Lavoce.info

Ma il ritorno dell’inflazione rischia di essere effimero

L’inflazione nell’Eurozona ha finalmente raggiunto il 2 per cento. Ma Mario Draghi ha ragione quando dice che non si configura ancora un trend stabile. Per numerosi beni del paniere la crescita dei prezzi è debole, altri sono perfino in deflazione.

Inflazione totale e beni del paniere

Nella sua ultima riunione, la Banca centrale europea ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse e di non modificare il programma di Quantitative easing. La decisione è giunta dopo che, a febbraio, l’inflazione nell’area euro ha raggiunto il 2 per cento per la prima volta dal 2013, con quella tedesca leggermente sopra la soglia.
Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha sottolineato che non ci sono ancora i segnali di un convincente trend positivo nell’inflazione cosiddetta “core” – che esclude i carburanti e i prodotti alimentari non lavorati. Questo aspetto emerge chiaramente se esaminiamo più nel dettaglio la composizione del paniere dei beni. La figura 1 mostra i tassi dell’inflazione “totale” e di quella core nell’Eurozona, insieme alla percentuale di beni del paniere che hanno avuto tassi di inflazione minori dell’1 per cento o negativi.

Figura 1

Immagini

Fonte: Bruegel su dati Eurostat

Mentre il tasso di inflazione totale nell’Eurozona è aumentato dallo 0,6 per cento di novembre 2016 all’1,8 per cento di gennaio e al 2 per cento di febbraio 2017, la percentuale di beni del paniere in deflazione è rimasta piuttosto alta.
Nel febbraio 2017, il 21,3 per cento dei beni era in deflazione (rispetto al valore inferiore di gennaio di 20,2 per cento) e il 47 per cento era caratterizzato da una crescita dei prezzi inferiore all’1 per cento.
Come sempre, la situazione cambia notevolmente a livello dei singoli paesi. Tre stati – Grecia, Irlanda e Cipro – hanno più del 40 per cento di beni del paniere in deflazione, mentre altri otto stati hanno avuto un calo dei prezzi su più del 25 per cento dei beni del paniere. Germania, Belgio e Austria sono gli unici paesi dove meno del 20 per cento dei beni è in deflazione (figura 2, vedi anche la tabella 1 in fondo all’articolo).

Leggi anche:  La sfida all'inflazione sulle due sponde dell'Atlantico

a

Rialzi dovuti a energia e verdure

L’aumento dell’inflazione totale sembra essere causato soprattutto dalla crescita dei prezzi dell’energia e delle verdure. A livello di Eurozona, il tasso di inflazione dei carburanti liquidi è passato da un -5,4 per cento in novembre a un +30 per cento in gennaio, cioè un incremento di 35,6 punti percentuali. Dal momento che le aspettative sull’inflazione basate sui dati di mercato tendono a reagire fortemente a variazioni del prezzo del petrolio, la stima in questo momento dovrebbe essere prudente.
Inoltre, nello stesso periodo l’inflazione delle verdure è passata da -0,7 per cento a +16,2 per cento. In Germania, tra novembre e febbraio, i prezzi dei carburanti liquidi sono cresciuti del 32,2 per cento e i prezzi delle verdure del 23 per cento. Quest’ultimo fenomeno sembra essere collegato a una scarsità dell’offerta dovuta alle cattive condizioni climatiche in Spagna e Italia.
A causa dei due fenomeni, l’inflazione totale ha raggiunto i suoi massimi negli ultimi tre mesi, mentre l’inflazione core è rimasta piatta intorno all’1 per cento.
È importante sottolineare che la quota di beni del paniere in deflazione non cala nella stessa misura nei diversi paesi. La tabella 1 mostra che in alcuni – come la Spagna, la Slovenia e in parte la Germania – la quota dei beni in deflazione è crollata verticalmente dall’inizio del Quantitative easing nel 2015. In altri paesi, invece, il miglioramento è stato lento. In Francia, in febbraio ha registrato un calo dei prezzi il 29 per cento dei beni del paniere, rispetto al 33 per cento di gennaio. A Malta, i beni in deflazione sono addirittura aumentati.
In generale, gli indicatori suggeriscono che potrebbe essere effettivamente troppo presto per parlare di un “deciso trend positivo” per l’inflazione dell’area euro.

Tabella 1

tabella

Fonte: Bruegel su dati Eurostat

 

Questo articolo è stato tradotto dalla versione originale in inglese pubblicato su Bruegel.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Per l'euro digitale il percorso è ancora lungo

Precedente

Come usare male la flessibilità sugli investimenti

Successivo

Il Punto

  1. STEFANO BORSARI

    Non riesco a condividere l’entusiasmo da tanti professato verso l’obiettivo dell’inflazione. Persone con redditi ridotti e fissi (gran parte della popolazione) ne traggono soltanto svantaggio: con il 2% di inflazione viene sottratta ogni anno una settimana di reddito, in quattro anni si perde un mese intero di reddito. Occorre qualificare le analisi e iniziare a vedere a chi conviene una data cosa. Le medie sono sempre più fuorvianti, e sono molto comode per chi ha a disposizione i famosi due polli di Trilussa. L’analisi teorica ha bisogno sempre più di posare i piedi sulla Terra.

  2. fatti neri

    borsari ha ragione da vendere, qua si sta dimenticando che abbiamo subito aumento iva ripetutamente e abbiamo accise su carburante, quindi gli aumenti maggiori il cittadino li paga in bollette e alla pompa cosa che determina solo aumenti dei beni senza riscontro alcuno sui redditi qualunque essi siano e non godiamo certo di un aumento istat contrattuale su beni svalutati da eccessiva tassazione come il mattone. messi male è dire poco,,,senza dazi moriremo di fame.

  3. Danilo

    Tra tutte le forme di imposta, l’inflazione è la più lurida. Il “Principe Stato” anzichè dichiarare apertamente le proprie intenzioni emette carta moneta per acquisire beni che altrimenti non potrebbe disporre. L’aumento del circolante ne dimunuisce il valore e con esso i redditi espressi su base monetaria. Sentire tutta la comunicazione applaudire a questa pratica mi lascia da un lato sconcertato, dall’altro mi fa (superficialmente?) pensare che i comunicatori siano prezzolati.

  4. Redazione lavoce.info

    Se tra “la comunicazione che applaude” il lettore Danilo include anche lavoce, si rassicuri: gli autori degli articoli pubblicati su questo sito non sono prezzolati (altrimenti ci giocheremmo la reputazione!) e nemmeno pagati (perché le nostre finanze non lo permettono). Capita a tutti che qualcuno sostenga idee e punti di vista diversi per convinzione e non perché dietro le quinte c’è chi gli passa una mazzetta! Inoltre, lavoce.info cerca di ospitare un dibattito costruttivo, che per sua natura contiene punti di vista diversi.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén