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In Puglia proteste contro il bersaglio sbagliato

L’inizio dei lavori per la costruzione del gasdotto Tap ha provocato molte proteste in Puglia, che però non sembrano giustificate. Perché si tratta di una piccola infrastruttura che ha già superato precisi controlli e che porterà benefici ai cittadini.

Più facile vedere i costi dei benefici

Quando si parla di infrastrutture in generale gli elementi alla base della decisione sono essenzialmente due: i costi e le previsioni di domanda relative al loro utilizzo.
Gli economisti utilizzano l’analisi costi-benefici per valutare la fattibilità di un’opera, ma l’impressione è che tendano a sottostimare la portata dei benefici di molte infrastrutture, perché certi vantaggi strategici sono di norma difficili da ricondurre a un mero calcolo monetario. Quanto vale strategicamente un’infrastruttura come la Tav o come il Ponte di Messina, appena citato dal ministro Franceschini come necessario per portare l’alta velocità a Catania e Palermo? È sovente più facile valutarne i costi dei benefici.
Vi sono poi altri elementi non strettamente economici che vengono spesso citati per manifestare la contrarietà o l’opposizione a certe opere. E tra queste ve ne sono di validi, ma anche di bislacchi. I più perniciosi sono però quelli che prestano il fianco allo sfruttamento da parte della politica.

Il caso Tap

Un caso di studio sta diventando il Tap, il gasdotto che dalla Grecia e l’Albania arriverà sulle coste pugliesi. Un elemento di contrarietà è espresso da coloro che ritengono qualsiasi infrastruttura che prolunghi l’utilizzo delle fonti fossili, qualunque esse siano, un ostacolo a una rapida, necessaria e inevitabile transizione energetica verso un mondo “green”. Si tratta di un’argomentazione solo in parte ideologica, che mantiene una sua validità. Si scontra tuttavia con i tempi di norma piuttosto lunghi di ammortamento delle infrastrutture esistenti e i tempi di penetrazione e diffusione delle nuove tecnologie.
Un secondo argomento dotato di una certa consistenza è il rischio che lo stato o i contribuenti siano chiamati a coprire le perdite di un’iniziativa privata rivelatasi insostenibile.
Vi sono poi, nel caso specifico del Tap, motivi cui è difficile trovare una spiegazione al di fuori dell’ideologia e del populismo. Uno è l’instabilità politica o il carattere non democratico dei regimi dei paesi dove si trovano i giacimenti. Se è vero che la crisi tra Russia e Ucraina del 2006 insegna qualcosa, risulta tuttavia difficile pensare a un paese produttore di gas o petrolio che sia pienamente democratico, se si fa eccezione per Usa e Canada.
L’altro motivo, cui i media danno maggior se non esclusivo risalto, è la telenovela degli ulivi, le 211 piante che saranno temporaneamente espiantate per poi essere rimesse là dove erano.
Nel corso degli ultimi trenta anni non abbiamo certo brillato per investimenti infrastrutturali che possano definire l’Italia come un paese innovativo e moderno.
Le infrastrutture fisiche hanno una loro particolarità: vengono avversate, anche ferocemente, da gruppi di interesse di varia natura nel momento della loro progettazione e realizzazione ma, nella quasi totalità dei casi, le critiche si sciolgono come neve al sole quando di quella particolare infrastruttura vengono ad avvantaggiarsi moltissimi cittadini. Vale la pena ricordare le feroci battaglie contro l’alta velocità ferroviaria. Oggi Roma e Milano, con quasi cento viaggi giornalieri offerti da due aziende in competizione, rappresenta la vera metropolitana del paese, con enormi vantaggi sui consumi energetici e sulla sicurezza del trasporto. E come non ricordare poi la cosiddetta “variante di valico” sulla A1 che unisce con collegamento più rapido Firenze e Bologna? Meno di 40 chilometri per un progetto nato nel 1985 e inaugurato nel 2013. Rispetto al tracciato storico, la variante riduce i tempi di percorrenza di circa il 30 per cento, risparmiando vite umane e diminuendo i consumi di carburante. Eppure, la costruzione ha richiesto tantissimo tempo,con polemiche a non finire arrivate fino a oggi. Anzi no: fino a ieri perché chiunque abbia attraversato la variante di valico non può non essersi rallegrato per questo pezzo di modernità scavato dentro l’Appennino.
Oggi sotto tiro è il Tap, un’opera la cui complessità e impatto non assomigliano nemmeno lontanamente a quelle appena citate.
Il Tap è lontano dall’essere la soluzione al nostro problema di eccessiva dipendenza dal gas russo, ma allo stesso tempo è una piccola infrastruttura, localizzata nel luogo corretto, anche perché non è certo frutto di una scelta improvvisata.
Oggi le molte voci oneste che continuano a opporsi alla realizzazione dell’opera – voci che peraltro potranno ritardarne la realizzazione, ma non potranno bloccarla – dovrebbero evitare di farsi contaminare dalla cattiva politica.
Quella politica che non si è attivata quando si trattava di bloccare la pratica dell’esportazione clandestina di ulivi anche secolari o che non riesce a trovare le risorse per finanziare compiutamente la ricerca sulla Xylella che sta devastando – quella sì – il panorama pugliese.

