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Finale di partita, ovvero come non si esce dall’euro

L’uscita dall’euro raccontata da una tragedia in un prologo, tre atti e un epilogo. Per ora è fantapolitica, presto però potrebbe essere realtà. Ma se non esiste un modo ordinato per uscire dalla moneta unica, cerchiamo di farla funzionare meglio.

Prologo

Dopo infinite mediazioni, il parlamento italiano approva, per entrambi i suoi rami, una nuova legge elettorale proporzionale, blandamente corretta con una soglia di sbarramento relativamente bassa. La data delle elezioni è fissata per domenica 11 marzo 2018, fine naturale della XVII legislatura. All’avvicinarsi delle elezioni, i partiti antieuropeisti appaiono sempre più in testa nei sondaggi. In mercati già nervosi per la fine del programma di acquisto di titoli pubblici da parte della Banca centrale europea, lo spread tra Bund e Btp sale a oltre 350 punti base, mentre la borsa italiana continua a scivolare. In particolare, i titoli bancari sono sotto stress. Gli investitori esteri sono i primi a uscire dal rischio Italia: rischio di ingovernabilità e rischio di vittoria dei partiti anti-euro.

Atto I

Alle elezioni, nessun partito ottiene la maggioranza e formare un nuovo governo risulta estremamente difficile. Ma alla fine una eterogenea coalizione si coagula per un esecutivo di scopo, che tra altro si propone di indire un referendum consultivo sull’appartenenza all’Unione monetaria e all’euro.
Tutti, salvo i leader al governo, hanno chiaro in mente che l’eventuale uscita dall’euro, implicando una ridenominazione del debito italiano nella nuova valuta (che si vuole svalutata rispetto alla moneta unica) equivale a un default dello stato italiano. Così lo spread tra i Btp decennali e i Bund schizza a 600, mentre i tassi a breve superano il 10 per cento. A questi livelli sia il deficit che il debito pubblico sono destinati a salire ben oltre le previsioni governative e gli impegni presi con Bruxelles. Anche le banche italiane subiscono pesanti perdite, giacché il valore degli oltre 160 miliardi di titoli pubblici italiani presenti nei loro bilanci subisce un tracollo. Molti italiani, spaventati, scappano dai titoli di stato e dai depositi bancari. Tanti accumulano banconote (cioè euro), che tengono nelle cassette di sicurezza o sotto i materassi (i furti nelle case si moltiplicano). La Bce interviene fornendo liquidità straordinaria alle banche italiane.

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Atto II

Il referendum è fissato per la metà di giugno 2018. Le agenzie di rating tagliano il loro giudizio sui titoli di stato e sulle banche. In un clima di forte caduta dei corsi, la Bce è costretta a non accettare più titoli del governo italiano quale collaterale per la liquidità che fornisce al sistema. Alcune aste di titoli di stato vanno deserte. I tassi d’interesse, incorporando un premio per il rischio crescente, salgono a livelli mai visti dalla fine degli anni Settanta, e spingono sempre di più i debitori a non pagare, moltiplicando i crediti deteriorati. Come avvenuto nel passato in numerose crisi valutarie in America Latina ma anche a Cipro, le banche vengono chiuse e ai bancomat – dove si sono formate lunghe code – il contante distribuito viene razionato a mille euro al mese per persona. Per arginare la fuga di capitali la Guardia di finanza e l’esercito vengono mobilitati alle frontiere. Molte aziende sono costrette a chiudere temporaneamente per l’impossibilità di accedere al credito e per la caduta verticale della domanda interna di beni e servizi. I fallimenti e i licenziamenti hanno un’impennata. Ciononostante, l’inflazione comincia a salire perché la caduta della produzione è anche maggiore di quella della domanda e perché si stanno consolidando aspettative di svalutazione.

Atto III

La crisi italiana ha ampie ripercussioni anche all’estero. Il contagio è globale. Molte banche e aziende straniere, che hanno cospicui interessi in Italia, sono prese d’assalto dalla speculazione. La Commissione europea, la Bce, il Fondo monetario internazionale, ma anche i governi degli altri paesi del G7 e, in prima fila, il presidente Trump studiano un piano per fronteggiare quello che potrebbe diventare il più grosso default della storia. Oltre allo stato italiano, anche le principali banche del paese sono di fatto insolventi, date le forti perdite accumulate sul loro attivo di bilancio (titoli e prestiti). Le aspettative sono per una svalutazione di almeno il 40 per cento della nuova moneta, “creatura destinata a nascere sotto maligna stella”, dichiara in parlamento il deputato di colore Otello.

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Epilogo

Al referendum, la maggioranza degli italiani vota a favore dell’euro e viene messo in piedi un enorme piano internazionale di salvataggio dell’Italia e delle sue istituzioni finanziarie, ma ci vorranno anni per sanare i danni provocati dall’aver messo in discussione la moneta unica europea. A tutti torna in mente il monito di Mario Draghi che l’euro è una costruzione irreversibile, dalla quale non si può tornare indietro.
Morale: se non esiste alcun modo ordinato per uscire dall’euro, cerchiamo di farlo funzionare meglio.

