Il taglio delle pensioni d’oro può essere una misura di equità. Ma a meno di provvedimenti draconiani, non garantirebbe una cifra tale da far migliorare in modo cospicuo i conti pubblici. Né sarebbe sufficiente per un’efficace politica redistributiva.
Quanti sono i pensionati d’oro
Da tempo si discute di un eventuale taglio delle “pensioni d’oro”, come misura di equità sociale legata soprattutto alla circostanza che molti beneficiari non hanno versato durante la vita lavorativa contributi adeguati a giustificare un trattamento previdenziale così cospicuo.
Si tratta di un provvedimento eticamente condivisibile, che però si scontra con due ordini di problemi. Il primo è di natura giuridica, dovuto all’attuale normativa di rango costituzionale che impedisce di aggredire i cosiddetti “diritti acquisiti” (su cui qui non ci si soffermerà oltre); il secondo riguarda l’entità del possibile risparmio per le casse previdenziali.
Per sapere quanto può valere il loro taglio, bisogna prima definire cosa si intende per “pensioni d’oro” e in che modo si vuole intervenire.
Gli ultimi dati resi disponibili da Inps e Istat – le fonti primarie di statistiche previdenziali – dicono che nel 2015 il 6,7 per cento del totale dei pensionati (poco più di 1 milione di individui) ha ricevuto un assegno mensile superiore ai 3 mila euro lordi (il valore medio è di 4.354 euro mensili lordi per 12 mensilità) e sono costati 54,8 miliardi di euro (il 20 per cento della spesa pensionistica totale).
Per analizzare più in dettaglio le classi di reddito più elevate si può fare riferimento alle statistiche sulle denunce dei redditi per l’anno 2015.
I pensionati che hanno un reddito complessivo superiore ai 100 mila euro erano 123.869, con un reddito totale di 20 miliardi di euro (il reddito medio è di 162 mila euro). I più ricchi, quelli con un reddito annuale superiore ai 300 mila euro, erano 7.884 (il reddito medio è di 542 mila euro).
La pensione incide mediamente per il 40 per cento del reddito totale, ma per i più ricchi è appena il 13 per cento delle entrate complessive.
I possibili risparmi
Se si ipotizza di fissare un tetto massimo mensile di 5 mila euro lordi per l’assegno pensionistico, tagliando l’eccedenza ai pensionati che hanno un reddito complessivo superiore ai 100 mila euro, si otterrebbe un risparmio stimabile in 490 milioni di euro. Si deve, però, considerare che per lo Stato verrebbe meno, in questo modo, una parte della tassazione Irpef, per cui il risparmio netto si riduce a 280 milioni di euro, poco più dell’1 per cento della manovra di bilancio approvata a dicembre 2017.
Modificando l’entità del taglio e, di conseguenza, il numero di beneficiari di pensione che ne risulterebbero coinvolti, si potrebbe conseguire un maggiore o un minore risparmio. Ma a meno di provvedimenti draconiani, il taglio delle “pensioni d’oro” non garantirebbe una cifra tale da dare respiro ai conti pubblici (vale lo 0,016 per cento del Pil), né sarebbe sufficiente per un’efficace politica redistributiva.
Tabella 1 – Pensionati per classi di reddito e ipotesi di taglio della pensione che eccede 5 mila euro lordi mensili – Anno 2015 (valori in migliaia di euro)
Fonte: elaborazioni su dati dipartimento delle Finanze
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
15 Commenti