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La fine del fallito nelle nuove norme concorsuali

È stato approvato il disegno di legge delega di riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza. Le novità sono molte. Ma la caratteristica principale è l’ottica europea dei provvedimenti, tanto da anticipare alcune proposte della Commissione.

Novità per le crisi di impresa

L’11 ottobre 2017, il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge delega di riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza.

Un intervento definito “rivoluzionario” in sede di votazione, poiché pone la salvaguardia dell’impresa e delle relative relazioni di mercato come nuovo prisma di riferimento delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, spostando in secondo piano la tutela del diritto di credito, che comunque resta un obbiettivo fondamentale delle procedure concorsuali.

Ma quali sono le principali novità della legge delega?

1) In primo luogo, il termine “fallimento” viene sostituito con l’espressione “liquidazione giudiziale”, per cancellare tutte le conseguenze negative, tra cui la stigmatizzazione sociale del fallito, la quale di fatto preclude la possibilità di avviare una nuova attività (cosiddetta re-start o second chance). In sostanza, la locuzione “fallito” è diventata oggi obsoleta, in quanto si è giunti a considerare la crisi e l’insolvenza momenti fisiologici nel ciclo di un’impresa, certamente da prevenire, ma non da esorcizzare.

2) È prevista l’adozione di un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o dello stato di insolvenza, a cui saranno assoggettate tutte le categorie di debitori, anche quelli civili, con la sola esclusione degli enti pubblici.

3) Per tutte le imprese, eccetto le società quotate in mercati regolamentati e le “grandi imprese” (cioè quelle che occupano più di 250 persone e con un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo che eccede i 43 milioni di euro), è introdotta una fase preventiva di allerta volta ad anticipare, in sede stragiudiziale e confidenziale, l’emersione della crisi e la relativa composizione, mediante l’intervento di un apposito organismo di composizione della crisi istituito presso ciascuna camera di commercio, sull’esempio di quello oggi previsto per la composizione della crisi da sovra-indebitamento. Un procedimento, questo, che ha l’intento di spingere i soggetti a dichiarare spontaneamente il loro stato di crisi in ottica premiale e che attribuisce un ruolo chiave di vigilanza in capo agli organi di controllo societario e ai revisori, conferendo loro nuovi compiti (e di conseguenza, anche responsabilità). Inoltre, alcuni creditori pubblici qualificati, come l’Agenzia delle Entrate, avranno un obbligo di segnalazione all’organismo di composizione della crisi in caso di perduranza di “inadempimenti di importo rilevante”.

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4) Vi è poi la razionalizzazione del concordato preventivo, tramite la soppressione dei concordati liquidatori che non prevedano un apporto di risorse esterne, per garantire un soddisfacimento dei creditori superiore a quello che otterrebbero dalla mera liquidazione giudiziale del patrimonio.

5) Sono incentivati e ottimizzati tutti gli strumenti di composizione della crisi già previsti dall’ordinamento, mediante sia l’estensione della disciplina delle convenzioni in moratoria anche a soggetti diversi da banche e intermediari finanziari, sia la riduzione della percentuale necessaria per omologare l’accordo di ristrutturazione dei debiti in base all’art. 182-bis della legge fallimentare;

6) Si dà il via a un sistema “Common”, cioè la creazione di un mercato unico nazionale per accelerare e semplificare la vendita dei beni delle procedure concorsuali ed esecutive, che potranno essere pagati sia in denaro, sia con particolari titoli creati appositamente, che incorporano un diritto speciale attribuito ai creditori delle procedure. Tutto ciò, con l’evidente finalità di risolvere, almeno in parte, anche l’annoso problema dei crediti incagliati.

7) Viene introdotta una disciplina specifica per la crisi e l’insolvenza dei gruppi di imprese, che ammetta la possibilità di accesso a una procedura unitaria (cosiddetta procedural consolidation).

8) Vengono previste agevolazioni per l’accesso al credito alle imprese, in particolare per quelle di piccole dimensioni, attraverso l’introduzione di forme di garanzia mobiliare non possessoria, che consenta all’impresa l’utilizzazione dell’asset per il processo produttivo ovvero di disporne trasferendo la prelazione sul corrispettivo ricavato dalla vendita.

Una riforma in chiave europea

Una valutazione sulla reale efficacia di questi interventi potrà essere espressa solo monitorandone gli effetti economici a distanza di qualche anno dall’entrata in vigore. È però importante mettere in evidenza che l’aspetto forse più interessante dell’intera riforma è rappresentato dall’evoluzione della disciplina concorsuale italiana in chiave euro-unitaria. La legge delega, da un lato, prevede espressamente che il governo, nell’esercitarla, debba tenere conto della normativa UE già esistente sulle procedure di insolvenza transfrontaliere e della raccomandazione sul nuovo approccio al fallimento delle imprese comunitarie. Dall’altro, anticipa diversi punti trattati nella proposta di direttiva (2016/0359) della Commissione europea riguardante “i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti”.

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Il Punto

  1. bob

    ..si toglieva diritto di voto e passaporto al ” fallito” cioè a colui che intraprendeva una impresa. Si dava il titolo di Cavaliere all’impiegato del catasto… questa “metafora” rappresenta i ritardi cronici di questo Paese vecchio

  2. Luciano Pontiroli

    Se l’insolvenza si configura quale “momento fisiologico del ciclo di un’impresa” – espressione che mi sembra un po’ esagerata – che giustificazione resta per le azioni revocatorie e le sanzioni penali?

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