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44 commenti

  1. michele

    Scusate gentili autori, ma non comprendo il vostro ” catastrofismo” ad ogni costo.
    Non credo al film che avete raccontato.
    E’ vero. Sono solo un cittadino di questo “povero” stato.
    Ma, voglio chiedere:
    -prima dell’avvento dell’euro come vivevamo? Ricordo che avevamo un debito inferiore all’attuale. Avevamo un reddito mediamente superiore al limite della sopravvivenza con maggiore potere di acquisto (2000 lire per un chilogrammo della frutta migliore…oggi ce ne vogliono 4 euro).Abbiamo acquistato casa col mutuo a tassi a due cifre. Non c’erano milioni di italiani senza lavoro e/o che sopravvivono frugando negli avanzi della spazzatura…
    Allora, l’euro ci ha fatto crescere o ci ha ributtato nel 18° secolo???
    Grazie, un saluto michele

    • Licio Meridio

      Da duemila lire a quattro euro il prezzo è quadruplicato in venti anni. Nei venti anni precedenti era decuplicato.

    • Carmine Meoli

      Chiede attenzione la ampia schiera di persone che esprimono dubbi sui vamtaggi e sulle vie di uscita.
      Sono tuttavia vissuto con la convizione di una vantaggiosa decisione quella della adesione ,non priva
      di effetti indesiderati ma nel suo insieme vantaggiosa.
      Ora confido che si possa tanto avanzare nella costruzione della Europa unita quanto vedere dare risposte
      alle lamentele che nascono da reali difficolta anche quando esse prescindono dalla moneta uinica.

    • Amegighi

      Io ho vissuto nel periodo dell’inflazione a due cifre degli anni ’70. Ero giovane, ma ricordo che mio padre ricevette un mese come altri dipendenti pubblici lo stipendio in BOT, segno che se le cose vanno male lo Stato (come nel prelievo notturno dai cc degli anni 90) fa quello che vuole (Argentina e Grecia insegnano). Non sono tanto d’accordo sul potere di acquisto ridotto. Molti prodotti saranno aumentati (ma la verdura di stagione si trova a prezzi simili al netto dell’inflazione), ma altri sono (relativamente, al netto dell’inflazione) addirittura ridotti.
      La casa si acquistava col mutuo a due cifre, ma piccolo, e lo si pagava stringendo fortemente la cinghia; si è acquistata quasi all’intero costo col mutuo ad una cifra e stabile dal 2001 al 2008. D’estate si andava in vacanza nella pensioncina a basso costo, senza televisione, wifi, piscine eccetera. Il telefonino ed il computer non esistevano e la macchina di uso comune era una”berlina” come la 850 o la 600 o la Innocenti. Pochi avevano due macchine e si usavano i mezzi pubblici per andare al lavoro o a scuola. Molti studenti universitari usavano la bicicletta e al massimo il motorino (il Ciao o il mitico Califfo).
      Io penserei a come eravamo nel 1970. Si viveva dignitosamente, direi bene per quei tempi. Ma la domanda è se saremmo d’accordo di ritornare come allora, mentre tutti gli altri vivono meglio e rinunciando a tutto? Allora si esportava con l’inflazione che distruggeva lo stipendio dei dipendenti.

      • roby

        Caro ameghighi. Probabilmente nemmeno avremmo sentito bisogno di avere 2 macchine, e nemmeno di farci la vacanzina all’estero. I nostri connazionali (e molti miei coetanei diciamo giovani) prefescono fare 2 gg a parigi spendendo gli stessi soldi che spenderebbero in una pensioncina, facendo solo crescere il pil delle grandi città. Se poi quello di “toccata e fuga” ti sembra un turismo produttivo, stiamo a cavallo. Io vedo solo puro consumo. Ah e ringrazia la tecnologia se oggi è scomparso il 50% dei lavori che esistevano e molti dei lavori nascenti, ( come il data analyst che è la mia professione) sono stressanti e snervanti. Penso che con la macchina da scrivere si stava meglio.
        Firmato, felicissimo non più possessore di automobile

  2. Henri Schmit

    D’accordo con le valutazioni generali, ma non con il dettaglio. Che cosa vuol dire l’euro è irreversibile? Che il presidente/BCE si augura che sia così e che farà di tutto purché finisca così, nei limiti dei suoi poteri e della scadenza del mandato. Il concetto è analogo a quella della ‘ever closer union’ e abbiamo visto come è finita con l’UK. Anche perché – ecco il mio dissenso – i trattati non sono abbastanza duttili per comprendere meccnismi di disaggregazione. Tali strumenti, se esistenti, fungono anche da valvola di sicurezza: piuttosto che far scoppiare tutto, si può passo per passo studiare una ritirata, su un punto, per un paese. Non commettiamo l’errore che abbiamo commesso tutti con la BREXIT: ‘intanto non può succedere perché costerebbe troppo a tutti, anche ai Britannici’. Effettivamente anche loro ci perderanno, a meno che l’UE si riveli per colpa dei governanti incapaci o dei paesi inadempienti un fallimento tale che sarebbe davvero preferibile non esserci mai entrati. La stessa cosa purtroppo potrebbe succedere, con o senza referendum (un’altra valvola di sicurezza), per es. attraverso elezioni che portano al potere partiti anti-europei, in qualsiasi paese che per ragioni di insoddisfazione generale dell’elettorato opterebbe per lo sfascio. Non scommetterei sull’esito di un referendum Italexit. Il problema non è Italicum vs. Consultellum, ma governanti capaci che dicono la verità vs. impostori.

