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Perché i muri non possono fermare i rifugiati

Per i rifugiati il 2015 si è chiuso male e il 2016 non promette niente di buono. Se per un breve momento è sembrata prevalere la cultura dell’accoglienza, ora si è tornati alla strategia del contenimento. Ma chi vive in situazioni di guerra continuerà a cercare scampo con ogni possibile mezzo.

Da Dublino a Dublino

Si chiude male il 2015 per i rifugiati. E il 2016 non promette bene. Dopo molte discussioni, vertici europei, agende e piani per la gestione di quella che è stata definita enfaticamente “emergenza umanitaria”, le ultime mosse dei responsabili politici del continente vanno in una direzione assai diversa da quella prospettata a settembre, sull’onda della commozione per le foto del piccolo Aylan. Gli attacchi terroristici di novembre, dopo i risultati elettorali danesi, sloveni, polacchi, hanno spinto i governi verso la chiusura.
La partita vede fondamentalmente contrapporsi, non solo in Europa, due visioni antagoniste: la cultura dell’accoglienza e la strategia del contenimento.
A favore della prima stanno i diritti umani affermati da costituzioni nazionali e convenzioni internazionali, le associazioni e i movimenti che difendono la causa umanitaria, ma soprattutto il dato ineludibile dei flussi di persone in cerca di scampo, dentro e fuori dai confini del proprio paese. Va sempre ricordato che l’86 per cento dei richiedenti asilo rimane nel Sud del mondo. Paesi come la Turchia, il Libano o la Giordania ospitano complessivamente circa 3,5-4 milioni di profughi, principalmente siriani. Solo una minoranza, di solito più attrezzata oltre che fortunata, riesce ad approdare sul suolo europeo.
Per un breve momento è sembrato che la cultura dell’accoglienza stesse prevalendo, quando a settembre Jean-Claude Juncker ha annunciato a nome dell’Unione Europea un piano per accogliere e distribuire tra i paesi membri 160mila profughi, sospendendo di fatto gli accordi di Dublino. Ora però i governi sembrano essersi convinti che l’accoglienza scontenta gli elettori e alimenta i populismi. Hanno quindi abbracciato con apparente risolutezza la strategia del contenimento, dando così solidi argomenti a chi da sempre propugna la chiusura e irride il diritto di asilo.
Una prima mossa in questa direzione è stata la negoziazione di un impegnativo accordo con la Turchia: aiuti per 3 miliardi di euro, eliminazione dei visti per l’area Schengen, accelerazione delle trattative per l’ingresso nell’UE, purché Ankara sigilli le frontiere e non consenta più il passaggio dei profughi. Di fatto, si sono spostati verso l’esterno i dispositivi degli accordi di Dublino. Non hanno avuto seguito le critiche di Amnesty International per le modalità adottate dalle autorità turche per trattenere i fuggiaschi e il governo Erdogan ha ottenuto una legittimazione internazionale forse insperata.
In secondo luogo, anche in Europa ricompaiono i muri, fisici e simbolici. Ne sono stati censiti quarantadue attraverso il mondo, ma si sperava che l’Europa si fosse lasciata alle spalle questa tecnica antichissima per separare “noi” da “gli altri”. L’Ungheria di Viktor Orban, anziché essere isolata e stigmatizzata, ha aperto la strada. Per di più, gli attentati di Parigi hanno consentito di rilanciare il supposto nesso tra rifugiati e pericolo terrorista, inducendo il governo francese a ritirare la sua tiepida disponibilità verso l’accoglienza dei richiedenti asilo.
A dicembre, un po’ a sorpresa, è arrivato l’annuncio di una procedura d’infrazione contro Italia e Grecia sulla questione della rilevazione delle impronte digitali, con tanto di invito a ricorrere alla forza, se necessario. Poiché la redistribuzione verso altri paesi avviene con il contagocce, la mossa significa ripristinare alla lettera le regole di Dublino e scaricare sui paesi rivieraschi l’onere dell’accoglienza. Gli istituendi hotspot, con ogni probabilità, non saranno stazioni di transito, ma terminal di arrivo.

