In ottobre gli italiani saranno chiamati a dire sì o no alla riforma del Senato. Il superamento del bicameralismo perfetto non ridurrà solo i costi della politica, ma potrà anche rafforzare il Parlamento, rendendolo più sensibile agli interessi dei cittadini che a quelli delle lobby.
Il nuovo Senato
Il 12 aprile 2016 la Camera dei deputati ha approvato in quarta lettura conforme il disegno di legge di riforma costituzionale presentato dal governo Renzi. Se la proposta verrà ratificata nel referendum popolare previsto per ottobre, il bicameralismo perfetto su cui si basava la Costituzione repubblicana verrà radicalmente modificato. In particolare, il ruolo del Senato sarà ridimensionato: il nuovo ordinamento prevede che manterrà una funzione legislativa solamente nell’ambito di una serie di specifiche materie, fra cui iniziative di rilevanza costituzionale, misure sui referendum popolari o leggi riguardanti l’ordinamento e la legislazione elettorale di comuni e città metropolitane. Per le altre materie, è la Camera a svolgere la funzione legislativa e il Senato potrà solamente proporre modifiche al testo elaborato dai deputati, che potranno o meno essere incorporate nella versione finale della legge.
La riforma ha destato un vivace dibattito nella società civile e nel mondo politico. Grande attenzione è stata rivolta alla riduzione nel numero dei nuovi senatori, alle nuove modalità con cui verranno scelti e alla riduzione dei costi operativi del Parlamento.
Una questione che ha ricevuto meno attenzione riguarda le conseguenze che l’eliminazione del bicameralismo perfetto ha sul rapporto fra il politico eletto e il cittadino che gli ha delegato la gestione della cosa pubblica. In particolare, poco si è discusso su se e come il ridimensionamento del Senato avrà un effetto su gruppi di pressione e fenomeni di corruzione che tanto peso hanno avuto nella nostra storia contemporanea.
Bicameralismo e corruzione
In quasi la metà dei paesi Ocse il potere legislativo è esercitato da un parlamento bicamerale, mentre gli altri stati sono caratterizzati da sistemi unicamerali. L’evidenza empirica non individua un chiara relazione fra sistema legislativo e livello di corruzione: per esempio, i paesi scandinavi hanno sistemi unicamerali e livelli di corruzione fra i più bassi dell’Ocse; altri stati con un sistema bicamerale, come l’Italia, figurano invece ai primi posti della classifica. Cosa ci possiamo aspettare dunque da una riforma che riduce significativamente il ruolo di una delle due camere?
In un lavoro recente abbiamo analizzato il problema. Il bicameralismo perfetto può essere efficace nel controllare la corruzione perché rende più costoso il processo di lobbying, per esempio aumentando il numero di attori politici che una lobby deve influenzare per ottenere il passaggio di un certo provvedimento.
Il costo di lobbying dipende, però, non solo dal numero di attori che devono essere corrotti, ma anche e soprattutto dall’onestà del legislatore. Due camere facilmente corruttibili possono essere più semplici da influenzare rispetto a una singola camera restia a cedere a gruppi di pressione.
Che cosa determina l’integrità di un legislatore? L’intrinseca motivazione a perseguire politiche nell’interesse dei cittadini è importante, ma deve essere accompagnata dalla capacità di portare a termine tali politiche. La struttura organizzativa del Parlamento gioca qui un ruolo importante. Le complessità procedurali di due camere aumentano il rischio di insabbiamento di provvedimenti legislativi, soprattutto se sono previsti termini predefiniti per la loro approvazione, come ad esempio nel caso del bilancio dello Stato.
Un parlamento ostacolato nell’esercizio della propria funzione è più facilmente corruttibile: cedere alla pressione di una lobby comporta un beneficio immediato, mentre il perseguimento di politiche nell’interesse dei cittadini – in questo contesto – ha un esito incerto e può finire in un nulla di fatto.
È invece vero il contrario se non ci sono vincoli temporali stringenti all’approvazione di un disegno di legge: in questo caso, la necessità di influenzare due camere rende il processo di lobby più costoso e dunque il risultato è una migliore tutela degli interessi dei cittadini.
Alla luce della nostra analisi, dunque, la restrizione del potere legislativo del Senato a materie specifiche può avere un duplice effetto virtuoso. Da una parte, semplificando il processo legislativo, può ridurre l’influenza di gruppi di interesse su importanti provvedimenti soggetti ad approvazione in tempi definiti. Dall’altra, mantenendo la funzione legislativa del Senato in aree di rilevanza istituzionale meno soggette a vincoli temporali, continuerà a proteggere gli interessi dei cittadini da possibili abusi di potere da parte di gruppi organizzati.
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