterizzanti dei programmi servono infatti in campagna elettorale a consolidare il proprio consenso. Deve essere però chiaro che in un sistema proporzionale la validità dei proclami elettorali, specialmente se estremi e divisori, si dovrà sposare con la necessità di un governo di coalizione. E, si badi bene, sarà vero anche nel caso in cui vincesse il centrodestra, che appare – a essere pignoli e un po’ cattivi – più eterogeneo al suo interno di una eventuale alleanza tra Partito democratico e Forza Italia. Inoltre, sia Renzi sia Berlusconi sanno bene che affermare di essere disposti a governare col nemico non sarebbe certo una grande idea in campagna elettorale. Se poi facessero passare la grande coalizione come una scelta suggerita dal Presidente della Repubblica per garantire la necessaria stabilità, eviterebbero di assumersi la responsabilità di un eventuale fallimento della prossima legislatura.

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Ma forse la lezione tedesca che più impaurisce Renzi e Berlusconi è un’altra: sia per Schulz sia per Angela Merkel, la nascente GroKo segna l’ultimo impegno della loro esperienza politica, perlomeno a livello nazionale. Sarà lo stesso anche per i due leader italiani?

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16 commenti

  1. Savino

    Gli italiani debbono smetterla, al di là della imprecisione costituzionale, di parlare di “Governi non scelti dal popolo”, di “inciucio”, di “Renzusconi”, soprattutto perchè il dato politico più importante del 4 marzo sarà la totale incapacità di questo popolo a saper scegliere alcunchè.
    Mi pare che Di Battista abbia in parte già anticipato l’argomento, che si estende, però, anche agli atteggiamenti della sua forza politica.
    Lasciamo amalgamare questo Paese e non coninuiamo stupidamente a dividerci su tutto, perchè abbiamo bisogno di questa compattezza per le riforme strutturali necessarie.
    Diversamente, a me pare di vedere un popolo che è l’esatto contrario di ogni modello riformista e riformatore, perchè egoisticamente pensa solo a sè stesso.

  2. Giuseppe

    Usciamo dalle analogie: la Germania ha un’ottima legge elettorale ben rodata, l’Italia forse la peggiore tra le innumerevoli già avute, imposta solo per miopi calcoli elettorali “pro domo sua” che, per la legge del contrappasso, adesso sembra, e ben venga, ritorcersi contro chi ce l’ha propinata. Non fa quindi meraviglia che una legge elettorale farlocca richiami una analoga campagna farlocca, in cui si potrebbero riconoscere avvisaglie di rivolgimenti ben più complessi, in futuro, della semplice ipotesi di una grande coalizione per uscire dal probabile impasse del dopo elezioni: un PD che diventa sempre più PDR (Partito di Renzi) con connotazioni moderate-centriste, un Berlusconi che si rilancia come campione dei popolari centristi europei … chi vedrà, vedrà.

  3. fabio

    Date queste premesse, perché non si eliminano le elezioni e la spesa inutile conseguente e una classe di super privilegiati (Scalfari e compagnia bella) scelga un uomo (solo per evitare controversie) alla guida del paese, senza perdere tempo in inutili chiacchiere?

  4. Henri Schmit

    La Germania ha una pessima legge elettorale (complessa, con due classi di deputati, favorendo la frammentazione, sopravalutando il peso degli estremi, base di una certa partitocrazia, non conforme agli standard di diritto più esigenti), purtroppo ben rodata. Negli anni 60 la spinta per un sistema alla francese era molto forte. La Costituzione dei vicini del 58 aveva appena ripristinato il classico doppio turno uninominale. Le contestazioni oggi sono più giuridiche, basate sui diritti individuali, contro la metà dei deputati nominati su liste bloccate, mentre la riflessione per una riforma più politica della legge elettorale è debole.

    • Maurizio Cocucci

      In che senso il sistema elettorale in Germania favorisce la frammentazione? E’ una legge mista sì, metà con voti al partito e metà per i candidati, ma alla fine il risultato è una rappresentanza perfettamente proporzionale sebbene ritarata una volta esclusi i partiti che non superassero la soglia del 5%. Ad oggi come ieri ci sono 4 o 5 partiti al massimo che possono essere presi in considerazione per la formazione di una coalizione di governo che comunque non finora non comprende più di 3 partiti. Dove poi sopravvaluterebbe il peso degli estremi è da sapere dato che nell’operazione di rcalcolo tutti i partiti ‘promossi’ aumentano in maniera proporzionale quindi il rapporto tra loro rimane costante. Quanto poi a presunte non conformità a fantomatici standard la considero una affermazione curiosa.

      • Henri Schmit

        Ogni sistema a riparto nazionale fra liste, come quello tedesco, favorisce la frammentazione. Suppone che l’opinione pubblica o meglio la preferenza elettorale possa essere espressa attraverso una divisione dell’elettorato in gruppi d’interesse o di convinzione. Il malcontento (crisi, recessione, povertà, disoccupazione) spinge l’elettore a votare per programmi di protesta. La riduzione graduale della percentuale di consenso elettorale raccolto dai principali partiti tedeschi (partiamo da CDU-CSU, SPD e FDP ai quali si sono affiancati Verdi, Linke e ora AfD) è impressionante. L’evoluzione iniziata 50 anni fa (cf. composizione del Bundestag) potrebbe essere irreversibile. Gli unici limiti sono la Sperrklausel del 5% e l’esclusione di partiti anti-costituzionali. E se la frammentazione dovesse peggiorare? Cosa fare? Aumentare la soglia di sbarramento? La Corte costituzionale potrebbe censuare. La Germania va verso l’ingovernabilità, nonostante la sfiducia costruttiva e la responsabilità dei politici controllati da un’opinione pubblica severa, due fattori assenti in Italia. La conclusione del mio ragionamento è che non conviene copiare la legge elettorale tedesca! Una “buona” legge elettorale favorisce le scelte mediane e non spinge alla divisione dell’elettorato in gruppi (non d’interesse ma di potere) artificiali.

        • Maurizio Cocucci

          Mi permetta di dissentire con le considerazioni fatte e di ripassare alcuni dati riguardanti i consensi che i partiti tedeschi hanno avuto negli ultimi anni stando ai sondaggi. Da gennaio 2013 a fine agosto 2015 Unione e SPD viaggiavano rispettivamente tra il 40 e il 42% i primi e tra il 26 e il 30% i secondi, ovvero entrambi insieme godevano di ampia maggioranza di consensi. AfD nello stesso periodo era tra il 2 e il 5% tranne un brevissimo periodo in cui raggiunse il 9%. Poi da settembre 2015 cosa avvenne? La questione della massiccia apertura ai profughi, da allora la coalizione di governo ha visto calare i consensi e nel contempo crescere AfD come anche FDP, anch’esso fino a settembre 2015 non andava oltre il 6%. Senza rievocare decenni di storia politica mi dica cosa c’entra la legge elettorale con un calo dei consensi derivante da una scelta che si è dimostrata un grave errore per l’opinione pubblica, interpretata qui da noi come una strategia per abbassare il costo del lavoro facendo entrare profughi presunti laureati o comunque altamente scolarizzati anziché liberare noi da quelli che arrivavano dall’Africa, salvo poi dimostrare con i fatti che tale tesi era ed è completamemnte infondata. Tormando alla legge elettorale che a lei non piaccia ci sta, che per noi sarebbe controproducente perché non abbiamo lo stesso senso di responsabilità che caratterizza i politici tedeschi pure (e ne avremo prova la mattina del 5 marzo) ma non che sia una pessima legge in assoluto.

          • Henri Schmit

            La politica nel Bundestag non si fa in base ai sondaggi ma in base ai voti e alla ripartizione dei seggi. L’invito a studiare l’evoluzione di tre dati, diciamo dal 1972 fino alle elezioni del 2017: % seggi CDU/CSU+SPD; idem+FDP e numero totale di partiti rappresentati. La prima serie inizia con 91%, scende sotto l’80% la prima volta nel 1990, al 69% nel 2005, poi 57, 67 e adesso 53%. Per i tre partiti storici l’evoluzione è similare: si parte da un 99%, non supera più il 90% dal 1987, passa sotto l’80% nel 1980, poi 71, 72 e adesso 64%. Il numero dei partiti parte da 4, diviene 5 nel 1980 con i Verdi, poi 6 e ora nel 2017 ce ne sono 7. I Tedeschi sono giustamente preoccupati. Non si può innocentemente copiare un tale sistema. Ultimo: dicevo che l’elemento mancante sono leader politici responsabili CONTROLLATI da un’opinione pubblica (giornali, sondaggi, elezioni) severa. L’opinione pubblica italiana permette cose inimmaginabili in F, D e UK, che avranno pure altri difetti, ma non quello.

      • Henri Schmit

        La questione della (da me criticata) violazione di “fantomatici standard” costituzionali è giuridica, di teoria politica (teoria della rappresentanza democratica) e in qualche misura logica (cf. Kenneth Arrow). Ma il nodo è facile a spiegare: l’elezione dei deputati da parte degli elettori non può essere sostituita con una nomina da parte delle segreterie dei partiti. Arrow chiama questo senza mezzi termini dittatura di chi comando nel partito. In Germania la critica parla piuttosto di partitocrazia (cf. H. H. von Arnim, il critico più virulento). Per “giustificare” la violazione dei diritti elettorali individuali la Corte costituzionale italiana (sentenza 1/2014) rinvia alla giurisprudenza tedesca. È un po’ troppo facile. La Corte costituzionale tedesca ammette da 50 anni le liste bloccate previste dalla legge elettorale per metà dei deputati invocando una teoria dello Stato governato necessariamente o legittimamente dai partiti. Prima o poi si arrenderà all’evidenza. Come giustificheremo allora? Meglio rinunciare da subito (in Italia E IN GERMANIA) a qualsia tipo di candidatura bloccata e di deputati nominati invece di eletti individualmente dai cittadini.