  3. Tommaso

    La questione che mi pongo è: paventare questi scenari catastrofici, pure se realistici (e comunque le previsioni a riguardo sono ambivalenti), non rischia di addormentare la riflessione? Intendo dire: posto pure che dato che “non esiste un modo ordinato di uscire dall’euro” (ma non esiste per ora, in base all’assenza di un consenso politico? o non può esistere?) questo non può e non deve significare che si smetta di riflettere su se l’euro sia e sia stato un progetto economicamente sensato o meno. Sono certo che gli eminenti autori di questo articolo non intendono certo “sedare il dibattito”, ma noto sempre di più sui media mainstream la tendenza a rifiutare ogni critica e ogni proposta di riflessione sull’opportunità dell’euro come “pericolosa”, sulla base di questo più o meno fondato catastrofismo sull’uscita o su ragionamenti di opportunità politica. In breve: se l’euro è una porcheria e un’ingiustizia, lo è e lo rimane anche se il suo smantellamento fosse più costoso del suo mantenimento. Non sto dicendo che necessariamente lo sia, ma si fatica oggi a trovare uno spazio di dibattito in cui si parli apertamente di se l’euro sia o meno una sensata su un piano economico. Che bene fa l’euro alle economie? In quale modo il sistema euro resiste ai danni causati dalla mancanza di flessibilità di cambio? È solo mia l’impressione che si parli poco di questo, e molto di ragioni politiche o di presupposti danni enormi di una eventuale uscita?

  4. shadok

    Lo scenario prospettato ha a mio avviso un grosso difetto: indire un referendum per l’uscita dall’euro è un’azione suicida, così stupida che nemmeno i più ineffabili anti euro nostrani l’attuerebbero… (spero…). L’unica strada realistica per una uscita unilaterale è un colpo di mano, senza passare nemmeno dal parlamento. Ma è una ipotesi verosimile?

    • Mauro Patrucchi

      Se le elezioni sono a marzo come si fa a fare un referendum a giugno sull’euro se ci vuole una legge costituzionale per poterlo fare?
      E gia questo la dice lunga sulla “conoscenza” degli autori.
      Poi, fare un referendum su un cadavere per sapere se si vuole tenere in vita, essendo cadavere in avanzato stato di decomposizione, mi sembra una idea decisamente bislacca.
      Ma veniamo alla “scienza”: quale sarebbe il “modello” che prevederebbe una svalutazione del QUARANTAPERCENTO? No perche modelli realistici di studiosi hanno palesato rivalutazioni (ovvie) della nuova valuta verso Grecia e Spagna, ma anche verso la Francia (che è piazzata decisamente peggio dell’Italia) mentre dimostrano rivalutazioni forti della sola valuta tedesca.
      Ora. Capisco essere miopi, capisco essere di parte, capisco essere talebani dell’eurone tanto bbuono tanto bbello che ci protegge, ci da il dividendo, ci fa lavorare un giorno in meno e ci fa guadagnare come se lavorassimo un giorno in piu, ma possibile che nel 2017 ci sia ancora qualcuno che parli di svalutazioni catastrofiche, default pazzeschi, irreversibilita dell’euro?
      Sciocchezze scamaniche di tali proporzioni (cit. Samuelson) dovrebbero portare all’allontanamento immediato dalla cattedra chi le propugna al prossimo.

  5. Piero Fornoni

    non sono d áccordo sulla felice conclusione :
    L´ Italia ha un debito cosi´alto che nessuna istituzione internazionale la puo´ salvare , perche´vorrebbe dire bloccare gli aiuti a qualsiasi altro paese.
    Gli italiani devono mettersi in testa che devono salvarsi da soli,altrimenti sara´una catastrofe sociale ed economica.

  6. arthemis

    @ Shadok, Henri:

    Se non è irreversibile ma facciamo default va bene lo stesso?
    A meno di colpo di mano (di Stato?) notturno, che impedisca fughe di capitali di privati e imprese -ma non i problemi delle aziende nostrane quotate in euro, per dirne una- lo scenario è tristemente plausibile (v. Cipro, Venezuela ecc.).
    Tra l’altro, la svalutazione è proprio quanto vogliono i partiti che chiedono voti sull’uscita dall’euro – dovrebbero forse spiegare cosa questo comporterebbe ai loro potenziali elettori (spesso a reddito fisso).

