La nuova legge elettorale per la Camera ricalca a grandi linee quella per l’elezione dei sindaci. L’esito del voto amministrativo del 5 giugno offre dunque un’interessante simulazione dei risultati che si potrebbero determinare alle politiche. Effetti del passaggio dal bipolarismo al tripolarismo.
Ballottaggio e tripolarismo
L’ultima tornata di amministrative ci fornisce un’interessante simulazione di quali potrebbero essere le conseguenze della nuova legge elettorale combinata alla modifica della Costituzione, su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi nel referendum confermativo di ottobre. La nuova legge elettorale (l’Italicum) prevede il ballottaggio nel caso in cui nessuna lista raggiunga il 40 per cento al primo turno. Ciò la rende molto simile alla legge elettorale che governa i comuni italiani con più di 15mila abitanti (la cui soglia al primo turno è del 50 per cento). D’altra parte, i risultati delle amministrative 2016 confermano che il 75 per cento circa degli elettori italiani si concentra in tre blocchi principali: Pd, M5S e Centrodestra. Questo tripolarismo ha caratterizzato lo scenario politico italiano a partire dalle elezioni politiche del 2013, che hanno visto l’ascesa del Movimento 5 Stelle. Quali sono le conseguenze nel nuovo sistema delineato dalla modifica della Carta? Per analizzarle, ci soffermeremo prima sugli effetti del doppio turno in un sistema bipolare, per poi cercare di capire cosa succederebbe in un sistema tripolare.
Il doppio turno e gli estremismi
Il doppio turno è uno strumento efficace per limitare l’influenza dei partiti estremisti. Prendendo spunto da Massimo Bordignon, Tommaso Nannicini e Guido Tabellini, supponiamo che ci siano quattro partiti: estrema destra, centro destra, centro sinistra ed estrema sinistra. Ipotizziamo anche che i due partiti moderati siano rispettivamente più popolari dei loro “vicini” estremisti (ad esempio che la distribuzione dei voti sia rispettivamente: 15 per cento, 35 per cento, 35 per cento, 15 per cento). In questo semplice modello, un sistema elettorale a turno unico spingerebbe i partiti moderati a formare coalizioni con i partiti estremisti. Se uno dei due non lo facesse, rischierebbe di perdere 50 a 35, mentre con l’appoggio del vicino partito estremista avrebbe molte più chanche (50 a 50). Tuttavia, il partito moderato vincitore dovrà fare concessioni ai membri estremisti della coalizione, poiché in parlamento non avrà la maggioranza senza il loro appoggio. Con il doppio turno, invece, il problema non si verifica. In questo caso, infatti, i due partiti moderati non hanno incentivo a coalizzarsi, perché sanno che gli elettori dei due partiti estremisti, una volta esclusi dal ballottaggio, voteranno rispettivamente per i loro vicini ideologici. Il risultato sarà un equilibrio in cui la forza politica dei partiti estremisti è sensibilmente ridimensionata.
Un po’ di geometria
Il modello si presta bene a spiegare i risultati politici nelle democrazie bipolari, come era l’Italia fino alla precedente legislatura. Ma cosa accadrebbe in un sistema tripolare? La risposta dipende in maniera cruciale da un fattore: per chi voterà l’elettorato del partito escluso dal ballottaggio? Con due poli si poteva parlare in maniera ragionevole di distanza in una dimensione, quella ideologica: destra contro sinistra. Ora, con l’aggiunta di un terzo polo ci sono diverse distanze da considerare. Prendiamo ad esempio Roma e Torino, dove sono arrivati al ballottaggio il partito al governo (Pd) e una delle due opposizioni (M5S), seguiti da Lega-Fratelli d’Italia. Secondo un sondaggio di Ilvo Diamanti su Repubblica, gli elettori di Lega-FdI sosterranno il M5S al ballottaggio perché la distanza governo-opposizione è maggiore della distanza ideologica tra Lega-FdI e il M5S. Tuttavia, essendo il M5S un partito antisistema, potrebbe anche accadere che la maggior parte degli elettori di centrodestra voti per il Pd. Qui, la distanza tra partiti sistema-antisistema si rivelerebbe maggiore della distanza governo-opposizione. In ogni caso, si tratta comunque di distanze relative: il risultato dipenderà dalla capacità dei due partiti di ridurle, attraendo a sé gli elettori esclusi. In questa situazione, benché i voti degli elettori di Lega-FdI siano determinanti, il vincente del ballottaggio tra M5S e Pd avrà la maggioranza assoluta senza dover ottenere l’appoggio di altri partiti. E ciò è senza dubbio auspicabile in termini di efficienza decisionale. Quanto alla qualità delle decisioni prese, dipende dalle preferenze di ciascun elettore.
Efficienza decisionale: a quale prezzo?
L’effetto di contenimento generato dal doppio turno, che valeva nel sistema bipolare, continua quindi a valere anche nel caso tripolare. Ciò che cambia è che il risultato è ancora più aleatorio: se prima dipendeva solamente dalla forza relativa tra i due partiti, ora dipende anche dalle ipotesi sulla mobilità degli elettori del partito escluso. Con la nuova legge elettorale per la Camera, l’esito politico sarà incerto com’era prima, ma l’efficienza decisionale del parlamento sarà più alta poiché non ci sarà più bisogno di coalizioni strategiche come accadeva nel turno unico. D’altra parte, una soglia relativamente bassa come il 40 per cento (che garantisce in “premio” il 54 per cento dei seggi) per raggiungere la vittoria al primo turno può generare una distorsione notevole. Distorsione comunque inferiore a quelle che caratterizzano i sistemi maggioritari nel panorama internazionale (come il Regno Unito): forse è il prezzo minimo da pagare per ottenere, in un sistema tripolare, una prospettiva di governo.
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