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Borse Usa: il prezzo è giusto?

Non è facile orientarsi nell’andamento del mercato azionario Usa in questa fase. Un confronto storico tra Nasdaq e S&P500 ci dice che è in atto una sopravvalutazione dei titoli, a cui seguirà una correzione. Quando avverrà, però, è arduo prevederlo.

Titoli di borsa e titoli dei giornali

Il 24 maggio 1888 il Financial Times, commentando l’andamento del mercato Usa del giorno precedente, scriveva: “In apertura sembrava profilarsi un andamento positivo del mercato, ma gli umori si sono presto raffreddati per l’assenza di scambi, una situazione poi proseguita per tutto il giorno” (“At the opening there seemed a disposition to make good markets, but this soon wore off in the absence of business, and this has continued during the whole day”).

Questo nel 1888. Le cose non sono cambiate dopo quasi 130 anni: difficile è il compito del commentatore giornaliero del mercato azionario. Certo è frustrante. Il caso dell’indice Nasdaq, o meglio della componente tecnologica delle borse Usa, nelle ultime due settimane è l’ennesima conferma. Quello che può lasciare perplessi non è l’alternanza negli andamenti del mercato, ma piuttosto l’evoluzione rapida e non sempre coerente delle “storie” tramite le quali si cerca di interpretarli.

Dal Financial Times delle ultime settimane:

8 giugno – Il Nasdaq registra nuovi record a chiusura e intraday: “Giovedì gli investitori hanno concentrato i loro animal spirits nel settore tecnologico (…)”.
2 giugno – Le perdite del settore tecnologico bilanciano i guadagni del settore energia: “Ci sono preoccupazioni che l’improvviso calo del Nasdaq (…) possa annunciare l’inizio di una “esplosione della bolla tecnologica” (…)”.
13 giugno – Wall Street tocca nuovi record con i guadagni dei tecnologici e finanziari: “La spensieratezza della Fed circa la valutazione di mercato del punto di massimo del ciclo dei tassi (…) giustifica sia la relativa debolezza del dollaro che la complessiva euforia dei mercati”.
14 giugno – L’azionario Usa cede mentre il settore tecnologico è di nuovo colpito dalla decisione della Fed sui tassi: “Il mercato azionario Usa rimane vulnerabile all’aumento dei tassi di interesse (…)”
19 giugno – Tecnologici e finanziari guidano Wall Street a nuovi record: “Questa dinamica suggerisce che i mercati potrebbero rimanere “overbought” per un po’ di tempo prima che avvenga la tanto attesa correzione”

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A questo punto, si “cambia storia” e si passa da tecnologia a petrolio.
20 giugno – L’azionario si ritira dai valori record mentre il petrolio crolla: “Ritorna il tema dell’eccesso di offerta a livello mondiale (…)”

Comprendiamo quanto sia difficile il compito di giornalisti ai quali è chiesto di “spiegare” giorno per giorno quanto succede, cerchiamo dunque di offrire qualche considerazione di più larga prospettiva su quella che è oggi la valutazione del Nasdaq.

Due indici a confronto

Partiamo dai dati e consideriamo l’andamento nel Nasdaq insieme a quello dello S&P500 negli ultimi venti anni.

Figura 1

La figura riporta l’andamento dei due indici. Il Nasdaq (linea continua rossa) è passato da 1000 a 6200 registrando un incremento di periodo nettamente superiore a quello dello S&P500 (linea continua blu) che è passato da 640 a 2400. Inoltre, la volatilità dell’indice tecnologico è molto superiore a quella dello S&P500. La questione interessante è quanto i valori osservati dai due indici possano allontanarsi dai fondamentali e quale sia l’andamento delle correzioni.

Una possibile risposta è fornita da quello che negli ambienti economico-finanziari viene denominato “Fed model”. Intuitivamente, il “Fed model” ipotizza una stretta relazione fra il rendimento degli indici azionari, misurato dal rapporto fra dividendi e valore delle azioni (dividend yield) e il rendimento a maturità sulle obbligazioni decennali emesse dal tesoro (yield to maturity dei Treasury Bonds decennali). In particolare, l’idea è che le forze di domanda e offerta tendano a equilibrare i due rendimenti. Un eccesso di dividend yield rispetto al rendimento delle obbligazioni a lungo termine tenderà a far investire in azioni, farne salire il prezzo e quindi diminuire il dividend yield. Viceversa nel caso di un eccesso di rendimenti a maturità dei bond rispetto al dividend yield azionario.

Seguendo l’intuizione del “Fed model”, abbiamo ricostruito un valore teorico degli indici che riflette i dividendi distribuiti e il livello dei tassi di interesse a lungo termine. Le linee tratteggiate riportate nel grafico rappresentano il valore teorico dell’indice giustificato dal livello dei fondamentali. Dal paragone tra le linee emerge chiaramente che il Nasdaq è molto più volatile attorno ai fondamentali dello S&P500 e che, in occasione della “bolla tecnologica” di inizio secolo, ha registrato una deviazione di più del 100 per cento rispetto ai fondamentali, mentre S&P500 si “è limitato” a un overpricing del 50 per cento.