    • Henri Schmit

      L’€ non è irreversibile, ma capisco (e approvo le ragioni di) Draghi quando lo sostiene. L’Italia DI FATTO non può uscire perché ha delle finanze pubbliche che non glielo permetterebbero a meno di accettare l’affondo totale (cf. lo scenario semi-serio dell’articolo). Ma dobbiamo lo stesso valutare tutte le eventualità, tenere un discorso di verità e convincere chi per disperazione tende a credere le lusinghe di quelli predicano l’antagonismo all’UE, dalla Lega e dal m5* fino ai Renzi di oggi di qualche anno fa.

  7. Cassandro

    Tutto molto logico, ma le variabili sarebbero molte e molte di più a mio modestissimo parere, non contemplabili a priori.
    Il Nord Italia produttivo, in caso di tracollo economico e sociale verticale, rimarrebbe a guardare la politica immobile di Roma?
    la società industriale/produttiva del Nord rimarrebbe immobile a guardare una svalutazione del proprio patrimonio del 40%?
    In quel caso o i Carabinieri/Esercito intervengono per mantenere il controllo a livello nazionale instaurando quantomeno una dittatura bianca, o la disgregazione sarebbe inevitabile; a quel punto avremmo un Nord Italia che in un paio d’anni chiude il gap e stamperebbe una moneta simil-CHF e il Centro-Sud che finirebbe come fanalino di coda dietro alla Grecia.

  8. Lucio de Benedictis

    Scenario catastrofico e (spero) solo ipotetico, come quelli paventati da chi l’euro l’ha voluto e sostenuto per esigenze che non erano (né lo sono mai state) quelle degli italiani.
    L’euro è stata una disfatta per la parte migliore dell’Italia: il risparmio, che è stato soppresso e svalutato.
    Ora va trovata una soluzione – non certo da chi ha creato il problema – perché proseguire di questo passo per gli italiani significa solo … morire di inedia a vantaggio della Germania, delle multinazionali e di una certa elite finanziaria che vive di speculazioni.
    Credo che si voglia solo puntare sul catastrofismo e sulle ragioni politiche, senza nessun esame vero di come organizzare il cambio, di come rendere credibili i bilanci al fine di una vera quotazione borsistica, di come organizzare i rapporti tra Stati (come sta facendo la Gran Bretagna).
    L’euro è stato una débâcle e perseverare è solo … diabolico

    • Amegighi

      La Germania ha certamente tratto vantaggio dall’euro, ma si tratta della maggiore economia europea e la quarta mondiale. Dire che è colpa della Germania è chiudere uno o forse due occhi.
      In 20 anni ricordo che i tedeschi hanno ricostruito a partire da zero uno stato (ex-DDR; c’ero stato e so come era) assorbendo 20 milioni di persone. Hanno riconvertito la loro industria, puntato sulla ricerca (spendono il triplo di quello che spendiamo noi), e fatto le corrette riforme strutturali, traendo vantaggio dal periodo pre 2008.
      La nostra economia NON si è riconvertita, NON ha puntato sulla ricerca, E’ rimasta ancorata alle PMI pensando di vivere sulle svalutazioni come prima (dimenticando i paesi emergenti…), HA smantellato quello che rimaneva delle grosse imprese, NON ha una strategia, NON ha puntato sulle nuove tecnologie, NON ha stimolato adeguatamente lo sviluppo di nuove imprese (gli “incubatori” di impresa sono solo macchine mangiasoldi prive di idee pratiche), e si è accorta in ritardo come tutti noi che euro per l’economia significa concorrenza e non svalutazione. Aggiunga che l’Italia NON ha ancora ricostruito una parte del paese (mezzogiorno) da 70 anni, continuando a dilapidare denaro, NON ha ristrutturato un bel niente, si permette di spendacciare quel poco che mette in ricerca senza sapere bene cosa realmente fare, e, sorpattutto, NON ha una chiara idea di cosa farà non solo tra 10 anni, ma neanche domani. Un disastro annunciato, e a poco vale dare la colpa ad altri

  9. Ginevra

    Scenario verosimile, ma pur sempre solo economico. Non si tiene conto del fatto che la distruzione dell’euro comporterebbe quella dell’UE e che l’integrazione europea è un progetto eminentemente politico, volto a garantire la pace e la cooperazione tra i popoli. Siamo l’unico continente che vanta una lunga stagione di pace tra gli stati dopo secoli di guerre sanguinose. L’avere archiviato nei cassetti della storia l’esperienza della guerra ci fa dimenticare che in tutto il resto del mondo le guerre continuano e non ci fa rendere conto che se eliminiamo l’argine che 70 anni fa i nostri padri eressero contro le guerre, queste possono anche ritornare. Non è un caso che a volere l’uscita dall’euro siano i partiti eredi della tradizione nazi-fascista (variamente reinventati sotto altre etichette), che l’ultima grande guerra provocarono.

  10. Fulvio Zappa

    Catastrofismo allo stato puro. Anzi meglio euroterrorismo. A partire dal referendum che è una boutade, dall’euro usciremo per decreto d’urgenza quando sarà tropp tardi da un pezzo.

