La tracciabilità dei pagamenti nei subappalti è obbligatoria, però non basta a garantire totale trasparenza. La situazione potrebbe migliorare decisamente se la fattura elettronica fosse imposta non solo per i pagamenti della Pa, ma anche per quelli fra privati che riguardano le opere pubbliche.
Tracciabilità nel sottobosco
Se vuoi lavorare a commesse pubbliche devi essere trasparente: è il principio base della legge sulla tracciabilità che obbliga le imprese impegnate negli appalti pubblici a effettuare i pagamenti utilizzando esclusivamente conti correnti dedicati e bonifici.
In un contesto spesso noto come sottobosco dei subappalti, l’analisi di queste transazioni è uno strumento essenziale per i controlli e le indagini, ma non è semplice da farsi.
I dati dei pagamenti delle imprese, infatti, nascono e risiedono sui sistemi informativi bancari o aziendali. A volte sono cartacei, ad esempio se sono frutto di perquisizioni.
Non può esserci quindi una raccolta automatica e centralizzata delle informazioni, anche perché l’intero processo è inficiato da alcuni tecnicismi del bonifico, ulteriore riprova di come il diavolo spesso si celi nei dettagli.
Questi problemi potrebbero però essere superati se i dati di tutte le transazioni tra le imprese impegnate in gare pubbliche fossero concentrati in unico database:
- alimentato automaticamente
- facilmente interrogabile
- senza investimenti informatici
- immediatamente disponibile
Tutto ciò è possibile grazie alla fattura elettronica tra privati, oggi facoltativa.
I vantaggi della fattura elettronica
Le imprese impegnate nei subappalti per le transazioni soggette a tracciabilità dovrebbero necessariamente usare la fattura elettronica. Vediamo perché questa proposta è efficace e facilmente applicabile.
La fattura elettronica è uno strumento noto a chi lavora negli appalti pubblici ed è la principale novità in termini di digitalizzazione del paese. Dal 6 giugno 2014 è obbligatoria per le imprese fornitrici dirette della pubblica amministrazione (circa 700mila): senza particolari difficoltà ne sono state emesse finora 33 milioni. I dati di tutte le fatture elettroniche – comprese quelle tra privati che già la usano – arrivano in tempo reale al sistema che gestisce l’intero processo, lo Sdi (sistema di interscambio) dell’Agenzia delle Entrate.
Rispondere alle domande “chi ha fatturato cosa, quanto, a chi, quando per realizzare una determinata opera” diventerebbe molto più semplice. Dallo Sdi sarebbe possibile saperlo immediatamente e i dati sarebbero incrociabili con quelli di qualsiasi opera, contratto o impresa sul territorio nazionale.
Infatti, l’opera, con tutti i suoi contratti, è identificata univocamente dal Cup (codice unico di progetto) e dal Cig (codice identificativo di gara). I due codici hanno un potere informativo risolutivo: sono già previsti nelle fatture elettroniche che le imprese inviano alla Pa e obbligatori, pena il mancato pagamento della fattura stessa; e costituiscono i “campi chiave” dei sistemi che verificano la spesa pubblica, come ad esempio quelli dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) o del ministero dell’Economia, che utilizza già la fattura elettronica come elemento di monitoraggio della spesa della Pa.
Anche l’attuale legge sulla tracciabilità impone Cup e Cig nei bonifici, ma è qui che agisce il dettaglio diabolico: nei bonifici non c’è un “campo” Cup o Cig, come invece si trova nella fattura elettronica. La loro potenza informativa quindi si perde e i codici finiscono confusi con altre informazioni nella causale del bonifico. Isolare i pagamenti dei subappalti di un’opera diventa gravoso, incrociare con altre opere, contratti o imprese su scala nazionale diventa impossibile.
L’esistenza di un unico database (lo Sdi) azzera i tempi di acquisizione dei dati: ciò che ora è su documenti cartacei o digitali, conservati in varie sedi o sistemi di uffici pubblici e aziendali sul territorio, diventa immediatamente disponibile e condivisibile, senza perquisizioni e a tutto vantaggio della riservatezza.
L’Agenzia delle Entrate incentiva la fatturazione elettronica, mettendo a disposizione delle imprese un applicativo web e delle app per generarla da telefonini e tablet, fattori che favoriscono l’adeguamento delle imprese che scegliendola hanno anche vantaggi fiscali su Iva e spesometro.
L’uso della fattura elettronica nei subappalti è quindi l’anello mancante di un impianto normativo teso a fornire informazioni.
Il sistema completo dei dati di tutte le transazioni degli appalti pubblici, raccordato con i sistemi di monitoraggio della spesa pubblica esistenti, consente nell’era dei big data una conoscenza senza precedenti, è utile agli inquirenti, a chi gestisce gli appalti, all’accademia, ma soprattutto è necessario per l’innesco della relazione positiva tra trasparenza ed efficienza.
Al di là di piccoli interventi normativi e tecnici facilmente gestibili, la fattura elettronica è applicabile subito a tutte le opere pubbliche italiane, con grandi benefici rispetto alle criticità della situazione attuale.
Si potrebbe partire anche in modo più graduale su contesti limitati, come ad esempio la ricostruzione post terremoto, per passare poi alla piena applicazione in pochi mesi.
Sarebbe un segnale importante a vantaggio dei veri beneficiari di una tracciabilità finalmente efficace: le imprese integre che subiscono la concorrenza sleale di quelle coinvolte nel malaffare.
(*) Le opinioni riportate nell’articolo sono personali e non impegnano in alcun modo il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
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