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Il Punto

  1. Credo che il fenomeno dell’opposizione sociale allo sviluppo del sistema delle infrastrutture sia non compreso nella sue origini e nelle sue manifestazioni. Stiamo studiando origini e manifestazioni. Stiamo pubblicando i primi risultati in un blog e abbiamo lanciato un “call for papers” per un numero speciale di una rivista internazionale sulle infrastrutture come “Commons artificiali”. Non aggoiungo link per rispetto alle politiche de “lavoce”. Grazie Francesco Zanotti

  2. Henri Schmit

    Sono perfettamente d’accordo. Conosco la zona e la gente del posto. Chi contesta agisce come se mancassero procedure di valutazione e di dibattito preventive, come se l’opera fosse invadente al punto di rovinare l’ambiente naturale davvero bellissimo e da preservare a tutti i costi, per ragioni ecologiche e turistiche. L’unica critica sensata sarebbe stata di contestare in tempi utili il tracciato, spostarlo verso la zona industriale a sud di Brindisi, ma non conosco le ragioni tecniche delle scelte attuali. Speriamo che dopo il TAP si faccia anche l’altro gasdotto sottomarino, Eastmed, che da Israele o da un giacimento marino porterà il metano per Cipro e la Grecia fino alla Basilicata. Fonti ambientaliste parlano dell’arrivo a Otranto. L’accordo appena siglato dai quattro governi, Calenda per l’Italia, è stato lungamente commentato …. alla televisione francese, mentre in Italia il progetto non sembra interessare l’opinione pubblica; se ne parlerà solo quando inizieranno le proteste.

    • gmn

      paradossalmente l’approdo nel sito industriale era di gran lunga più impattante per l’ambiente sottomarino
      e la tecnica si è, come altre volte, piegata alle esigenze ambientali

  3. Michele

    Il principale ostacolo alle grandi infrastrutture è il discredito nei confronti della politica e degli “esperti” da parte della stragrande parte dei votanti, che poi vuole dire dei paganti le opere stesse. Vogliamo parlare di Mose, di AV costata 3/4 volte più che in Francia o Spagna, di allungamento senza fine delle concessioni autostradali, di tariffe, della Salerno-Reggio Calabria, degli innumerevoli cantieri mai finiti e abbandonati etc.? I fatti parlano da soli. Oggi ogni opera subisce, a ragione, una serie di presunzioni fortemente negative, tutte responsabilità degli errori di chi le ha gestite nel passato. Ora, per recuperare la situazione occorrono dosi massicce di trasparenza e comunicazione non manipolativa. La tentazione dell’imposizione porterà solo a peggiorare le cose. Chi paga per le grandi opere prima o poi vota.

    • gmn

      tutto vero
      salvo che fare di tutt l’erba un fascio
      non non farà che avvicinarlo
      il fascio

  4. Giuseppe

    Non mi piace questa riflessione: liquida troppo sbrigativamente le ragioni dei No Tap. Vanno viste e analizzate nel concreto.

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