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Cittadinanza: non dimentichiamo gli adulti

La legge sullo ius soli modifica i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana solo per i minori. Per gli adulti resta in vigore una normativa più restrittiva rispetto agli altri paesi europei. Perché dieci anni di residenza è un tempo troppo lungo.

Cittadinanza per gli adulti in Europa

Nell’articolo del 20 giugno abbiamo analizzato i possibili effetti della riforma sullo ius soli in discussione al Senato e confrontato il sistema attuale italiano con quello di altri paesi europei. Tuttavia, la riforma modifica solo la parte della normativa sulla cittadinanza riferita ai minori. Negli ultimi anni, il 60 per cento delle acquisizioni di cittadinanza (in Italia e in Europa) riguarda invece gli adulti che, dopo un periodo di residenza, possono ottenere la naturalizzazione. Si tratta di un fenomeno in forte espansione, regolamentato in maniera diversa in ciascun paese.

Si seguono principalmente due strade: anni di residenza o matrimonio. La legislazione di ciascun paese regola i requisiti necessari e in quasi tutti è prevista una procedura straordinaria nel caso di particolari meriti o servizi alla collettività.

In Francia la cittadinanza si può ottenere la cittadinanza per matrimonio dopo 4 anni o per naturalizzazione con 5 anni di residenza, ridotti a 2 anni nel caso il richiedente abbia ultimato due anni di studi universitari in Francia. Sia l’acquisizione per matrimonio che quella per naturalizzazione richiedono, in forme diverse, una conoscenza sufficiente della lingua francese. La legge sull’immigrazione del 2006, inoltre, ha istituito la cerimonia di accoglienza, organizzata ogni sei mesi in ogni dipartimento.

In Germania, la legge sulla cittadinanza del 1913 è stata rinnovata tre volte negli ultimi anni (2000, 2005 e 2007). Nel 2007 sono state semplificate le procedure per la naturalizzazione: la richiesta può essere presentata a 16 anni nel caso di 8 anni di residenza stabile. Tra i requisiti, sono previsti anche il reddito (capacità di mantenimento proprio e dei familiari a carico) e la conoscenza della lingua e dell’ordinamento sociale e giuridico tedesco nonché delle condizioni di vita in Germania.

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Nel Regno Unito, l’acquisizione per matrimonio avviene se il richiedente (maggiorenne) si è stabilito nel paese (settled) e vi ha vissuto legalmente per almeno 3 anni. Per la naturalizzazione, il richiedente (sempre maggiorenne) deve essersi stabilito nel paese da almeno un anno e avervi vissuto legalmente per almeno 5 anni.

Dal 2005, inoltre, tutti i richiedenti devono superare un test che dimostri una conoscenza sufficiente della lingua e “la conoscenza sufficiente della vita nel Regno Unito”. Un elemento interessante è la presenza di corsi preparatori finanziati dallo stato. Come in Francia, è prevista a livello locale la “cerimonia della cittadinanza”, che prevede la prestazione di un giuramento solenne.

In Spagna, l’acquisizione della cittadinanza per residenza avviene su concessione del ministro della Giustizia. La regola generale prevede la “residenza legale e continuata” in Spagna per 10 anni. Tra le eccezioni, sono previsti 5 anni per i rifugiati politici e 2 anni per i cittadini di paesi ispano-americani o ex colonie. Per matrimonio, la naturalizzazione è immediata se il richiedente è residente in Spagna da almeno un anno. È previsto anche un requisito economico.

Tabella 1 – Schema riepilogativo sull’acquisizione di cittadinanza (naturalizzazione) in Europa

La situazione in Italia

In Italia, l’attuale legge sulla cittadinanza risale al 1992, approvata sullo slancio emotivo delle migrazioni dall’Albania in sostituzione della legge n. 555 del 1912 (rimasta in vigore per 80 anni) che prevedeva solo 5 anni per la naturalizzazione. Oggi la cittadinanza può essere richiesta dagli stranieri residenti regolarmente da almeno 10 anni (con alcune eccezioni, come la riduzione a 4 anni per i cittadini UE).

