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Il partito degli esperti

A quale area politica fanno riferimento gli esperti di politica in Italia? Basta chiederglielo. E le risposte indicano che se nel 2000 avevano una posizione di sinistra-centro, ora si considerano di centro-sinistra. Seguendo l’evoluzione dei Ds in Pd. Poco popolari le idee moderate e liberali.

Un sondaggio tra addetti ai lavori

Qualche tempo fa l’economista Riccardo Puglisi si domandava provocatoriamente se esistesse qualche economista non di area Pd. Un dubbio che si risolve semplicemente chiedendoglielo, sia pur indirettamente.
Altrettanto provocatoriamente, il discorso potrebbe essere esteso anche ad altre categorie. A partire da quella degli esperti di politica (scienziati e sociologi politici, in principal modo, ma anche non accademici, come i giornalisti che si occupano di politica).
Ma come cercare di capire di capire l’area di riferimento degli esperti andando al di là di una querelle spesso alimentata da preconcetti ideologici (di un colore o di un altro)? Chiedendolo ai diretti interessati, naturalmente.
Detta così, a dire il vero, suona fin troppo facile. Occorre in realtà perseguire una strategia indiretta che passa attraverso l’analisi, grazie a un modello statistico appropriato, delle risposte che gli esperti di politica danno a una serie particolare di sondaggi che va sotto il nome di expert surveys, strumento oramai diffusissimo in letteratura per cercare di ottenere informazioni sulle preferenze di policy dei vari partiti.
Si procede in questo modo: si identificano gli esperti di politica di ciascuna paese o, più spesso, almeno un loro campione significativo e gli si domanda di posizionare i partiti della propria realtà lungo una serie di dimensioni, a partire dall’asse ideologico principe, ovvero quello sinistra-destra, passando per la dimensione economica, pro-Stato o pro-mercato, ad esempio, o quella dei diritti civili. Devono poi indicare, e qua sta il punto, quanto si sentano complessivamente vicini a questo o a quel partito.
Così facendo si hanno tutte le informazioni necessarie per rispondere al quesito da cui siamo partiti, attraverso il ricorso a un modello di unfolding che tiene assieme le risposte date da ciascun esperto alle varie domande. È quello che avevo fatto in una pubblicazione scientifica di qualche anno fa dove, tra le altre cose, ricavavo per l’appunto le posizioni ideologiche degli esperti di politica italiani relative alle elezioni politiche del 2001 e del 2006 confrontandole con quelle dei loro colleghi europei, nord-americani e asiatici. Spinto dal tweet di Puglisi, mi è parso interessante aggiornare l’analisi, considerando anche il sondaggio degli esperti italiani del 2008 e del 2013 (l’ultimo a disposizione).

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Dai Ds a Matteo Renzi

I risultati dell’analisi in corrispondenza delle ultime quattro elezioni politiche italiane sono riportati qui di seguito. Cosa se ne può ricavare? Se consideriamo l’asse sinistra-destra (e se anche decidessimo di analizzare spazi con più dimensioni, la situazione non muterebbe di sostanza), l’evoluzione nel tempo della posizione ideologica degli esperti di politica italiani evidenzia almeno quattro punti interessanti.
Primo, il tipico esperto di politica italiano sembra spostarsi nel tempo da una posizione di sinistra-centro a inizio 2000 (tra l’altro la più a sinistra a livello mondiale, assieme agli olandesi) a una di centro-sinistra dodici anni dopo.
Secondo, come si evince dalla successione dei grafici, nel tempo l’evoluzione delle preferenze degli esperti sembra andare di pari passo con le posizioni dei Ds prima e del Pd dopo, che rimane il partito di gran lunga più vicino alle loro opinioni.
Da un punto di vista generale quanto appena notato non è ovviamente di per sé problematico, dato che una cosa sono le preferenze ideologiche (private) e un’altra la professionalità con cui si analizza un fenomeno di qualunque natura (politica incluso): tra giudizi di valore e di fatto, come ci insegna Max Weber, rimane in altre parole una importante differenza (fino a prova contraria).
Il terzo punto che emerge è la perdurante scarsa popolarità che idee moderate, liberali o conservatrici (ovvero, e in termini se vogliamo più generali, di centro-destra) sembrano esercitare su chi insegna politica nelle aule dell’università o su chi ne scrive e ne discute sui giornali e media. A parte il 2008, e peraltro anche allora solo marginalmente, in tutti gli altri casi le preferenze degli esperti trovano sempre un unico picco collocato a sinistra della scala ideologica.
Quarto: sarà interessante vedere se gli esperti italiani seguiranno la svolta centrista che sembra essere stata portata avanti da Matteo Renzi nei confronti del Pd, oppure se, e per la prima volta, il principale partito del centro-sinistra italiano ritroverà alla sua sinistra una cospicua maggioranza di chi parla di politica in Italia (da esperto, beninteso).

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  1. DDPP

    Complimenti per il coraggio di pubblicare un simile articolo. La nomenklatura culturale distribuita nelle università italiane non la ringrazierà di certo.
    Ricordo che quando facevo l’università a Bologna, gli economisti che non ripetevano le litanie dell’allora Pci erano trattati come paria. Si salvava solo la cordata Andreatta/Prodi/Gobbo che teneva i cordoni di tante borse… ma poi sappiamo che anche loro si sono accodati.
    Per il resto nacht und nebel….

    • Paolo

      Non ignoro l’egemonia culturale esercitata dal PC fino alla fine degli anni 80 ma siccome eravamo in democrazia e il PC non era nemmeno partito di governo chi avesse voluto esprimere una posizione diversa lo poteva fare, prendendosi le proprie responsabilità e i propri rischi. Il problema che le posizioni alternativa erano culturalmente inconsistenti e i potenziali portatori di tali posizioni imboscati o proni. E’ quello che si è riproposto successivamente nei confronti del pensiero unico liberista! E’ quello che succede anche ora,in piccolo e in miserevole, con il pensiero (sic) renziano e gli annessi di rottamazione, politca del fare, ecc. ecc. L’intellettuale italiano, nella sua maggioranza, si schiera sempre con Franza o Spagna, pur che se magna.

      • Maria Rosaria Di Pietrantonio

        Ha descritto l’intelletuale italiano come meglio non si potrebbe! Complimenti.

  2. Wallerstein

    Con tutto il rispetto: ma dove sono gli economisti di sinistra? Io davvero nel Pd non ne sento e non ne vedo, e nemmeno sui principali giornali che sostengono (più o mi palesemente il governo). L’economia per intero, è massicciamente spostata a destra, basti pensare alla parola ‘incentivo’ o ‘riforma’. Nel primo caso il termine indica un incremento di reddito per la ristretta elite manageriale o imprenditoriale (ad es.), mentre allo stesso tempo è sinonimo di abbassamento dei salari per tutto il restante 90%. ‘Riforma’: la parola riforma ora, anche a sinistra significa liberalizzazione ed eliminazione di qualsiasi impedimento al libero dispiegarsi del massimo livello di competitività. Una volta era l’opposto. L’Europa intera, con le sue universita, è hayekiana – sia strutturalmente che ideologicamente (salvo qualch rimarchevole eccezione che non riguarda il nostro Paese). Non è mai esistita una ‘unidimensionalità’ di pensiero in economia come al giorno d’oggi – e questa dimensione NON è a sinistra.

  3. Emiliano

    Scusate ma quali “economisti di sinistra”?!? Io francamente non ne vedo quasi l’ombra. Quelli del Pd sono di ‘sinistra’?

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