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Le ragioni della guerra agli scafisti

Non nuova, ma periodicamente reiterata, è poi una quarta misura di contenimento: la minaccia delle maniere forti verso i cosiddetti scafisti. Si fa credere che i profughi arrivino rischiando la vita perché qualcuno li trasporta per denaro, occultando il fatto che in mancanza di mezzi legali chi fugge deve mettersi nelle mani di chi è disposto a trasportarlo, a qualunque costo. Non potendo dire pubblicamente che non vogliono accogliere altri profughi, i governi europei dichiarano guerra agli scafisti.
Continuano invece a mancare i canali umanitari richiesti dalle organizzazioni internazionali per consentire ai fuggiaschi un accesso legale e protetto a paesi sicuri. Qui un piccolo segno di speranza è rappresentato dall’iniziativa assunta dalla chiesa valdese insieme alla comunità di Sant’Egidio per l’apertura di due corridoi umanitari, dal Marocco e dal Libano, per portare in salvo in Italia 2mila profughi.
Un dato infatti rimane certo anche per il 2016: se non arriverà la pace, in Siria e altrove, altre migliaia di persone sfideranno le politiche di contenimento, cercando scampo con ogni possibile mezzo.

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Se il pubblico impiego ha regole uguali al privato

  1. Domenico Napoli

    Concordo con l’autore più o meno su tutto l’articolo e, soprattutto con l’ultimo inciso, se non si fa qualcosa per aiutarli in casa loro o trovando una via di pace, queste persone continueranno a venire, in un modo o nell’altro.
    A questo punto le vie non sono moltissime, la tenue illusione che queste persone, una volta arrivate nei paesi periferici rimangano lì è, appunto, solo un’illusione. Così come sono stati in grado di arrivare dalla Siria fino in Italia fra innumerevoli stenti e difficoltà, troveranno un modo per arrivare in Germania o in altri paesi europei.
    Dato per scontato questo, che piaccia o meno, vedo soli due approcci possibili:
    1) Chiusura totale: Decidiamo veramente di affondare i barconi con dentro i profughi e via discorrendo decidendo che l’Europa adbichi totalmente ad ogni tipo di umanità;
    2) Regoliamo veramente il fenomeno guadagnandoci o, quantomeno, non facendo guadagnare le varie mafie mondiali: Ovvero, in Siria, Libano, Libia e in altri “posti caldi” dove sappiamo partire gran parte dei profughi creiamo delle strutture dove queste persone, così come pagherebbero gli scafisti, pagano lo stato Italiano o quel che sia, si fanno identificare, li mettiamo nell’attesa della chiusura della procedura in strutture decenti apposite (con i loro soldi), identificati li si porta in Italia o dove devono andare. Gli immigrati clandestini, che non seguono questa procedura, li riportiamo a casa direttamente noi. Espulsi più e più volte finiranno le risorse disponibil

  2. Fabrice

    Scusate,
    ma tutta sta ondata di rifugiati chi l’ha provocata?
    Chi ha destabilizzato il Medio Oriente?
    Chi ha messo il becco in Libia per eliminare Gheddafi?
    Le risposte sono elementari: USA e Francia!
    Quindi a rigor di logica e responsabilità dovrebbero occuparsene questi due paesi!!
    E come mai invece l’ondata di rifugiati viene sfruttata politicamente dai politicanti italiani?
    La destra ne fa un cavallo di battaglia (agitando paure ma non facendo mai nulla di veramente efficace!) per prendere più voti, la sinistra fa un investimento futuro nel senso che più immigrati saranno un giorno cittadini italiani, più voti avranno!!
    E chi ci va fregato?
    Il comune cittadino onesto che lavora e paga le tasse e che si aspetta di avere in cambio un servizio almeno decente dai politici che ha eletto e invece in cambio ha solo comportamenti cialtroni da politicanti che sfruttano ogni cosa solo per raccattare ancora più voti e così come casta possono auto perpetuarsi!

  3. Bruno

    “il supposto nesso tra rifugiati e pericolo terrorista”…?
    Cose dovrebbero ancora combinare questi qua prima che l’autore dell’articolo non consideri più il nesso solo “supposto”?
    L’umanità va bene, ma perché sia sostenibile bisogna condirla con un po’ di cinismo e di realismo: primo, i Musulmani ci odiano. Secondo, se e’ vero che non tutti i musulmani sono terroristi, tutti i terroristi sono musulmani. Terzo: chi e’ davvero così ingenuo da pensare che l’Isis (Daesh) o altre sigle del terrore non approfittino dell’occasione d’oro per far infiltrare, fra i milioni di rifugiati, anche qualcuno dei “loro”? Sarebbe oltremodo stupido non approfittarne, e questi sono stupidi, ma non così stupidi (beh, non tutti almeno).
    Infine, bisogna anche chiedersi quali saranno gli affetti a lungo termine di riempirci di popolazioni musulmane: molto meno educate e preparate, ma ben più promiscue, feconde e culturalmente compatte e aggressive delle nostre. C’e’ già chi parla di guerra civile in Francia entro 20 anni causa cambio degli equilibri demografici/culturali.
    Purtroppo sono discorsi difficili o impossibili anche solo da menzionare in Italia: verrebbero immediatamente cacciati di qualunquismo, razzismo, fascismo e via dicendo… (ed infatti ho seri dubbi sul fatto che questo post venga pubblicato)