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Considerando la situazione attuale, S&P500 risulta fluttuare a un livello molto prossimo a quello dei fondamentali, mentre il Nasdaq è sopravvalutato di circa il 20 per cento. Il confronto con il passato ci dice che una correzione avverrà, ma che la divergenza potrebbe allargarsi ancora molto prima che ciò avvenga.

Lo sappiamo: non suona molto diverso da quanto scriveva l’FT nel 1888. Questa è la natura di mercati come le borse: se fosse facile prevederne le correzioni probabilmente neppure esisterebbero, o sarebbero molto diversi e non ci sarebbe una stampa specializzata attenta e ansiosa alle minime variazioni di prezzo. Volete prezzi più prevedibili? Andate a fare la spesa: le sorprese al supermercato ci sono, ma sono meno frequenti.

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  1. ettore falconieri

    Chi ha qualche decennio di attenzione ai mercati finanziari è scettico su previsioni ed ipotesi, quello che è positivo oggi non lo è domani e viceversa. Ed ora, scorrendo i vari commeattori ed “esperti” (o presunti tali) si trovano valutazioni di ogni genere e contrastanti.
    Prevalgono consensi fasulli che divengono passaparola dogmatici. La verità è che sono di fatto spariti i singoli investitori, comandano i grandi movimentatori di capitali ai quali interessa poco il rendimento, interessa il capital gain al ribasso o al rialzo e vogliono quindi movimentare il mercato, movimentare che si ottiene anche dando peso a notizie fasulle che non dovrebbero avere conseguenza alcuna ssull’andamento di società quotate (scendono le esportazioni cinesi, in Francia puo’ vincere la destra, Trump etc. etc). E la stampa segue a pecoroni. I mercati sono sequestrati dalla grande finanza e non si muovono piu’ secondo regole economiche. di mercato. Nel caso vi interessi, invio al vs email un mio scritto. Ettore Falconieri

    • Marcomassimo

      E’ vero, la finanza andrebbe riformata profondamente se vogliamo che questo mondo migliori; è diventato un settore parassitario a beneficio esclusivo dei troppi che ci lavorano e dei pochi ci lucrano in modo spropositato; ha contribuito a generare una montagna di titoli e debito che è ormai del tutto scollata dal sottostante; la finanza per come ora è configurata è una vera malattia globale.

  2. vittorio carlini

    L’articolo di cui sopra lascia perplessi. I mercati sono diventati molto complessi. Ci sono piattaforme diverse di scambi (che creano, ad esempio, distorsioni sulla liquidità). Operatori di diversa tipologia (dagli Hft a trader automatici a bassa frequenza) che usano l’analisi tecnica come valutazione dei prezzi. Inoltre: la liquidità ancora in eccesso sui mercati (nonostante il rialzo dei tassi da parte della Fed); i miliardari buy back aziendali (per Apple oltre 150 miliardi di dollari) sono tutti fattori che “sporcano” il valore segnaletico di un indice. E gli esempi, in tal senso, potrebbero continuare. Richiamare il “Fed Model” mi pare sia un po’ come, in un sistema di fisica quantistica, ragionare in termini di fisica newtoniana.
    Vittorio Carlini, giornalista finanziario del Sole24ore

  3. in borsa non esiste l aggettivo – giusto-
    bensi di equilibrio per cui riconoscere e attuare in conseguenzia e’ il retto
    dell investitore sia piccolissimo che mega
    il resto sono chiacchere ….

  4. Salvatore Bragantini

    Il Nasdaq credo sia tuttora caratterizzato da una maggior variabilità di ingressi e uscite. In particolare, credo che molte iniziative arrivino al Nasdaq e poi ne escano, spesso per insuccesso. Se questo fosse vero, e se l’indice Nasdaq fosse ovviamente costruito sui “sopravvissuti”, la causa delle divergenza fra linee rosse e blu non potrebbe stare nel “Survivor bias”? Cioè quelli che van male vanno molto male ed escono, restano quelli che vanno da bene a molto ben. In fondo è il tema della maggior volatilità del Nasdaq, cui accennano gli autori. Questo spiegherebbe dunque la curva del Nasdaq.

  5. Henri Schmit

    Interessante, ma è difficle e pericoloso parlare di prezzi di borsa. Quello che personalmente più mi colpisce è la crescita, la redditività, la capitalizzazione di big dell’informatica e del web, e (a pre-scindere dai prezzi di borsa) la ricchezza accumulata in un tempo estremanente breve da pochi fortunati che al momento giusto hanno cliccato il tasto giusto (ogni tasto corrisponde a un certo numero di algoritmi). Non c’è a priori nulla di ingiusto. Ma c’è qualcosa che non va, che non può rimanere com’è. Un’altro aspetto sorprendente è che da un lato i grandi quasi-monopoli americani guadagnano attraverso il mondo più che mai, e simultaneamente l’impero americano si è emsso su un corso protezionista, come se l’era della globalizzazione al servizio del più forte fosse finita. Il futuro ‘finanziario’ delle imprese tecnonologiche e l’impatto del neo-protezionismo sui flussi mondiali sono elementi di incertezza non da poco (per i prezzi di borsa).

  6. Mario Tintorini

    Magari servirebbe nozione di come si costruisce un portafoglio e concetti di diversificazione controllo del rischio.
    Allora i mercati si possono affrontare con indubbi vantaggi per tutta la società.

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