Lavoce.info

Italia a due velocità anche quando si muore

I primi risultati di uno studio mostrano notevoli differenze tra le età medie di morte nelle diverse regioni italiane. Potrebbero indicare la sostanziale incapacità di assicurare pari livelli di accesso e di qualità dei servizi sanitari in tutto il paese.

A Sud si muore prima

Cercare di capire se esistono differenze territoriali per l’età media di morte e se le cause di morte possono essere legate in maniera significativa a particolari contesti territoriali è un esercizio che non interessa solo i demografi e gli statistici, ma anche gli economisti e i geografi. La fonte dei dati della nostra ricerca è costituita dalla banca dati Istat sulle cause di morte degli italiani del 2014. Non si tratta, quindi, di una indagine statistica a campione, ma dell’esame dell’intero universo dei dati sulla mortalità degli italiani.

Forti sono le differenze territoriali riguardo alla età media di morte che, per l’Italia nel suo complesso, è pari a 79,1 anni. Nelle prime cinque unità di percentile della popolazione (quella che muore più giovane), la differenza fra provincie dell’età media di morte è di ben 12 anni: 48 anni nella provincia dell’Ogliastra, 60 anni nella provincia di La Spezia; nel primo decile di popolazione è di 10 anni: 57 anni nella provincia di Napoli e 67 anni in quella di La Spezia; nel primo quartile la differenza rimane sempre elevata: ben 8 anni tra i 69 anni nella provincia di Napoli e i 77 anni in quella di La Spezia.

Poiché si tratta del valore dell’età media di morte, 8-10 anni di differenza sono rappresentativi di un divario estremamente ampio, tenuto conto che né le differenze nella mortalità infantile, né la struttura demografica della popolazione possono incidere in maniera significativa sulla variabile.

Se poi si esaminano i dati dal punto di vista territoriale, si trovano aree omogenee con età media alla morte significativamente più bassa che corrispondono a zone con emergenze ambientali. Si tratta in genere di aree di de-industrializzazione ad alto tasso di inquinamento (Napoli, Caserta, Crotone, Siracusa). Accanto a queste troviamo territori con problemi di accessibilità al sistema sanitario (il caso delle provincie della Sardegna). La fotografia regionale, poi, evidenzia ancora il problema del Mezzogiorno e delle Isole, dove si concentrano, con qualche rara eccezione, le provincie e le regioni con più bassa età media di morte (tabella 1 e figura 1).

Leggi anche:  Combattere la violenza contro le donne è un impegno culturale

Il primo decile di popolazione, quello che muore più giovane, presumibilmente a causa di patologie acute, ha una differenza di sopravvivenza di 10 anni, il che può essere determinato da una maggiore morbilità della popolazione o da fattori legati al sistema sanitario. Anche se dal punto di vista statistico si tratta di indicatori diversi, differenze così marcate di età media di morte tra le aree del territorio possono tradursi in una parallela e significativa differenza di speranza di vita.

La speranza di vita alla nascita, infatti, descrive la durata media di vita di una generazione che è soggetta, a ogni età, alle condizioni di mortalità dell’anno preso in esame. La speranza di vita a un’età x rappresenta invece il numero medio di anni che restano da vivere a partire dall’età x alle condizioni di mortalità dell’anno preso in esame. L’età media di morte (o alla morte) è la fotografia della mortalità della popolazione di un particolare anno e risente della sua composizione per età poiché a un maggiore invecchiamento della popolazione corrisponde un più alto numero di decessi anziani. La speranza di vita ha una maggiore capacità predittiva, utile nelle stime attuariali, mentre l’età media di morte ha una maggiore capacità descrittiva, soprattutto in relazione ai differenziali territoriali. L’analisi focalizzata sull’età media di morte invece che sulla speranza di vita ha il vantaggio di potere essere correlata direttamente alle cause di morte e di conseguenza permette di individuare meglio i legami fra mortalità e squilibri territoriali nel campo sanitario, infrastrutturale e ambientale.

Le implicazioni per la sanità pubblica

Una differenza così marcata genera il sospetto di una diversa attenzione dello stato negli interventi di sanità pubblica, che andrebbero pianificati garantendo il principio di universalità del diritto alla salute su tutto il territorio nazionale.

La nostra analisi, che è ancora nella sua fase iniziale e necessita di un ulteriore livello di approfondimento, sembrerebbe far emergere il quadro di un’Italia non solo a due velocità in economia, ma anche rispetto anche alla speranza di vita della popolazione. Qualora l’ipotesi fosse confermata, i dati sulla mortalità altro non sarebbero che la certificazione della sostanziale incapacità della sanità pubblica di assicurare pari condizioni di accesso e pari livelli di qualità dei servizi sanitari su base territoriale, ponendo, quindi, un serio problema di equità.

Leggi anche:  Mangiare con la cultura: chi ci riesce e chi no

Una riflessione sul tema sarebbe perciò doverosa, anche per evitare che il taglio della spesa sanitaria, giustificato formalmente con la necessità di ridurre gli sprechi, non si traduca in un taglio dei diritti dei cittadini, il cui costo sociale è misurato in un maggior numero di morti e in un maggior numero di invalidi.