  4. Henri Schmit

    D’accordo. In teoria l’Italia avrebbe ragione da vendere: come può l’UE lasciare il carico degli arrivi massicci da Africa e Oriente ai paesi che si trovano in prima linea? Forse a causa dell’inefficienza legata a eterni litigi interni per anni nessuno ha ascoltato né tanto meno aiutato l’Italia; solo con la nuova commissione e con la sciagura del camion fra Austria e Germania, alcuni si sono svegliati. Brevemente e per fare cose sbagliate. Aprire largamente le porte non può essere la soluzione; tutto deve essere graduale e controllato. Ecco il difetto dell’Italia: nonostante la bravura della marina e della guardia costiera, della polizia e delle organizzazioni umanitarie, il paese ha dimostrato di non saper gestire nemmeno anagraficamente l’afflusso dei migranti e rifugiati; i centri di accoglienza dipendono, come tutto, da affari loschi a margine della politica, la semplice schedatura delle persone entrate è stata gravemente difettosa creando grossi rischi di sicurezza. Ha il governo la volontà, i numeri e la voce per proporre elementi di una soluzione non limitata a gestire gli hot-point e a distribuire gli arrivi, ma che considera anche come intervenire nei paesi di provenienza, non con truppe di terra, meglio senza attacchi aeri, ma comunque intervenire. Non si può più contare sull’America (indipendentemente dall’esito delle elezioni), quindi bisogna concertarsi con gli odiati (ma bravissimi) Francesi, i recalcitranti Tedeschi, i perfidi Inglesi e gli equivoci Russi.

  5. Edison

    La capacità di mantenere separati “noi” dagli “altri” e di regolare le interazioni tra “noi” e gli “altri” è la pre-condizione per l’esistenza di qualsiasi società civile.Un docente di sociologia, seppure delle migrazioni e con palesi afflati universali, dovrebbe saperlo.

  6. Edison

    La capacità di mantenere separati “noi” dagli “altri” e di regolare la interazione tra “noi” e gli “altri” costituisce la pre-condizione per l’esistenza di qualsiasi società civile. Un docente di sociologia, seppure “delle migrazioni” e con tendenze palesemente ecumeniche, dovrebbe saperlo.

  7. Pigi

    Leggevo il titolo e speravo che nell’articolo ci fosse la dimostrazione del “Perché i muri non possono fermare i rifugiati”. Invece niente. Evidentemente è solo una convinzione dell’articolista. Invece l’Ungheria e l’Australia hanno dimostrato che i muri servono, eccome.

  8. MArco

    Come al solito chi tratta di sociologia non vive il Paese reale. Qulacuno sta valutando gli effetti sociali ed economici del degrso a cui stiamo assistendo giorno dopo giorno, dell’imbarbarimento delle nostre Società? Quale è il grado di integrazione dei Cinesi, per esempio? Un articolo così era degno di papa Francesco. Non di uno scienziato

  9. tiberio damiani

    l’italia sulla immigrazione è in ritardo di almeno trenta anni, infatti abbiamo sempre assunto il ruolo di facilitare il passaggio, e chi voleva rimanere poteva, ma senza cheìiedere troppo. ora che una parte della popolazione è “straniera” iniziamo a pensarci, ma forse i diritti di cittadinanza andavano sanciti per tempo e codificati al di fuori delle ondate emotive attuali. non aver creato ghetti per ospitare gli immigrati è un nostyro vantaggio, ma non risolve la difficoltaà sui diritti di voto di cittadinanza… anche se lavorano pagano le tasse si curano mandano i figli a scuola… insomma un po’ di ritardo che potrebbe essere utilmento colmato se si riuscisse a ragionare in termini razionali , ma di questi tempi… altro punto da affrontare in termini razionali è il ruolo sulla economia e sulla demografia italiana ed europea che potrà (e forse dovrà) avere la immigrazione. qui la miopia è fortissima, un po’ diffusa e sarebbe il caso di pensare a cosa succede in pochi anni con il progressivo calo della natalità, un continente di anziani, oppure un continente che arruola milizie per farsi difendere come un rinnovato paese della apartheid? a livello generale mi sembra che la questione della immigrazione, con tutte le cause che la scatenano e mantengono, potrebbe essere una sorta di trappola per impegnare l’europa in un lavoro di assistenza secolare, se non avvenisse la stessa cosa tra centro america e stati uniti. quanto ai muri fanno tutti la stessa fine.

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