  5. Henri Schmit

    La differenza che più mi colpisce è che di solito chi subisce uno smacco alle urne se ne va, almeno fino a nuove circostanze. Il colosso Merckel rimane invece perché nessuno (finora) osa sfidarlo. Il peso morto Schultz ci ha provato, ma alla fine l’hanno costretto lo stesso a rinunciare. Il gambler Renzi che ha subito la sconfitta più clamorosa – un referendum perso per ragioni sostanziali o personali, non si sa mai con i referendum da plebiscito – non ha imparato alcuna lezione, non molla, non viene allontanato, e conduce i suoi sopravvissuti inesorabilmente al disastro …

  6. Maurizio Cocucci

    Una legge elettorale è sicuramente importante ma è poco efficace se sotto si ha una pessima classe politica. Intanto va detto che una legge elettorale svolge la funzione di esprimere la rappresentanza della volontà degli elettori, quindi il giudizio di buona o cattiva va rivolta a questo aspetto, non al fatto se poi si riesce o meno a formare una maggioranza che governi perché questo dipende dal senso di responsabilità (e serietà) dei politici. Per citare un aneddoto tra 2010 e 2011 si è assistito alla dissoluzione di una maggioranza parlamentare non certo a causa della legge elettorale dato che nel 2008 dalle urne era uscita in maniera netta. Quello che a mio avviso non è stato sottolineato è che in Germania quando ci si avvia a costituire una maggioranza non si fa come da noi nel giro di qualche giorno, bensì si incontrano i delegati dei partiti in questione che da mattina a sera per settimane concordano i punti essenziali del patto di governo. Chi ha avuto la possibilità di leggere la bozza di accordo tra Unione (CDU+CSU) e SPD avrà notato che le righe sono tutte numerate, questo per impedire alterazioni di qualsiasi genere. A seguire tale bozza viene portata al giudizio degli iscritti del partito o dei partiti a seconda dello statuto. Questi sono i punti importanti, che poi una legge elettorale sia più o meno proporzionale o maggioritaria non cambia radicalmente le cose perché non onfluisce sulla scelta da parte degli elettori.

  7. Marco La Colla

    Quasi sicuramente si arriverà ad una “Grande (e non grossa) coalizione”, ma quanto durerà? Berlusconi è specializzato nel rovesciare i tavoli (Bicamerale, Nazareno, governo Monti) e sono pochi quelli più inaffidabili di lui, degli altri si può solo dire che, trovandosi costretti ad accordi innaturali, aspetteranno solo il momento propizio (sondaggi favorevoli) per ritirarsi e far cadere il governo. E cosa dire dei 5St? Teoricamente se si andasse a nuove elezioni, tutti gli eletti alla prima legislatura, compreso Di Maio, dovrebbero ritirarsi, per rispettare la regola dei due mandati. Naturalmente le regole, specialmente per loro, sono fatte per non essere rispettate e quindi resteranno fissi al loro posto, sostenendo che per mandato si intendesse quello intero di 5 anni…. A questo punto, pur di non perdere il seggio e i privilegi ad esso collegati, si accorderebbero anche con il diavolo. Il buon Di Maio, candidato a capo dl governo, si accontenterà della presidenza della Camera, agli altri notabili verrà dato il contentino di qualche sottosegrariato o vice ministero tutto finirà a tarallucci e vino come quasi sempre. Mi auguro vivamente di sbagliarmi, ma ho l’impressione che finirà più o meno come immagino

  8. Giovane Arrabbiato

    I partiti centristi tedeschi sono al collasso, ridotti al 51% del parlamento tedesco in un declino costante iniziato ben 50 anni fa. I recenti sondaggi post-coalizione li danno al 46%. Ricambio politico di buon auspicio visto gli errori madornali e ripetuti su temi chiave come UE ed immigrazione.
    L’Italia in questo senso è già avanti. La morta del centrismo rispecchia il suo tradimento verso la classe media, i moderati che Berlusconi vorrebbe inseguire, schiacciati dalla globalizzazione come in tutto il resto del mondo occidentale. Se il centro liberale non vuole capire che il suo potere politico dipende dalla salute della classe media, si faccia da parte.

  9. Umbedx

    Ma Berlusconi non è privo di diritti civili ?
    Non può votare e non può essere votato !

  10. enzo

    Nessuna legge elettorale potrà correggere i limiti politici dei partiti (o meglio di ciò che ne rimane).Prima di questa riforma si auspicava addirittura il proporzionale del consultellum. Nel rispetto della logica e della matematica l’unica soluzione possibile in ogni caso resta una maggioranza PD-FI-Lega più o meno spiccioli (fermo restando l’autoescludendum dei 5stelle.).Ovvio che mattarella darà l’incarico a chi su un fogliettino gli porterà i due numeri magici, almeno fino all’investitura e poi si vedrà….Ovvio che Berlusconi cercherà di raggiungere il principale obiettivo programmatico :una sua candidatura alla presidenza del governo o della repubblica dopo la mitica e attesa sentenza e tutto il resto può aspettare

  11. Savino

    Il Governo che si sceglieranno gli italiani sarà di sicuro peggiore di quelli che dicono di non avere scelto.

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