Inoltre, è prevista l’acquisizione di cittadinanza per matrimonio: il coniuge straniero di un cittadino italiano può presentare domanda dopo 2 anni dal matrimonio, in caso di residenza legale in Italia, o 3 anni nel caso di residenza all’estero. In Italia non è previsto un esame di lingua, che però è richiesto per l’ottenimento del permesso Ce di lungo periodo (per cui si può presumere che chi chiede la cittadinanza abbia già effettuato il test).

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Il fenomeno delle naturalizzazioni interessa tutta Europa, ma in Italia ha registrato un boom negli ultimi anni: se nel 2006 eravamo il sesto paese UE (con circa il 5 per cento del totale), nel 2015 siamo diventati il primo con oltre un quinto delle naturalizzazioni totali. Il dato conferma la fotografia dell’immigrazione nel nostro paese: un’immigrazione “matura”, in cui la maggior parte delle persone è arrivata per motivi di lavoro prima della crisi (prima del 2007) e tende a stabilizzarsi in Italia. Basti pensare che nel 2006 le naturalizzazioni erano appena 35mila per superare quota 100mila nel 2013 e 200mila nel 2016.

Figura 1 – Serie storica delle acquisizioni di cittadinanza in Italia

Fonte: Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

Nel dibattito sulla cittadinanza, dunque, dobbiamo tenere in considerazione anche i “nuovi italiani” adulti. Ad esempio, sarebbe auspicabile ridurre i tempi di attesa per le richieste di cittadinanza: lo stesso Viminale ha ammesso la difficoltà nella gestione delle domande (soprattutto per la carenza di personale dedicato), per cui l’esame di ogni domanda richiede anche 3-4 anni, rendendo solo teorico il requisito dei 10 anni.

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Insegnanti, chi approfitta della legge 104

  1. Piero Borla

    In ogni caso occorre rinforzare il personale addetto a queste pratiche; si può iniziare da questo, senza bisogno di una legge apposita. così come ammettere la presentazione anticipata della domanda, in modo che il decreto di concessione possa venir emesso appena compiuto il tempo richiesto dalla legge. Non vedo trattato il fenomeno della doppia cittadinanza; la rinuncia alla cittadinanza di provenienza dovrebbe consentire una corsia preferenziale per la concessione di cittadinanza italiana.

  2. Cincera

    IUS SOLI : SUGGESTIONE : CHI ENTRA IN ITALIA E’ CITTADINO ITALIANO A TUTTI GLI EFFETTI DI LEGGE APPENA PASSATA LA FRONTIERA
    : QUANDO LASCIA L’ITALIA PERDE IMMEDIATAMENTE LA CITTADINANZA – CHI NASCE IN ITALIA E’ AUTOMATICAMENTE ITALIANO AL COMPIMENTO DELLA MAGGIORE ETA’ – TUTTI GLI STRANIERI RESIDENTI LEGALMENTE IN ITALIA CON FISSA DIMORA E CON UN LAVORO STABILIE HANNO DIRITTO DI RESIDENZA MA NON DI CITTADINANZA – SALVO CASI PARTICOLARI – E GODONO DEGLI STESSI DIRITTI E DOVERI DEGLI ITALIANI CON L’OBBLIGO DI PARLARE LA LINGUA ITALIANA

  3. Gianni Macchia

    No grazie. 10 anni sono un modo per valutare il comportamento idoneo alla nostra società per chi viene, lavora e dimostra di volersi integrare.
    Gli esempi scelti, Regno Unito, Francia e Germania hanno problemi di integrazione enormi se comparati all’Italia, a dimostrazione che l’integrazione è inversamente proporzionale alla cittadinanza facile.
    No alla sostituzione etnica. Adesso basta.

  4. Marco perotti

    10 anni sono pochi affinché un soggetto si senta completamente italiano e non abbia legami o simpatie per altri paesi come quello d’origine. Servirebbero almeno 3 o 4 generazioni.

    • Henri Schmit

      Da almeno mezzo secolo gli Italiani all’estero ricevono la cittadinanza dopo appena 10 anni in media, divengono imprenditori, deputati, ministri. Perché? Perchè è giusto così. Quindi comportiamoci di conseguenza.

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