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Magro bilancio per la Consob

Negli ultimi anni la Borsa italiana ha avuto un ruolo sempre più marginale nell’indirizzare i risparmi delle famiglie italiane verso le imprese. Non sembra preoccuparsene il presidente Consob, che nell’ultima relazione del suo mandato si è concentrato su altri temi.

Passato e futuro nella relazione Consob

L’ultima relazione della Consob presieduta da Giuseppe Vegas ha avuto un occhio rivolto al passato e uno al futuro. Per quello che riguarda il passato, ha ricordato l’impatto della crisi iniziata nel 2008 sul sistema finanziario, in particolare attraverso l’aumento dei crediti deteriorati (non-performing loans) sui bilanci delle banche e della conseguente risposta regolamentare, la Bank Recovery and Resolution Directive, in cui sono inserite le norme sul bail-in.
Vegas è stato molto critico verso le autorità europee su questo punto. A suo giudizio, la fretta di risolvere il problema dei crediti deteriorati può essere una cattiva consigliera, favorendo solo gli investitori specializzati, mentre le banche italiane avrebbero le competenze necessarie al loro interno per affrontare adeguatamente il problema. La nuova disciplina sulle risoluzioni bancarie, introdotta senza consultare la Consob, non ha tenuto conto dell’impatto sui piccoli risparmiatori e ha cambiato, in modo retroattivo, la natura di strumenti finanziari quali le obbligazioni subordinate. L’autorità di Borsa non ha potuto nemmeno fare uso del potere di product intervention, cioè della possibilità di vietare la vendita al pubblico di prodotti finanziari opachi, di cui potrà usufruire dal prossimo anno.
Queste circostanze hanno concorso, secondo Vegas, a fare perdere alla Borsa la sua centralità (tra il 2007 e il 2016 la frazione della ricchezza degli italiani detenuta in azioni è passata dal 10,5 per cento al 5,3 per cento) a beneficio di altre attività finanziarie come fondi comuni, depositi bancari e postali. Anche l’evoluzione normativa al livello europeo è stata deludente, secondo il presidente della Consob. In particolare, la disciplina sull’offerta pubblica di acquisto si basa ancora sulla direttiva del 2004 e consente una forte differenziazione a livello di singolo paese che penalizza quelli più aperti alla circolazione dei capitali, tra cui l’Italia.
Per quanto riguarda il futuro, Vegas ha detto che la sfida che le autorità di regolamentazione e supervisione dei mercati finanziari dovranno fronteggiare è quella della digitalizzazione e della disintermediazione del settore finanziario (FinTech). L’accesso ai big data consente di identificare con maggior precisione le preferenze e i bisogni degli individui, ma al contempo costituisce una barriera all’entrata dei concorrenti. La disintermediazione potrà consentire un più facile accesso al credito e al capitale di rischio, ma al contempo pone una minaccia molto seria al conto economico delle banche, aggravata dal fatto che il FinTech si trova in un limbo regolamentare, mentre le banche sono sottoposte a una regolamentazione invadente.

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Bilancio di fine mandato

In un contesto così dinamico, le imprese italiane quotate mostrano un immobilismo sorprendente.
La concentrazione proprietaria è ancora molto elevata (la quota media detenuta dal principale azionista è del 47 per cento, mentre quella del mercato è intorno al 40 per cento). Per quello che riguarda i sistemi di amministrazione e controllo, quello tradizionale viene scelto dal 90 per cento delle imprese del segmento Mta (mercato telematico azionario) mentre al sistema monistico e a quello dualistico restano solo le briciole. Unica vera novità è la presenza femminile nei consigli di amministrazione, che ha raggiunto il 31,6 per cento dal 6,3 per cento del 2009. La raccolta di risorse tramite la Borsa si è contratta del 36 per cento rispetto al periodo precedente, portandosi a 6 miliardi di euro e il contributo delle Ipo è passato dai 5,5 miliardi del 2015 agli 1,4 miliardi del 2016. Anche le ammissioni a quotazione si sono ridotte nel 2016 a quattordici (di cui solo tre nel Mta) dalle ventisette del 2015. La capitalizzazione della Borsa è scesa al 32 per cento del Pil dal 35 per cento del 2015.
Vegas è stato nominato presidente della Consob alla fine del 2010. Il suo mandato è coinciso quindi con anni di crisi acuta sia nell’economia reale che nei mercati finanziari. È un elemento che non può essere trascurato nel fare un bilancio del suo mandato. Ma non si può nemmeno trascurare il fatto che la Borsa italiana ha avuto in questi anni un ruolo sempre più marginale nell’indirizzare i risparmi delle famiglie italiane verso le imprese. E alcune aziende italiane hanno preferito quotarsi altrove piuttosto che a Milano. Sono questi i temi sui quali ci si aspetterebbe una riflessione dal presidente delle Consob, che invece anche quest’anno, come in passato, ha preferito parlare di argomenti non strettamente di sua competenza, come la politica monetaria della Banca Centrale Europea, e ha cercato in ogni modo di fornire un quadro che evidenziasse solo le responsabilità di altri soggetti. Vegas ha sorvolato sulle responsabilità della Consob nell’anomala distribuzione delle obbligazioni subordinate bancarie presso la clientela “retail” e non ha detto se si sarebbe potuto fare di più nell’opera d’informazione sulle implicazioni della direttiva sul bail-in. Un’autoassoluzione totale, insomma, che rende sorprendente e stonata la decisione di chiudere la relazione con la famosa citazione kantiana “Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”.

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  1. bob

    ..ma la Borsa dove è ? Se questo Paese non torna con i piedi per terra saranno guai seri per il futuro . Un Paese che va avanti per spot

  2. andrea goldstein

    da uno che da docente di diritto ecclesiastico a Parma è passato a fare il VM dell’Economia difficile attendersi molto di meglio … adesso vediamo chi viene nominato al suo posto ….

  3. ettore falconieri

    La Consob è restata indifferente a quanto successo nella borsa italiana nella quale troppi titoli sono vittime di una violenta speculazione, altrove, per esempio, le vicende del titolo Montepaschi con oscillazioni incredibili da un giorno all’altro, avrebbero motivato, a furor di popolo, il licenziamento di Vegas e compagni.

    • Pierluigi Molajoni

      I movimenti del titolo Montepaschi sono stati una vera vergogna italiana, mi chiedo cosa abbiano pensato gli operatori dei paesi in cui movimenti eccessivi fanno scattare automaticamente il blocco delle contrattazioni

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