Lavoce.info

La clausola dimenticata

La campagna elettorale già ci regala promesse più o meno realistiche visto lo stato dei conti pubblici, ma sarebbe meglio discutere delle clausole di salvaguardia che dovrebbero scattare nel 2019. Si potrebbero così trovare le soluzioni più adeguate.

Da dove arriva la clausola di salvaguardia

Mancano meno di due mesi alle elezioni politiche (e regionali), le candidature non sono ancora definite, ma la campagna elettorale è già entrata nel vivo, grazie alle proposte più o meno realistiche che tutti gli schieramenti stanno avanzando. Si tratta naturalmente di proposte diverse tra loro, ma che hanno il tratto comune di innescare una miscela esplosiva di aumento della spesa e di diminuzione delle entrate. Una incongruenza, in un paese che non può certo permettersi di ricorrere al finanziamento in deficit come invece era norma negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso (e le cui conseguenze si pagheranno ancora a lungo). Tuttavia, in questo clima di promesse, tutti sembrano essersi dimenticati che, a partire dal 2019, è previsto l’innesco della clausola di salvaguardia sull’Iva, vale a dire un aumento graduale delle aliquote che porterà un gettito di oltre 19 miliardi di euro a regime, nel 2021. Perché di fronte a quest’unica certezza sull’aumento delle entrate, nessuno dice come evitarlo?

La clausola di salvaguardia è un meccanismo introdotto per la prima volta con il decreto legge 98/2011 (una delle ultime manovre economiche del governo Berlusconi) e prevede l’aumento del gettito di una determinata imposta solo nell’eventualità che i risparmi di spesa o gli aumenti di entrata previsti dal provvedimento non vengano realizzati (si trattava, già in origine, di circa 20 miliardi di euro a regime). La clausola di salvaguardia costituisce dunque una sorta di assicurazione per garantire le coperture previste, un piano B per non far saltare l’equilibrio dei conti di bilancio.

In origine (2011), le clausole di salvaguardia riguardavano un taglio lineare (quindi generalizzato) alla selva di deduzioni e detrazioni Irpef – le cosiddette tax expenditures – o un aumento delle aliquote di imposte indirette (Iva e accise varie). Nell’ottobre 2013, in effetti l’aliquota ordinaria dell’Iva è aumentata dal 21 al 22 per cento, mentre sono rimaste invariate quella ridotta (al 10 per cento, più quella al 5 per cento introdotta nel 2016) e la super-ridotta del 4 per cento. La legge di stabilità 2014 (governo Letta) ha riproposto clausole di salvaguardia relative al taglio di deduzioni e detrazioni e agli aumenti delle imposte indirette. Le leggi di stabilità successive (2015, 2016 e 2017) si sono concentrate solo sull’aumento delle imposte indirette: incrementi delle aliquote ordinaria e ridotta, nonché aumenti di accise su benzina e gasolio. Inoltre, la legge di stabilità 2016 ha disattivato la clausola del 2014 rispetto alle spese fiscali. Ognuno di questi interventi ha sia rimandato sia rimodulato gli aumenti, prevedendo incrementi parziali e scaglionati delle aliquote Iva nel corso degli anni successivi. Le ultime disposizioni legislative (decreto legge 148/2017, cosiddetto “decreto fiscale”, e legge 205/2017, legge di bilancio) hanno nuovamente rinviato l’aumento al 2019, come da tabella seguente.

Leggi anche:  Alla fine il Covid non ha contagiato il reddito

Tabella 1

 

Possibili miglioramenti

Finora, dunque, i governi che si sono succeduti sono riusciti a rinviare ogni l’anno l’aumento delle aliquote Iva, almeno in parte. Tuttavia, ogni anno in sede di legge di bilancio si riapre la rincorsa a come evitarli.

Le possibili domande a cui dare riposta sono perciò almeno due. La prima è se un aumento dell’Iva sarebbe sbagliato oppure giusto. A nessuno piace pagare più imposte naturalmente, ma un aumento dell’Iva associato a una revisione seria delle imposte dirette e a una valutazione di eventuali effetti regressivi potrebbe portare a un maggior riequilibrio tra imposte dirette e indirette (e magari anche tra imposte sul reddito e patrimoniali).

La seconda domanda è legata all’eventuale volontà di cancellare (o rinviare di nuovo) la clausola. Visto che nessuno sembra indicare coperture precise (frasi come “taglio degli sprechi” sono decisamente generiche), forse un suggerimento sarebbe gradito. Perché quindi non tornare a considerare le deduzioni e detrazioni? Il loro valore si attesta prudenzialmente intorno ai 75 miliardi di euro, anche se la loro valutazione è soggetta a dibattito e altre stime arrivano a cifre ben più elevate. Evitando l’iniquità dei tagli lineari, senza fare rivoluzioni e senza intaccare la progressività dell’imposta, gli spazi per una revisione ragionata che permetta di recuperare rilevanti risorse ci sarebbero tutti.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Una via d'uscita dal vicolo cieco del Superbonus

Precedente

Il Punto

Successivo

Reddito di cittadinanza M5s: costa 29 mld e non 14,9

  1. Savino

    Le coperture di un bilancio debbono essere certe e non bisogna parlare di un generico gettito proveniente dalla lotta all’evasione da colmare, ove non si raggiungesse, con le clausole di salvaguardia. Ci sono da oltre venti anni strumenti inutilizzati per arrivare a chi non paga le imposte dovute. MEF, AE e GDF hanno il dovere di intensificare il ricorso alle banche dati incrociate e di confrontare quanto il contribuente percepisce e possiede col proprio tenore di vita effettivo. L’IVA è l’imposta più iniqua che esista, perchè colpisce solo il consumatore finale di un bene e così accade per ogni incremento di aliquota, mentre il meccanismo premia solo chi può scaricare l’IVA ed i panieri corrispondenti agli scaglioni IVA più bassi scarseggiano di beni di largo consumo.

    • ator olegna

      sono concorde con lei sig Savino. IVA significa imposta sul valore aggiunto e non capisco perche deve pagarla tutta il consumatore finale.

  2. Alberto Baldassari

    Buongiorno. Scusate se pongo una domanda da profano, coinvolto in quanto contribuente, che continua a leggere di imposte, di evasioni sostanziose ecc. Secondo voi è possibile creare una normativa fiscale nella quale ognuno scarica dalle proprie tasse le spese sostenute (allargando il più possibile l’attuale casistica), al fine di pagare sugli importi effettivamente restati nelle tasche dei contribuenti? Non sarebbe un freno al diffusione del nero e a rendere più equa la distribuzione delle tasse? Non mi risulta che nessun partito e/o movimento abbia mai avanzato una simile ipotesi. Grazie per il lavoro che svolgete!!!

  3. Lorenzo

    La vedo dura.
    La contrapposizione attuale non è sul futuro dell’Italia ma su cosa sarebbe potuta essere, senza questo o quel partito.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén