Lavoce.info

Pensioni: dove nascono i diritti acquisiti

I lavoratori tendono a considerare il trattamento previdenziale previsto dalla legislazione vigente nel periodo in cui versavano i contributi come una promessa, un diritto acquisito. Ma quale pensione è economicamente lecito attendersi? La disparità di trattamento fra generazioni.

Diritti acquisiti: e l’economia?
Nel 2013, la spesa totale per pensioni in Italia ammontava a 247,9 miliardi di euro, pari al 15,3 per cento del Pil. Nessuna sorpresa quindi se, appena c’è da tagliare la spesa pubblica, le pensioni sono le prime indiziate. Purtroppo però la discussione sulla necessità, la legalità e direi anche la moralità di eventuali riforme del sistema previdenziale assume immediatamente una dimensione ideologica. I pensionati e i lavoratori in prossimità della pensione difendono i loro diritti acquisiti, i più giovani si chiedono perché le riforme delle pensioni che si sono succedute dal 1992 abbiano ridotto soprattutto i loro benefici futuri – evidentemente ancora poco acquisiti.
Per comprendere le diverse posizioni in campo è utile ricordare come funziona il sistema previdenziale a ripartizione in vigore in Italia (ma anche in Francia, Germania, Svezia e altrove).
I contributi previdenziali versati ogni mese dai lavoratori (e dai loro datori di lavoro) transitano dall’Inps e sono immediatamente utilizzati per finanziare le pensioni in pagamento.
In altre parole, se un’improvvisa rivoluzione fiscale interrompesse il flusso dei contributi previdenziali, dopo poche settimane l’Inps non sarebbe più in grado di pagare le pensioni.
Quando il sistema previdenziale è stato istituito in Italia, nel 1919 esistevano in realtà dei fondi dove i contributi previdenziali venivano accantonati, poiché inizialmente erano ben pochi i lavoratori che avevano diritto a percepire un beneficio previdenziale, e dunque i contributi versati superavano di gran lunga le pensioni erogate. Ma dopo la seconda guerra mondiale, questi fondi sono stati utilizzati, e oggi il sistema è completamente a ripartizione. Anzi, per far fronte al finanziamento di un numero crescente di pensioni sempre più generose, l’aliquota contributiva è aumentata nel corso degli anni – passando dal 14,4 per cento nel 1960 al 23,9 per cento del 1980 fino a quasi il 33 per cento oggi.
Senza dubbio, una persona che nel corso della sua vita lavorativa deve, per legge, versare i contributi previdenziali acquisisce un diritto a ottenere un beneficio previdenziale futuro. E i lavoratori tendono a considerare il trattamento previdenziale previsto dalla legislazione vigente nel periodo in cui versavano i contributi come una promessa – un diritto acquisito. Tuttavia c’è da chiedersi fino a che punto è possibile promettere benefici futuri ai lavoratori. Ovvero, quale pensione è economicamente lecito attendersi?
Disparità di trattamento tra generazioni
In un sistema a ripartizione “maturo” – ovvero dove pressoché tutti i lavoratori anziani hanno diritto a una pensione – come quello italiano a partire dagli anni Sessanta, il rendimento dei contributi previdenziali è pari alla somma del tasso di crescita dei salari reali medi e dell’occupazione. In realtà, si potrebbe ottenere qualcosa in più dal sistema, ma solo aumentando anno dopo anno l’aliquota contributiva, come accaduto appunto dagli anni Sessanta a oggi. A un certo punto, però, l’aliquota contributiva diventa troppo elevata da sostenere, poiché il cuneo fiscale aumenta troppo, e questa opportunità svanisce.
Fino alla riforma Dini del 1995, il calcolo delle pensioni era sganciato dal rendimento effettivo dei contributi versati dal lavoratore. Solo con l’introduzione del sistema contributivo il legame è stato reso evidente. In questo senso, quindi, il sistema contributivo ci consente di calcolare il beneficio che è lecito attendersi dopo aver corrisposto per anni i contributi previdenziali. Per chi ha vissuto gli anni del boom economico e demografico, questi rendimenti previdenziali leciti sono elevati. Tuttavia, in molti casi ai lavoratori è stato promesso, e poi anche dato, molto di più.
Si potrà forse argomentare che si tratta di diritti acquisiti che non è legittimo modificare, soprattutto per i pensionati ormai più anziani e con pensioni basse. Ma non si può negare l’evidenza della disparità di trattamento previdenziale tra le diverse generazioni di lavoratori italiani.

Leggi anche:  Mangiare con la cultura: chi ci riesce e chi no

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Mangiare con la cultura: chi ci riesce e chi no

Precedente

A chi conviene il 730 precompilato

Successivo

Ddl concorrenza: l’Armageddon dei notai

27 commenti

  1. RODOLFO SPERANDINI

    Il prof. Galasso si è mai posto la domanda che i pensionati di oggi, a suo parere “privilegiati” rispetto a quelli prossimi venturi, per tutta la loro vita lavorativa (per me 44 anni di contributi e 41 di lavoro effettivo) hanno pagato con i loro contributi le pensioni in essere?
    Si è mai posto la domanda che noi pensionati abbiamo pagato le pensioni, senza mai protestare, ad assicurati che hanno beneficiato di 7/10 anni di accredito contributivo quali ex combattenti ? Che abbiamo ripianato il passivo dell’INPDAI (dirigenti d’industria) passati all’INPS (FPLD) dopo che questi hanno prosciugato il loro Fondo e, nel frattempo come Confindustria, hanno “sparato” a zero e per anni sull’INPS qualificandolo un carrozzone?
    Potrei continuare ancora a lungo………

    • giulio

      Io sono del 1958,quindi sono stato toccato da tutte le riforme pseudo pensionistiche, quando nel 1974 ho iniziato la mia avventura lavorativa ho stipulato con il governo un accordo che se non sbaglio recitava così: tu lavorerai per me per i prossimi 35 anni io al 36 annoti elargirò una pensione in base ai tuoi versamenti e così ho fatto, ma poi sappiamo che nel 95 la storia è cambiata in maniera unilaterale. Ma il mio diritto se non acquisito almeno di contributo poteva essermi riconosciuto, anche se non sono un politico potevano trasformarlo in vitalizio, come hanno fatto lor signori?

      • Rainbow

        Concordo con il tenore dell’articolo, dal punto di vista logico e di elementare contabilità l’analisi e’ineccepibile! La spesa Previdenziale italiana rappresenta 1/3 della spesa pubblica,e nonostante ben 7 riforme,tanti privilegi e disparità non sono stati cancellati. Basti pensare che abbiamo ancora sul groppone le pensioni baby,pagate a gente che e’andata in pensione a meno di 40 anni di eta’,e che ci costano ancora quasi 8 miliardi di € all’anno! Questi soldi vengono prelevati dai contributi delle generazioni attuali che non sanno se andranno in pensione quando verrà il loro turno,e avranno comunque pensioni misere! I commenti,quasi tutti negativi,testimoniano tuttavia la difficoltà di mettere in discussione i “diritti acquisiti”! Sarebbe elettoralmente controproducente, per fare una cosa del genere occorrerebbe un consenso bipartisan che in Italia non esiste. Le opposizioni populiste che ci sono in Italia si metterebbero subito alla testa dei pensionati colpiti da questi provvedimenti e ci sarebbero sommosse di piazza. Ecco perché in Italia è difficile fare le famose riforme strutturali! Per questo penso che le proposte di Tito Boeri non verranno mai accolte anche se sono di buon senso! Del resto anche la Corte Costituzionale,composta da giudici titolari di ricche pensioni acquisite o acquisende, si metterebbero di traverso come hanno già fatto!

        • Stefano baudino

          Giustissimo i pensionati sono tanti e votano le tasse possono solo aumentare

  2. Claudio

    I fondi in profondo rosso dei dirigenti, elettrici, telefonici, ferrovieri (e non so quali altri) vengono ripianati (nella misura maggiore) dai lavoratori parasubordinati che hanno il loro fondo in profondo attivo e che probabilmente vedranno la pensione con il binocolo, se non ce nebbia. E cosa dire delle pensioni erogate sulla base degli ultimi anni di stipendio senza considerare tutta la vita contributiva…Dai non prendiamoci in giro, il diritto acquisito è sacrosanto finche non lede il diritto comune a non fallire!

  3. Il ragionamento è sensato, ma non tiene conto del fatto che i pensionati non hanno mai deciso nulla e fino al 95 era la politica che non voleva toccare le pensioni per non perdere voti. Ora però la riforma ha esagerato, perché pretende dai lavoratori circa il 40% del loro reddito e dopo quarant’anni rende loro una cifra irrisoria, totalmente erosa da inflazione e mancata rivalutazione. A questo indirizzo http://www.blogbianco.it/la-previdenza-integrativa/ un commento a questa circostanza che tutti tacciono, e cioè l’INPS rivaluta i versamenti al tasso di crescita del PIL, dunque dopo quarant’anni avremo in termini reali meno di quanto abbiamo versato. Questa è il vero problema. http://www.blogbianco.it/la-previdenza-integrativa/

  4. Filippo

    Come mai gli esperti di sistemi pensionistici dimenticano sempre di dire alcune cose sui dati che presentano? ad esempio
    -Spese GIAS impropriamente a carico dell’INPS
    -trattenute IRPEF sulle pensioni circa 42mld di €
    già depurando queste 2 anomalie italiane si vede come l’INPS sarebbe in attivo, e finanzia lo stato ogni anno, almeno dal 1998, come sostiene il professor F.R. Pizzuti nel suo Rapporto sullo Stato sociale

  5. Due questioni di base che non vengono considerate nell’articolo:
    a) la distinzione tra pensioni e previdenza I contributi versati mensilmente finiscono nella gran parte nella previdenza più che nelle pensioni. Cassa integrazione inclusa Magari due conti aiuterebbero
    b) l”Inps divide la gestione delle pensioni in due comparti: quella per così dire normale e quella separata. La gestione separata, contratti atipici, è largamente attiva ma non solo pur operando nel sistema contributivo non rende ai (futuri) pensionati quanto incassa. Es: negli ultimi 16 anni ho versato 250k quando fra quattro anni andrò in pensione la gestione separata mi riconoscerà circa 950€ lordi/mese. Ma i 250k sono stati versati netti. Per recuperare il versato, pensando in termini di lordo dovrei campare 250 mesi= 20 anni =87 anni.= 8 anni oltre l’aspettativa di vita media per gli uomini Se poi si ragionasse in termini di netto il recupero si allungherebbe ulteriormente. Magari se si considerassero tutte le variabili il ragionamento se ne gioverebbe. .Bizzarro poi che a parlar di pensioni, così come di disoccupazione siano coloro che lavoro l’hanno e ricco e la pensione già garantita. Sarei ben lieto di fare da me se e l’Inps mi restituisse i 250k netti già versati

  6. Massimo

    E’ un semplice problema di partita doppia: a diritti acquisiti degli anziani corrispondono doveri acquisiti dei giovani.

  7. Fulvio Krizman

    Prelievo fiscale: in Germania è al massimo al 0,2%. In Francia l’aliquota massima per i pensionati il 5,2%, nel Regno Unito è il 7,2%, in Spagna è il 9,5%. Se il pensionato italiano con l’assegno da 1500 euro lordi paga 4000 euro, quello francese ne paga 1000, quello britannico ne paga 1500, quello spagnolo 2000.
    23 miliardi di buco previdenziale della gestione degli ex lavoratori pubblici, un rosso che ora pesa nelle casse dell’INPS.
    Purtroppo di lecito c’è rimasto solo l’uso inlecito che si è fatto da decenni delle risorse accumulate dai lavoratori all’interno dell’INPS,e le conseguenze sociali di future ennesime riforme previdenziali anche su chi è già in pensione non sono nemmeno lontanamente immaginabili.

  8. Luciano

    Dove nascono i diritti acquisiti? Dal vocabolario.
    Sul pianeta X abitava il cittadino A, il quale percepiva una pensione proporzionalmente superiore ai contributi pensionistici versati. Sul pianeta X abitava anche il cittadino B. Il cittadino B era stato “riformato” dal Governo planetario e sapeva che quando sarebbe toccato a lui andare in pensione avrebbe percepito una pensione proporzionalmente inferiore ai contributi pensionistici versati, perché questi, oltre che a finanziare la sua futura pensione servivano anche a finanziare una parte della pensione del cittadino A. Un giorno sul pianeta X atterrò un marziano. Spiegò che su Marte non esistevano cittadini di tipo A e di tipo B, in quanto le leggi erano ispirate al principio di “equità”. Su Marte, il cittadino A sarebbe stato considerato fruitore di un “privilegio” e su Marte era proibito acquisire privilegi, per il fatto che essi avevano la caratteristica sostanziale di essere iniqui. Il marziano volò via e il Governo planetario, dopo un’attenta riflessione, per evitare possibili turbamenti dell’ordine pubblico dovuti al contatto extraterrestre, decise che da quel giorno nel vocabolario l’espressione “privilegio (acquisito)” sarebbe stata sostituita, per legge, da “diritto (acquisito)”.

