Fine anno ricca di eventi per riflettere sotto l’albero. Le elezioni in Spagna hanno portato la fine del bipolarismo e messo in forse la governabilità. Mentre in Francia la (non) alleanza tra socialisti e destra repubblicana al secondo turno ha bloccato il Front national. Due esiti molto differenti, come i sistemi elettorali dei due paesi. Come avrebbe funzionato il nostro Italicum?
Sul fronte dell’economia, il 2015 doveva essere l’anno del lavoro, grazie alla decontribuzione per i nuovi assunti e al Jobs act. In effetti c’è stato un cambio di rotta. Si contano 200 mila occupati in più che nel 2014, soprattutto nei servizi. Ma i dati Istat non confermano ancora quello che si vede nei dati Inps, cioè il prevalere dei contratti a tempo indeterminato. Troppo timidi i tagli di tasse della legge di Stabilità 2016. Una timidezza causata dall’incapacità della nostra classe politica di ridurre la spesa pubblica. Almeno, con la “finanziaria”, arriva un mix di interventi da 1,5 miliardi di contrasto alla povertà che dovrebbe sostenere almeno 1 milione di indigenti. Solo un primo passo per colmare il divario con la media Ue.
Procede ancora lento e tra mille difficoltà il cambiamento nella scuola e nell’università. Con 51 mila bambini di età diversa iscritti ai vari anni del ciclo formativo, le pluriclassi nella scuola primaria si trovano in aree interne poco popolate. La riforma della Buona scuola consente di scegliere se mantenerle migliorandone la didattica oppure accorparle in nuove scuole. Con scarsa cognizione di costi e benefici delle alternative. Se i meccanismi per premiare il merito nel reclutamento degli atenei vengono vanificati dalla baronie, forse meglio affidare tutto alla competizione di mercato: università finanziate dalle tasse degli studenti (ma con borse di studio per i meritevoli a basso reddito) che potrebbero diventare virtuose per aggiudicarsi i migliori.
Davvero le elezioni primarie neutralizzano le strutture cristallizzate dei partiti e creano un rapporto diretto tra candidati e base elettorale? No, non è scontato. Vari i rischi in agguato, dalla disaffezione dei militanti alle pratiche clientelari all’uso strumentale che ne fanno i vertici delle organizzazioni politiche.
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