Tabella 1 – Età media di morte per regione in ordine crescente – Anno 2014

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Figura 1

Figura 2

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Quanto conta il contesto culturale nell'accoglienza ai rifugiati

Precedente

Borse Usa: il prezzo è giusto?

Successivo

Piano casa per rilanciare l’Italia

10 commenti

  1. Cesare Cislaghi

    Quando si danno valori di analisi quantitative sarebbe sempre opportuno fornire qualche indicazione in più sui metodi utilizzati. Sarebbe necessario infatti sapere in questo caso come è stata calcolata l’età media alla morte. Se questa fosse semplicemente la media semplice di tutte le età dei decediti, allora, come curiosamente anche notano gli autori, questa fornirebbe una indicazione dell’anzianità delle popolazioni più che del rischio di mortalità prematura. Dove ci sono più vecchi (Liguria, Toscana, ecc.) è evidente che la media semplice delle età alla morte è superiore di dove ci sono più giovani (Campania, Calabria, ecc.). Mi auguro che gli autori non siano incorsi in questo grossolano equivoco ed invece abbiano opportunamente corretto per la struttura demografica delle Regioni. Gradirei una loro nota al proposito.

    • domenico marino

      La relazione fra età media alla morte e anzianità della popolazione è stata già messa in evidenza nel testo. Non a caso consideriamo i decili e i quartili di popolazione. E’ arduo spiegare le rilevanti differenze territoriali all’interno del primo quartile solo in termini di maggiore anzianità della popolazione.
      Per capire le ragioni di questi differenziali, stiamo costruendo un modello econometrico che mette in relazione le cause di morte, le caratteristiche sociali, demografiche e ed economiche della popolazione, l’accessibilità territoriale e la dotazione di servizi sanitari. I dati delle regressioni ci dicono che la relazione fra età media alla morte e struttura demografica della popolazione non è significativa, mentre è significativa la relazione fra età media alla morte e indice di mortalità fra 20-34 anni per malattie oncologiche e fra età media alla morte e dotazione di servizi socioassistenziali.
      Ho tentato in poche righe di rispondere alla sua domanda, tralasciando molti altri aspetti parimenti importanti.Sarei lieto di continuare questo dialogo che, a mio avviso, non può che essere costruttivo

    • domenico marino

      La dipendenza dell’età media di morte dall’anzianità della popolazione è stata messa in evidenza all’interno dell’articolo. Tuttavia i differenziali che risultano dall’analisi del primo quartile della popolazione (quelli che muoiono più giovani, verosimilmente per patologie acute) sono difficilmente spiegabili solamente con considerazioni legate alla demografia. Nei modelli regressivi che abbiamo stimato usando come variabile dipendente l’età media alla morte, emerge costantemente la non significatività della struttura demografica della popolazione nella speigazione dei differenziali territoriali, mentre risultano significative la qualità dei servizi socio-sanitari e l’incidenza nella fascia 20-34 anni delle patologie tumorali.

    • Non capisco l’osservazione. L’età media di morte ancgevse fosse la media semplice da un’idea della prematura o meno morte delle persone. Anche nelle regioni dove ci sono più giovani

      • ALDO ROSANO

        L’età media alla morte forse può dare un’idea, grossolana e distorta, della mortalità . In una città (ipotetica) in cui vivono 1.000 25enni se ne muoiono 2 l’età media alla morte è di 25 anni, in una città di 1.000 75enni se ne muoiono 500 l’età media alla morte è di 75 anni. Qual è la situazione peggiore ?
        L’età media alla morte NON è un indicatore demografico. La media grezza va bene per molti ambiti , ma non nello studio dela mortalità di una popolazione. .

  2. Aldo Rosano

    Nell’articolo viene proposto un indicatore che in demografia non trova alcun riscontro: l’età media di morte. Gli autori non descrivono nel dettaglio come sarebbe calcolato questo indicatore, che dovrebbe offrire “una maggiore capacità descrittiva” e invece mostra dei risultati veramente paradossali.
    La provincia dell’Ogliastra, nota alle cronache a ai demografi come terra dei centenari, sarebbe quella che mostrerebbe il parametro di “età media alla morte” più basso d’Italia!
    Temo che ci siano davvero dei gravi problemi metodologici in questo contributo. Tra i collaboratori de ”La voce” c’è un valente demografo come Alessandro Rosina, sarebbe interessante leggere un suo parere in merito.

  3. Savino

    E’ a due velocità anche il welfare. Al sud in estate sono tutti forestali e in inverno hanno tutti il sussidio di disoccupazione. Al nord c’è chi si dà fuoco negli uffici INPS

  4. bob

    Biada al popolino…nulla piú

  5. Questi dati smentiscono l’idea che al sud si vive meglio che al centro nord

  6. MARCO TRABUCCHI

    Ricordando che la sanità é responsabilità regionale, io farei un passo in più: i cittadini delle provincie italiane hanno tutti gli stessi diritti? Se no perché? Come influisce il censo nelle varie provincie? Perché c’é la migrazione sanitaria? Forse la modifica costituzionale proposta dal PD in dicembre voleva sanare alcuni di questi problemi riportando la sanità alle dipendenze del governo centrale.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén