Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle dichiarazioni di Beatrice Lorenzin e Barbara Lezzi sui finanziamenti alla sanità.
Il confronto Lorenzin-Lezzi
La campagna elettorale è contraddistinta da una parte da temi difficili e molto dibattuti – oggi lo sono la sicurezza e l’immigrazione – e dall’altra da luoghi comuni, affermazioni ripetute così tante volte da divenire “verità”, che vengono utilizzate come contesto dagli esponenti politici per rafforzarne la narrazione. Ripeterle così di frequente tuttavia non ha meno effetti di dichiarazioni più appariscenti: anzi, gli elettori possono correre il rischio di convincersi senza una verifica. Ne è un esempio emblematico la sanità e il suo finanziamento, “sventrata” dai vecchi partiti secondo il Movimento 5 stelle, mentre Beatrice Lorenzin – ministra della Salute e leader di Civica popolare – rivendica l’aumento dei finanziamenti.
Nuovo capitolo è stato il confronto di qualche giorno fa tra Beatrice Lorenzin e Barbara Lezzi, senatrice uscente (e ricandidata) del Movimento 5 stelle, a L’Aria che Tira, su La7 (dal minuto 2:00:38):
Lezzi: “Prima o poi verrò a parlare con la Lorenzin di sanità, dei più di 20 miliardi di tagli che ha fatto a carico delle regioni, con il comma 680 della legge 208 del 2015, e lo chieda facendo un giro nelle liste d’attesa […]”.
Lorenzin: “Ma come si fa? Avevamo 107 miliardi, ora è 116 di finanziamento”.
Lezzi: “Nelle menzogne si dice soltanto del Fondo Sanitario Nazionale, […] il resto della sanità è finanziato dalle regioni a cui hanno tagliato 20 miliardi”.
Lorenzin: “Io sono diventata ministro nel 2013 e il Fondo per la sanità era 107 miliardi, oggi è a 113”.
La senatrice è tornata sull’argomento qualche ora dopo, con questo video, invitando a approfondire il tema.
Il finanziamento della sanità
Il Servizio sanitario nazionale, gestito dalle regioni come stabilito dalla Costituzione, è finanziato da tre voci, come si ricava dal sito del ministero della Salute:
- entrate proprie delle aziende del Servizio sanitario nazionale (in particolare grazie al ticket);
- fiscalità generale delle Regioni, tramite l’Irap e l’addizionale regionale dell’Irpef;
- bilancio dello Stato, che finanzia il fabbisogno sanitario attraverso la compartecipazione all’Iva, le accise sui carburanti e il Fondo sanitario nazionale.
Nel 2016, secondo l’intesa tra Stato e regioni del 14 aprile, le fonti del finanziamento del fabbisogno sono state per un terzo i contributi delle regioni (A+B) e per circa il 60 per cento l’intervento statale (C); residuale è l’intervento delle regioni a statuto speciale.
Il finanziamento del sistema ha subito numerose modifiche e interventi a partire dal 2014, come descrive la Camera dei deputati e sintetizza il ministero delle Finanze. L’andamento, con relativi scostamenti, è rappresentato in figura 1.
Il finanziamento, e con esso la spesa, è aumentato di circa 7 miliardi e mezzo nel corso della legislatura (+6,4 per cento). Però, questo è il risultato di una crescita che inizialmente era prevista a quasi 30 miliardi e che poi è stata ridotta grazie a tagli per circa 22 miliardi in quattro anni. La spesa è dunque cresciuta – e la ministra ha ragione a rivendicarlo – ma non di quanto avrebbe dovuto.
Tutto ciò è il frutto della necessità di contenere la spesa. Infatti, ci sono state numerose ricontrattazioni degli accordi presi tra stato e regioni nel 2014, in occasione della firma del Patto della salute 2014-2016 e poi formalizzati dalla legge di stabilità 2015 (comma 556). In realtà, già allora si erano gettate le basi per le future riduzioni: all’articolo 30 il Patto stabilisce che “ove necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico, la presente intesa dovrà essere […] oggetto di revisione”. Ciò che effettivamente è accaduto, a partire dalla successiva intesa tra stato e regioni del 26 febbraio 2015.
I tagli alle regioni
E i 20 miliardi che avrebbero colpito il finanziamento regionale alla sanità denunciati da Barbara Lezzi? Si tratta di tagli aggiuntivi? Il comma citato dalla senatrice (n. 680 della legge di stabilità 2016) prevede un calo di circa 15 miliardi di euro al bilancio delle regioni e delle province a statuto speciale. I tagli aumentano a circa 20 miliardi se si tiene conto anche dei commi successivi, 681 e 682. Riduzioni all’intero bilancio, non specificatamente alla sanità, già scesa di 2.352 milioni nel 2015 (che vengono infatti già quantificati e che quindi ridimensionano i tagli previsti).
In effetti gli interventi successivi, a partire dalla stessa legge di stabilità 2016 al comma 568, la legge di stabilità 2017 al comma 392 e il decreto del ministero delle Finanze del 5 giugno 2017, se sommati nei loro effetti dal 2015 al 2019 (ancora previsione), superano quota 20 miliardi (figura 2). Va d’altra parte ricordato che – ancora una volta – si tratta di riduzioni di aumenti già previsti, e dunque il saldo tra aumento e taglio rimane positivo.
Il verdetto
Lorenzin rivendica aumenti in effetti avvenuti negli anni (da 107 a 113 miliardi), anche se frutto di numerose ricontrattazioni che hanno portato a una riduzione consistente delle previsioni. La sua dichiarazione è quindi PARZIALMENTE VERA.
Barbara Lezzi invece denuncia, in modo un po’ confuso, 20 miliardi di tagli alle regioni che avrebbero avuto effetti anche sulla sanità. Si tratta di tagli ripartiti sull’intero bilancio, che hanno avuto l’effetto di ridurre gli aumenti previsti negli anni per il sistema sanitario. Non hanno tuttavia ridotto il finanziamento rispetto all’inizio della legislatura, come parrebbe emergere dalle sue parole, che sono dunque PARZIALMENTE FALSE.
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