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Bonus cultura: non tutti i diciottenni sono uguali

La legge di stabilità ha stanziato 290 milioni per un bonus da spendere in attività culturali destinato a chi compie 18 anni nel 2016. Peccato che ne siano esclusi i giovani extracomunitari, compresi quelli che sono nati in Italia e frequentano le nostre scuole. Integrazione e ruolo della cultura.

Bonus per diciottenni

Ha fatto molto discutere il bonus di 500 euro previsto per i giovani che compiranno diciotto anni nel 2016. L’incentivo è legato alla spesa per attività culturali (per esempio, acquisto di libri, ingresso a musei, cinema e teatri) ed è volta a ridurne il vincolo di costo. Alla fine dell’anno sarà interessante vedere se il bonus sarà stato utilizzato e in quale misura avrà portato giovani che altrimenti non lo avrebbero fatto a frequentare luoghi di cultura.
Il bonus interessa solo i ragazzi italiani e stranieri comunitari che diventeranno maggiorenni nel 2016. Ne sono esclusi invece i giovani extracomunitari (comma 979) che sono cresciuti in Italia, hanno frequentato la scuola italiana e probabilmente faranno richiesta della cittadinanza italiana secondo la normativa vigente. È un’opportunità persa, dato che il loro numero non è elevato e quindi con un costo ridotto si sarebbe potuto realizzare un passo importante per l’integrazione anche culturale di nuovi cittadini italiani.

I dati

Sono 46.538 i giovani stranieri presenti in Italia che compiranno diciotto anni nel 2016 secondo i dati Istat (8 per cento dei diciottenni italiani). L’Istituto sfortunatamente non distingue per nazionalità, dunque non è possibile sapere quanti di questi non sono cittadini europei. Ipotizziamo, per semplicità, che gli extracomunitari siano la metà, ovvero 23.269. Garantire anche a loro il bonus, se tutti ne usufruissero fino all’ultimo centesimo, costerebbe 11 milioni di euro. Per il bonus ai 570.959 giovani italiani che diventeranno diciottenni nel 2016 la legge di stabilità (comma 780) ha autorizzato una spesa decisamente maggiore, 290 milioni.
I dati del ministero Istruzione, università e ricerca ci permettono di conoscere con maggior chiarezza quanti siano gli studenti stranieri iscritti nelle scuole di secondo grado italiane: nell’anno scolastico 2013-14 erano il 7 per cento del totale. I dati distinguono almeno in parte le diverse nazionalità degli studenti nella scuola secondaria e mettono in evidenza che 33.483 compiranno diciott’anni nel 2016 (13mila giovani stranieri presenti nei dati Istat non compaiono in quelli del Miur, probabilmente perché non frequentano più la scuola, ma è difficile sapere quanti sono gli extracomunitari). Sulla base delle nazionalità più rappresentate nelle scuole secondarie italiane, possiamo calcolare che gli oltre 33mila giovani che non usufruiranno del bonus sono albanesi (13,4 per cento), marocchini (12,6 per cento), cinesi (4,9 per cento), filippini (3,1 per cento), moldavi (3 per cento) e indiani (3 per cento). I dati Miur ci dicono anche che la percentuale di alunni stranieri di seconda generazione nelle scuole secondarie è pari al 15 per cento. Molto probabilmente, dunque, diversi tra questi ragazzi albanesi, marocchini o cinesi sono nati e cresciuti in Italia, ma saranno comunque esclusi dal bonus.

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L’integrazione tramite la scuola

La scuola italiana si caratterizza per un approccio inclusivo e accoglie nelle aule minori stranieri regolari e non, favorendone così l’integrazione già dalla giovane età. Gli insegnanti ricoprono un ruolo determinante nel processo di integrazione e assimilazione perché formano i futuri cittadini, insegnando loro la nostra cultura e storia e facendogli seguire lo stesso percorso formativo dei coetanei italiani. Allo stesso tempo, abitua i futuri cittadini al rapporto con lingue, abitudini e culture diverse, per vivere in un mondo sempre più globale. Né va dimenticato che la scuola è il luogo dell’apprendimento della lingua italiana, che per molti studenti extracomunitari è la chiave per integrarsi e raggiungere una mobilità sociale. Il processo andrebbe sempre accompagnato da varie attività, per esempio, l’educazione all’arte tramite la visita di mostre e l’approfondimento della cultura italiana con lo studio e la lettura di testi italiani, ma anche attraverso il nostro teatro e il nostro cinema.
Se la scuola è il punto di partenza per integrare i nuovi arrivati, l’esclusione dei futuri diciottenni extracomunitari dal bonus di 500 euro non aiuta la sfida della integrazione di giovani che la frequentano e che molto probabilmente rimarranno in Italia anche dopo la conclusione del percorso di studio.
La legge di stabilità 2016 è stata approvata in via definitiva il 22 dicembre ed è ormai tardi per modificarla. Tuttavia, questa occasione persa deve far riflettere, per evitare di ripetere in futuro lo stesso errore. Una maggiore integrazione prevede incentivi economici non discriminanti, che diano l’opportunità anche agli stranieri di appassionarsi, insieme agli italiani, alla nostra cultura.