  11. stefano

    Prendo alcuni appunti a matita sul tema e faccio alcune considerazioni. Una moneta unica ha dato ai nostri figli la possibilità di trovare un lavoro,fuori dall’ Italia (vista la crisi, delle cause ne parlo dopo.) A noi genitori di spostarsi facilmente per incontrarli tranquillamente. Con la nostra Italexit dovremmo restituire alla BCE più di 200 miliardi,il saldo debiti/crediti che ci sono stati prestati in Euro. E la BCE li rivorrebbe certamente in Euro e non in neo-lire. La nostra neo-lira si svaluterebbe? – E di quanto? – Si avrebbe un crollo di fiducia nei confronti dell’ Italia, verrebbero venduti i nostri titoli ? – Quanto è profezia e quanto può realmente accadere ? – Chi può avere delle certezze che non accada ? – Come reagiranno gli altri Paesi europei ?. Le cause… e le nostre acclarate patologie : Debito pubblico eccessivo – Alcune Banche in serie difficoltà – Spesa pubblica improduttiva,fuori controllo – La nostra bassa produttività resterebbe tale, infatti dal 1996 al 2016 è cresciuta appena dello 0,3% contro la media Europea del 1,6% – Come si renderebbe più efficiente la Pubblica amministrazione ? – I nostri servizi pubblici migliorerebbero ? – La nostra attattività come Paese nei confronti degli investitore esteri, con una legislazione del lavoro, che cambia con una frequenza tale, da ricordare i tabelloni dei voli, in aeroporto. Non credo che chi investe apprezzi, tanta volatilità. Ma..veramente crediamo che basta dare un nome diverso alla moneta ed è magia

  12. Nicola Cavaliere

    Tutto si basa su un presupposto che secondo me è tutto da dimostrare e cioè che “alla fine una eterogenea coalizione si coagula per un esecutivo di scopo, che tra altro si propone di indire un referendum consultivo sull’appartenenza all’Unione monetaria e all’euro”.
    io non credo succederà.

  13. Giuseppe Mazzoni

    Scenario molto realistico.
    L’euro è, a mio parere, per un sistema politico debole, la “camicia di forza” che obbliga un paese ad affrontare i propri problemi invece che fare la politica dello struzzo.
    I principali problemi dell’Italia sono: corruzione, dominio della criminalità in vaste aree del paese, inefficienza della pubblica amministrazione, lentezza della giustizia, sistema scolastico non adeguato alle esigenze del futuro, infrastrutture carenti, scarsa produttività. Uscire dall’Euro rende più difficile affrontare questi problemi, non più facile.

  14. enzo

    Senza entrare nella questione e polemica politica e nemmeno sulla opportunità economica dell’eurosi ed euro no, ma per semplice curiosità sull’impossibilità “tecnica” di uscire dall’euro faccio un’ipotesi : il giorno X il governo italiano introduce una nuova moneta (magari la chiama lira) , l’euro resta comunque in circolazione (tipo vecchi e nuovi franchi, anche se ora si tratta di una valuta straniera) , i crediti e i debiti pregressi restano in euro (compreso il debito pubblico) lo stesso dicasi per i depositi (automaticamente sarebbero ammessi nelle due valute e ognono avrebbe diritto a non veder convertiti i suoi euro). Domanda : questo scenario sarebbe tecnicamente realizzabile?

    • arthemis

      ma senza obbligo, chi userebbe questa nuova moneta, dentro e fuori l’Italia?

      • enzo

        perché senza obbligo ? la nuova moneta sarebbe la valuta ufficiale e tutti i nuovi contratti sarebbero in questa valuta (quindi obbligo di utilizzo). per quanto riguarda il pregresso debiti, crediti e depositi questi resterebbero in euro come valuta estera . esempio : un’impresa vanta un credito verso un’altra in euro. Questa pagherà direttamente in euro o utilizzando la sua liquidità in questa moneta o cambiando la valuta nazionale al tasso di cambio. Ovvio che l’impresa di un paese euro dopo il giorno X potrà continuare a emettere fatture in euro . quello che non potrà succedere è che l’impresa nazionale dopo il giorno X emetta fattura in valute diverse da quella nazionale sia verso le imprese che i consumatori. Il mio è un esempio teorico , ovvio che il vantaggio di taroccare il debito pubblico non ci sarebbe,

    • Francesco Camagni

      Supponendo tale scenario, forse infattibile per vincoli legislativi, se ci fossero due valute (Euro e Lira), una molto stabile, addirittura in deflazione (Euro), ed una meno stabile, probabilmente in inflazione costante (Lira), perché uno dovrebbe accettare di essere pagato con quella meno stabile? Nessuno vorrebbe le Lire, e gli unici che se le ritroverebbero in tasca sarebbero quelli che vengono pagati dallo Stato (aziende con contratti o commesse statali, dipendenti pubblici, etc.), i quali, comunque, correrebbero a cambiarle in Euro per non rischiare che si deprezzino.

      • enzo

        Oltre a quanto detto nella risposta ad arthemis aggiungo per spiegarmi meglio. l’italia non potrebbe stamapre altri euro così come la francia non continuava a stampare vecchi franchi. Sarebbe come se il nostro debito pubblico fosse in dollari ed in tale valuta dovesse essere ripagato.sarebbero comunque tutelati i creditori privati ed i titolari di depositi mantenendo il valore originario dei loro titoli. Sono d’accordo che per tutelarsi molti correrebbero a cambiare la lira in euro (ma di volta in volta). Sicuramente ci sarebbero anche altri effetti negativi che non ho considerato , volevo solo dire che l’impossibilità “tecnica” forse non esiste

  15. Carmine Meoli

    Prestare attenzione e mitigare i disagi dei cittadini in difficolta o delusi deve essere compito primario dell’Europa e dei politici.
    Tuttavia non mi pare veritiiero attirbuire alla moneta unica le responsabilita di una crisi non superata e tantomeno immaginare che il ritorno a monete nazionali sarebbe una cura valida .

  16. Gaetano

    Non credo che l’autore abbia scritto questo articolo con l’intento di anestetizzare o terrorizzare le nostre menti dall’uscita dall’euro. Ma credo abbastanza rello scenario delineato, è alquanto possibile ma non probabile. In ogni caso credo che la prossima moneta sarà mondiale, i Bitcoins.

  17. Alessandro Sebastiani

    Il tema trattato, euro si / euro no, come al solito suscita tanti commenti e animosità.La materia è complessa, occorre studiare per comprenderla, ma invece tutti si sentono in grado di affrontarla, con conclusioni errate. Penso che ciò derivi dal fatto che l’economia è una scienza e come tale dice la verità, anche quando non piace. Non ci piace sentirci dire che nella nostra situazione economica non esiste la possibilità di tornare alla lira senza gravissime conseguenze e nessun vantaggio. Non ci piace sentirci dire che occorrono profonde riforme strutturali in tutti i campi che migliorino la competitività dell’Italia. Tanti politicanti lo hanno capito, sanno che più la sparano grossa contro l’euro e l’Europa più voti prenderanno. Non facciamo il loro gioco ! Cerchiamo di comprendere a analizzare con pacatezza e studio i temi proposti con chiarezza dalla Lavoce-info

  18. Francesco

    Ai commentatori sfugge un piccolo ma rilevante particolare: un referendum sull’Euro , ex art.75 Cost., non è possibile, ossia l’Euro non può essere oggetto di quesiti referendari.

    • infatti ci si dovrebbe uscire d’autorità da un giorno all’altro proprio come ci si è entrati. Questo articolo è tragicomico, nel senso che è comico ma che è tragico che ci sia qualcuno che possa credere a tante panzane tutte assieme. Da dei laureati in discipline economiche ci si aspetterebbe almeno uno studio dell’uscita del 1992 in cui ahimé non si sono viste né le cavallette né le morie delle vacche. Anzi UK e Svezia che sono stati così intelligenti da non rientrare ora hanno disoccupazione metà della nostra e crescita 10 volte la nostra.

  19. Giuseppe Brandmayr

    Quanti commenti a favore della liretta. Questi pensano che si stava meglio prima. Oggi si sta peggio e accusano di questo l’ euro. Nessuno parla di ignoranza, incapacità, inefficienza, corruzione, criminalità, classe politica indecente eccetera eccetera. Tutti pensano che una volta usciti dall’ euro tutte queste cose saranno risolte e si tornerà ad un futuro felice. O che prima dell’ euro tutte queste cose non ci fossero.
    Non pensano che l’euro ha solo portato allo scoperto le contraddizioni della nostra società. Sono come quel malato che avendo la febbre se la prende col termometro.
    Auguri.

    • insomma prima dell’Euro c’era la corruzione ma ci si viveva ed eravamo la 5a potenza industriale del mondo. Fino a che non si è svenduta la sovranità monetaria (dopo la morte di Aldo Moro) non eravamo affatto malati. Con l’Euro secondo te non è cambiato niente, c’è sempre la stessa corruzione ma il debito è al 130% del PIL, la disoccupazione è alle stelle, il 25% dell’industria ha chiuso. Grazie tante ma preferivo che “le contraddizioni della società” rimanessero coperte, e mi sembra un po’ idiota chi inneggia alla “scoperta”.

  20. Davide

    Atto I: la bilancia commerciale italiana è in crisi da quasi vent’anni (guarda caso inizia con l’introduzione di una certa moneta, puramente un caso)
    Atto II: la crescita non esiste e la disoccupazione è alle stelle, l’Italia ha perso un quarto della produzione industriale
    Atto III: austerity che rende gli atti precedenti anche peggio.
    Maperamordiddio non mi toccate l’Euro altrimenti è una catastrofe!!! E non se ne parli neppure!!! Come se la catastrofe non la stiamo vivendo da quasi vent’anni!

    • Maurizio Cocucci

      La bilancia commerciale italiana è in attivo dal 2013, dal dopoguerra è stata pressoché sempre in passivo. Il tasso di disoccupazione attuale è stato già toccato in precedenza, ad esempio proprio successivamente all’uscita dallo SME nel 1992, durante il triennio 1993-1995 in cui si persero complessivamente circa 850 mila posti di lavoro. La bilancia commerciale passò in attivo in quanto le esportazioni crebbero, vero, ma le importazioni subirono un notevole rallentamento dovuto al calo della domanda interna che portò l’economia in recessione nel 1993. Prima ancora nel biennio 1987-1988 si raggiunse un tasso di disoccupazione a due cifre, quindi non tanto diverso da quello attuale. Nell’ultimo biennio 2015-2016 il PIL dell’eurozona è cresciuto rispettivamente del 2,0 e del 1,8%. Se in Italia il livello è risultato più o meno della metà forse la causa è interna e non in comune con le altre nazioni che hanno visto una crescita maggiore. L’euro si può tranquillamente mettere in discussione ma in maniera più seria ed approfondita di banali teorie basate su sequenze semplicistiche del tipo: uscita e riadozione di una propria valuta, deprezzamento, aumento delle esportazioni con conseguente crescita economica. Oppure sul fronte del bilancio pubblico con la libertà di spendere e fare deficit senza preoccuparsi di tassi di interesse, mercati, inflazione e quant’altro. Se si riuscirà a dimostrare i vantaggi di una uscita dalla moneta unica, nessuna remora a perseguire questa via.

      • e chieditelo un po’ perché c’era disoccupazione al momento dell’uscita dallo SME. L’acqua bolle istantaneamente oppure arriva a 100° perché prima è stata a 20 30 50 70 90? E poi impiega un pochetto a raffreddarsi… O l’economia si muove in modo istantaneo?
        Secondo: ma lo sai che da qualche anno Eurostat calcola la disoccupazione in modo diverso (se hai lavorato un’ora sei contato come “occupato”; in pratica una disoccupazione del 10% nuovo sistema equivale al 20% vecchio sistema)…
        Terzo: reintrodurre il cambio non è solo questione di svalutazione, è anche questione di rivalutazione: i prodotti nazionali mantengono lo stesso prezzo e i prodotti esteri diventano più cari, cosa che spinge all’acquisto di prodotti nazionali; ergo riaprono fabbriche, ergo gente disoccupata lavora, guadagna ed ha soldi da spendere – prevalentemente in prodotti nazionali perché quelli esteri costano di più -> un circolo virtuoso e non più il circolo vizioso che invece è proprio dell’Euro (che ha bloccato la rivalutazione del Marco tedesco e reso artificialmente economici i beni tedeschi).

  21. Maurizio Cocucci

    Sarebbe opportuno integrare l’aspetto finanziario ed economico con quello legislativo. Attualmente non è possibile la sola uscita dall’euro rimanendo nella UE perché manca la norma di riferimento. L’unica via per questa soluzione sarebbe quella di fare richiesta e con l’unanimità dei Paesi ottenere il benestare inserendo una norma ad hoc, diversamente non si può fare. La Gran Bretagna non ha adottato l’euro perché c’era una clausola alla quale fare riferimento e ha chiesto ora l’Uscita dalla UE perché c’è un articolo che permette questa possibilità. Aggiungo che non sarebbe nemmeno comprensibile la sola uscita dalla moneta unica in quanto i vincoli di bilancio rimarrebbero comunque e coloro che optano per questa soluzione desiderano liberarsene, che siano quelli del Trattato di Maastricht o del più recente Fiscal Compact. Insomma, o si esce dalla UE o si rimane, al momento non sono contemplate soluzioni intermedie né penso che i Paesi membri siano disposti ad inserire escamotage di questo genere. Uscire dalla UE però significa uscire dal mercato unico con tutte le conseguenze che comporta, qualche politico auspica di farlo per rimettere i dazi ma chi opera sul mercato (le imprese) di certo non sono favorevoli. La Gran Bretagna se ne sta accorgendo ora e vedremo cosa riuscirà ad ottenere. Nel frattempo nel Regno Unito i salari crescono a tassi decrescenti contrariamente al livello dei prezzi riducendo così progressivamente l’aumento dei salari in termini reali. Bel risultato.

  22. stefano8

    La morale finale è condivisa.
    Con l’obiettivo di migliorare la produttività del paese anche le risorse intellettuali non andrebbero sprecate.

  23. Henri Schmit

    Sono d’accordo gli autori e con quasi tutti i commenti, non conviene all’Italia rinunciare all’€. Supponiamo però che i vincitori populisti di future elezioni organizzino un referendum ad hoc., solo consultivo, come per la Brexit, e che il verdetto sia massicciamente contro l’€ e quindi contro l’UE. Che cosa succerebbe? I cavilli nazionali ed europei potrebbero ben poco contro un popolo disperato, incitato e sfruttato da una maggioranza parlamentare che per brama di potere cavalcherebbe una politica dello sfascio. Potrebbe finire come in UK, con una separazione effettiva. Nonostante il successo del Leave la Brexit avrà effetti negativi per l’UK (a meno che l’UE si riveli fallimentare, cioè incapace di far convergere gli inadempienti), ma se ne andranno lo stesso. L’Italia molto più fragile affonderebbe (cf. l’articolo). Ma dopo, che cosa succederebbe? Chi prevarrebbe fra la maggioranza della gente pilotata da un governo populista e una minoranza illuminata appoggiata forse dalle principali potenze europee? L’assenza di risposta certa dimostra che non solo la politica fiscale italiana (a parte Prodi/Pad.Sch e Monti) è inadeguata, ma lo è pure la governance dell’UE. Per evitare che l’inadempienza di uno possa trascinare tutti nel baratro serve o un potere di costrizione o flessibilità all’uscita. L’equivoco su dove sta la sovranità, il potere superiore, è un grave rischio; evidente negli USA sin dal 1786 è stato risolto solo al costo di una sanguinosa guerra civile.

    • ma è chiaro, la minoranza illuminata potrà andare a vivere in Grecia, nella terra del Sogno Europeo. Infatti fra qualche anno il grande e luminoso progetto dell’Euro sarà portato a compimento in quella felice terra dove grazie all’eliminazione del rischio di cambio (grazie Euro!) le banche del nord possono da anni prestare senza freno alcuno e i ridenti popoli autoctoni possono comprare senza avere i soldi (grazie Euro!) i beni prodotti al Nord. Le pochissime industrie ancora rimaste allora avranno chiuso i battenti (del resto perché mai produrre localmente quando costa meno produrre in Germania?). Tutti passeranno le giornate nel gaudio, nella danza e nel canto delle lodi all’UE, mangiando aria e senza bisogno di cure mediche anche perché non ci saranno più ospedali. Si vivrà del resto in assoluta salute: non più industrie inquinanti (sono appunto in Germania) non più auto né aerei né inquinanti mezzi a motore (con che cosa si potrebbero pagare? anche i soldi saranno in Germania). Non occorrerà più mangiare né scaldarsi (anche i soldi per quello saranno in Germania). Il paradiso in terra. Anzi il paradiso direttamente. Requiem.

  24. Marco

    Una volta usciti dall’euro, il debito pubblico potrebbe essere ridenominato quasi allo stesso valore che aveva in precedenza pari a quello della nuova moneta svalutata.
    La svalutazione potrebbe essere contenuta riprendendo, ad es., come valore quello del cambio Lira – Euro nel 2002 o comunque fissare un tasso di cambio che non svaluti troppo la nuova Lira.
    Per un periodo temporale in anni non ci dovrebbe essere nessun intervento sui tassi di cambio per beni e servizi (come i mutui ) che si autoregolamentano da solo in base all’andamento del mercato.
    Interventi si dovrebbero fare alla fine di un periodo stabilito se la svalutazione è eccessiva o in casi estremi durante questo periodo di tempo di durata di un piano stabilito di uscita dall’ €.
    Nel frattempo con una svalutazione, possibilmente non eccessiva, della Lira tutta la nostra economia ne avrebbe un gran beneficio: aumento di investimenti (la moneta svalutata è favorevole a compiere investimenti) con un conseguente aumento di Occupazione, di retribuzioni e di consumi interni.
    I primi anni potrebbero essere un po’ duri da affrontare, ma se l’uscita è ben gestita, soprattutto nei primi anni, non dovrebbe succedere nulla di grave.
    Il problema per l’Italia è l’insostenibile debito pubblico per il quale una rinegoziazione a valori equi non potrebbe essere possibile per le clausole di azione collettiva, dei titoli di stato, con le quali una maggioranza qualif. di credit. può rifiutare di accor. con lo Stato per la rineg. del de

  25. Massimo Matteoli

    Il motivo principale perchè il paese trarrebbe beneficio dall’uscita dall’Euro sarebbe l’aiuto alle esportazioni che potrebbe venire da una nuova “lira” svalutata.
    Eppure le esportazioni non sono mai andate bene come in questi anni e le previsioni per il futuro sono ancora migliori.
    Non sarà che le imprese italiane hanno trovato un equilibrio positivo tra costi e benefici della moneta unica e che questi ultimi sono maggiori dei primi?
    Perchè altrimenti non si comprenderebbe come nel 2016 si sia avuto un nuovo record: dell’export italiano con: 417 miliardi di euro (+1,1%).
    Per fare un confronto siamo in linea con la Germania (+1,2%) e molto meglio di Francia (-0,6%) e Regno Unito (-11%).
    Sono dat “pesanti” che mi pare smentiscano la principale certezza dei “noeuro”.
    http://www.infodata.ilsole24ore.com/2017/02/17/anno-record-lexport-italiano-un-bilancio-417-miliardi-euro/

  26. Gee_bee_chee

    A distanza di solo 1 mese suona paurosamente profetico…

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