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Ma il Ttip non è un Moloch

Grazie a tutti i lettori che ci hanno inviato le loro osservazioni al nostro articolo. Dai commenti si capisce quanto sia radicata in tanti la visione del Ttip come un Moloch che incombe sopra tutti noi. È proprio per andare contro questa convinzione che abbiamo scritto il nostro pezzo. Noi crediamo nelle opportunità di estendere l’integrazione economica (ma non solo) tra simili come Usa e Ue. L’economia e l’esperienza storica suggeriscono che l’integrazione tra paesi simili generi meno costi sociali rispetto all’integrazione con paesi diversi.
Detto questo, non acquistiamo a scatola chiusa tutti i contenuti del futuro Ttip, ma siamo interessati a discutere, a capire e a esplorare con chi vorrà farlo i contenuti di un accordo che estenda la collaborazione tra i due lati dell’Atlantico a cui sono legate le possibilità di crescita dell’Occidente.
Molti lettori chiedono chiarimenti sul meccanismo Isds, il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore straniero e stato ospite contenuto nella maggior parte degli accordi commerciali e che forse sarà contenuto anche in questo. Tale meccanismo è lontano dall’essere perfetto, ma ha permesso la promozione di un diritto internazionale degli investimenti globalmente riconosciuto. Ancora non si sa se la clausola Isds sarà effettivamente inserita nel testo, quello che si sa è che la Commissione europea ha proposto un meccanismo diverso per la risoluzione delle controversie, che si presti a un maggior controllo democratico di ambo le parti e che sia meno soggetto a eventuali abusi. È una questione spinosa ancora tutta da negoziare. Siamo lieti di confrontarci con le opinioni di chi volesse trattare in modo comprensibile a tutti un tema così tecnico sul nostro sito per fare luce su un argomento tanto discusso quanto incompreso. Perché è proprio a causa dell’incomprensione e dell’equivoco che questo accordo è largamente impopolare nell’opinione pubblica.
Non condividiamo l’opinione di chi vede complotti multinazionali dietro ogni angolo. Le multinazionali esistono a prescindere dal Ttip. Così come a prescindere dal Ttip esiste la contraffazione e l’Italian sounding che sottraggono miliardi di fatturato alle aziende italiane. Questi problemi vanno però ben al di là del Ttip e non è rifiutando il Ttip che ci si potrà chiudere dentro la fortezza dell’Europa per difendere il Made in Italy. Il quale Made in Italy per sopravvivere e prosperare ha bisogno di qualità, d’innovazione, di apertura e non di chiusura. Ha bisogno di abbattere i muri e non di alzare i muri, per beni e servizi come per le persone.

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  1. Marcello Romagnoli

    Ringrazio gli autori per la disponibilità a discutere.
    Il meccanismo Isds non è che “è lontano dall’essere perfetto” è totalmente imperfetto e, per quanto riguarda l’Italia, va contro l’art.1 della Costituzione. Pertanto, fino a quando vige quest’ultima, e io spero ancora per tantissimo tempo, la clausola è inaccettabile e basta.

    “Ancora non si sa se la clausola Isds sarà effettivamente inserita nel testo” e qui sorge il secondo grave problema: la mancanza di trasparenza nelle trattative e il sospetto ( badate bene ho detto sospetto però per me fortissimo) di sudditanza da parte dei negoziatori europei rispetto agli USA fa temere che ce ne accorgeremo solo dopo la firma del trattato stesso, magari dopo i cinque anni inseriti come clausola di segretezza. Inoltre i negoziatori europei non hanno alcuna legittimazione democratica per trattare. Chi sono? Da chi sono stati eletti? E se non sono stati eletti come temo chi rappresentano?

    L’economia, importante quanto si vuole, viene domo molte misure dopo la legalità e la democrazia. Quando non ci sono questi due requisiti, nessun vantaggio economico può essere preso in considerazione.
    Non sa

  2. Gentilissimi, cogliamo la proposta e la disponibilit. Siamo assolutamente disponibili a un confronto sul vostro sito sulle questioni ISDS, SPS, standard sociali e ambientali del TTIP. Diteci voi come e quando sarebbe possibile. Grazie molte

  3. Rick

    Bello il titolo scelto dagli autori, perchè il TTIP non è un moloch ma un insieme variegato di accordi raccolti sotto un unico cappello (quello del TTIP) e volti ad un unico scopo.
    Esiste un 90% e oltre dell’accordo, in termini di importanza dei servizi coinvolti (servizi, finanza, appalti pubblici) su cui c’è davvero poco da discutere se non cercare di ottenere il miglior accordo possibile con gli americani.
    Esiste poi un 10% di ridotto impatto economico ma di grande impatto emotivo, che rischia di mettere a rischio tutta la costruzione: la regolamentazione nel settore alimentare (un solo esempio: il divieto degli ormoni per i bovini in EU mentre negli USA è possibile usarli, ma ce ne sono tanti altri).
    Infine c’è la bega degli ISDS, strumenti che nascono per proteggere investimenti nei paesi del terzo mondo, con “imperfetti” (eufemismo) sistemi giudiziari e mancata separazione tra potere giudiziario e potere esecutivo.
    Vogliamo mettere a rischio il 90% del TTIP per queste due cose?

  4. Marco Felicetti

    Vorrei solo che i vostri letttori ascoltassero le parole del prof. Stiglitz, nobel statunitense per l’economia. È stato ospite del parlamento italiano e rispondendo ad una domanda ha detto:
    https://www.youtube.com/watch?v=HsIO5YCuqmU

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