Una versione di questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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  1. Max

    Come osserva l’autore dell’intervento, sarebbe stato molto meglio dotare le scuole dello stesso ammontare procapite (per studente) per finanziare attività culturali per tutti gli studenti (comunitari e non, sia che votino sia che non votino). Temo fortemente che l’educazione alla cultura dipenda dal contesto familiare in cui uno è cresciuto, e che un bonus di 500 euro a 18 anni non crei molta cultura. Molto meglio cercare di creare cultura (ed integrazione) all’interno delle scuole, già in “tenera” età e con la guida degli insegnanti. Iniziativa “schizofrenica” anche, e soprattutto, se valutata alla luce della contrazione di altri investimenti che creano sicuramente cultura, come nell’istruzione universitaria. Iniziativa veramente molto difficile da comprendere (se non si vuole pensare male).

    • Sergio Brenna

      Non solo non tutti i 18enni sono uguali, ma i 19enni, i 20enni e così via non si capisce perché sia da meno.
      Meglio sarebbe stato, appunto, dare un contributo alle scuole o quanto meno a tutti i giovani in corso di studi

    • Daniel

      Non sono d’accordo con le vostre interpretazioni. La differenza tra questi 500 euro e “risorse” generiche aggiunte al mucchio sta nel modo in cui un diciottenne percepisce questi soldi. Sono soldi dati all’individuo, direttamente, quindi:
      1) Si evitano sprechi: io che ho questi 500 euro di certo vorrò massimizzarne l’utilità per me stesso
      2) Si rende più personale e personalizzabile ciò che è cultura, sottraendo una scelta che a diciotto anni si dovrebbe essere in grado di compiere, per se stessi, meglio di qualsiasi burocrazia o professore bigotto come ce ne sono ancora molti

      In sintesi, una misura del genere, con la stessa quantità di spesa genera un risultato molto migliore e molto più efficace. Peccato solo siano stati esclusi gli stranieri extracomunitari, un occasione per fare meglio la prossima volta.

      • Max

        Daniel, bisogna mettersi d’accordo sullo scopo di quel bonus. Se lo scopo è quello di aumentare l’utilità degli individui (e non di produrre cultura) allora hai perfettamente ragione, uno può farne l’uso che vuole (entro i vincoli stabiliti dalla legge), e la sua utilità aumenta, magari non la sua cultura. Due, non tutti i diciotenni daranno lo stesso peso alla cultura, o sono in grado di comprenderne il valore. Se così fosse, solo chi è “educato alla cultura” accederà ed utilizzerà il bonus, aumentando ulteriormente il gap già esistente tra gli individui. Un intervento in giovane età ed a scuola consentirebbe di attenuare queste differenze. La letteratura su education economics (James Heckman e numerosi altri), ad esempio, mostra che politiche che mirano ad influenzare le scelte educative degli individui (ad esempio la decisione di iscriversi all’università) sono efficaci soprattutto se intervengono su individui di giovane età. Sarà comunque difficile valutare questa politica, a meno di considerare come creazione di cultura l’aumento di consumi culturali, in questo caso l’effetto positivo è tautologico. Più difficile sarà farne un’analisi costi-benefici, dato che quei fondi sono stati sottratti ad altri usi. E’ però sicuro che creando un rapporto diretto tra “erogatore” e beneficiario (che aumenta la sua utilità), questa politica avrà probabilmente dei maggiori rendimenti elettorali rispetto ad un’erogazione alle scuole.

  2. Michele

    Non vale la pena di discutere una manovra finalizzata unicamente a comperare consenso a spese dei contribuenti

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