  9. Franco Tegoni

    E’ certamente “diritto acquisito” ciò che appartiene già al patrimonio di un soggetto e che lo Stato (uno Stato non arbitrario) può ridurre o incrementare solamente agendo sulla leva fiscale erga omnes. Attendo di conoscere le vostre ulteriori elaborazioni per sapere se nel ricalcolare le pensioni retributive in essere con il metodo contributivo terrete conto anche delle consistenti limature effettuate legittimamente ancorchè dolorose attraverso il blocco delle rivalutazioni automatiche e dello scaglionamento del rendimento nella fase di calcolo.

  10. Enrico

    Mi dispiace dirlo, ma lo spettacolo che offrono i pensionati non è edificante: quando hanno modificato il sistema pensionistico determinando di fatto pensioni da fame o uscite dal lavoro da incubo in prospettiva (70 anni!!!) per i loro figli, non hanno detto un “ma…”; gli unici commenti si levano contro la possibilità che riformino anche il loro assegno (in quel caso sono molto loquaci).
    In definitiva l’Italia mi sembra più fondata sulle pensioni che sul lavoro.
    Scusate la polemica ma l’amarezza è molta.

    • Massimo Gandini

      Sulla generazione degli attuali pensionati è meglio stendere un velo pietoso, soprattutto sull’associazione dei manager che ha portato avanti il ricorso davanti alla consulta. Sulla decisione assurda gia tanto di è detto ed è inutile ritornare sull’argomento. Vorrei chiedere cosa c’è di costituzionale nel fatto che quando ho iniziato a lavorare circa 30 anni fà erano sufficienti 35 anni di lavoro per accedere alla pensione di anzianità mentre ora pare plausibile pensare che fino a 67 anni non vedrò restituito nemmeno un euro della montagna di contributi versati. Tra l’altro negli utlimi venti anni ho pagato un’aliquota del 33 per cento introdotta nel 1996 e spesso mai pagata dagli attuali pensionati,pagare di piu per avere molto di meno, questo dice la costituzione?

  11. Massimo Gandini

    La nuova sentenza della corte costituzionale a proposito di perequazione delle pensioni sancisce per l’ennesima volta l’intangibilità dei privilegi (ops diritti,,,) acquisiti. Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato. Giovani e lavoratori voi la pensione non l’avrete mai (ma intanto pagate…) e chi ha il privilegio acquisito continua a goderne , lo sfascio dei conti pubblici passa in secondo piano, tanto per recuperare si puo alzare ulteriormente l’età pensionabile

  12. Squid1

    Perché i politici possono determinare la mia pensione ed io non posso determinare la loro?

  13. Confucius

    Dietro il ragionamento della perequazione di tutti i trattamenti pensionistici al dettato dell’ultimo provvedimento legislativo emesso si cela il problema della retroattività delle leggi. Lo Stato ha “sottoscritto” con i lavoratori una contratto, le cui clausole erano definite dalla legislazione vigente, relativamente alla contribuzione ed al trattamento pensionistico futuro. Ora, se ad una parte le condizioni del contratto non convengono più, il contratto rimane comunque valido. L’avere sottoscritto con la banca un mutuo ad elevato tasso di interesse non fa della banca la detentrice di un ingiusto privilegio. Inoltre, il fatto di rendere retroattive tutte le norme toglierebbe la residua possibilità di pianificare il futuro. Se l’aliquota IRPEF venisse aumentata, si dovrebbero ricalcolare tutti gli importi per tutti i precedenti anni e versare la differenza? E se l’aliquota scendesse, lo Stato verserebbe ai contribuenti quanto incassato in più? Se poi la nuova legislazione non piace, alle prossime elezioni si dovranno premiare le formazioni politiche che si propongono di migliorarla, anziché quelle che continuano a modificarla in modo peggiorativo.

  14. Rainbow

    Nel mio commento, postato prima della sentenza della Corte Costituzionale sulla mancata rivalutazione delle pensioni da 1300 € netti, avevo purtroppo visto giusto: la Corte non tollera alcun intervento in peius sulle pensioni,compresi i “privilegi acquisiti”. Nulla si può fare al riguardo,la Corte e’composta di giuristi che nulla sanno di Economia! Suggerisco,per coloro che sono interessati, di leggersi un illuminante e condivisibile articolo del Prof. Puglisi concertante e demenziale sentenza della Corte Costituzionale. Il titolo dell’articolo in questione e'”forse la Corte Costituzionale preferiva la Troika?”.

  15. Savino

    La sentenza sulla illegittimità costituzionale della norma sulla perequazione è un’autemtica forzatura giuridica. Non tiene conto per nulla del nuovo art. 81 della Costituzione, ma anche l’obbligo del pareggio di bilancio è Costituzione da rispettare. La Corte Costituzionale si mostra così come l’organo degli sprechi e del debito pubblico.

  16. Ludovico

    Oggi l’80 per cento delle famiglie anziane hanno acquisito il diritto di proprietà di una o più abitazioni. Molti di questi hanno evaso il fisco, tanto che le proprietá acquisite non sono giustificate dai guadagni dichiarati negli ultimi 20 anni. I giovani oggi non riescono neanche ad aver un mutuo. È una disparità accettabile? Tanto più che evadere il fisco, a differenza di aver ottenuto una pensione secondo legge, è una illegalitá. Allora perchè non si tagliano questi diritti acquisiti illegalmente, prima ancora di quelli legali, promuovendo una legge che riapra i termini di prescrizione fiscale a cominciare dallo scudo fiscale?

  17. Franco

    Cosa vuol dire diritto acquisito?! Io ho lavorato circa 40 anni sempre nel settore privato quindi pagando contributi all’INPS. Per “diritto acquisito” intendo ciò che mi fu “imposto” dalle leggi vigenti nel 1960 , quando ho iniziato a lavorare, di pagare delle lire ad un Ente dello Stato che me le avrebbe restituite dopo un certo numeri di anni con un certo interesse. Non mi è stato chiesto se ero d’accordo con questa procedura, ma la ho subita. Per me, in quel tempo, avrebbe fatto più comodo nell’immediato avere maggiore liquidità per comperare la casa, mettere su famiglia, ecc. Lo stesso principio vale per le trattenute fattemi allora dall’INAM quando ero giovane e in salute e non avevo alcun bisogno né di medicine né di assistenza medica. Se mi avessero chiesto di scegliere avrei potuto anche scegliere di avere TUTTO IL MIO STIPENDIO LORDO e io mi sarei organizzato.

  18. ROBERTO

    Messaggio politico forte e chiaro a Renzi da parte della Consulta in previsione di chi vorrebbe considerare pensioni d’oro quelle superiori ai…. facciamo euro 3.000 lordi? e di conseguenza modificarle da retributivo a contributivo.

    • Luigi

      Parlare di questi “messaggi” sicuramente, oltre al qualunquismo, nasconde una enorme ignoranza di come sono andate le cose. Sono sato un lavoratore autonomo ed ho una pensione di 1700 Euro netti tutta retributiva. Faccio notare diverse cose: – I versamenti furono obbligati non una nostra scelta, quindi l’obbligo a pagare evidenzia un doppio obbligo a rispettare le regole – Tra retributivo e contributivo ho circa 300 € di differenza in meno, se i soldi me li avessero lasciati sicuramente, investiti in semplici btp, ci sarebbero almeno 500 € in più rispetto al retributivi – Si parla dell’organizzazione della propria vita e di quella della famiglia, va bene tutto ma bisogna essere avvertiti per tempo non quando non hai più la possibilità di agire di conseguenza, troppo facile sparare su gente che non può più organizzarsi – Se fossi giovane non mi importerebbe nulla del contributivo…avrei tempo di agire di conseguenza. Per ultimo se sei incapace non rubare –

  19. Giorgio

    A quelli che continuano a insistere per ricalcolare le pensioni di tipo retributivo con il contributivo, spero sia ormai chiaro come la mancata o parziale rivalutazione di questi ultimi anni (che si proietterà per il futuro) abbia già determinato una perdita secca del valore delle pensioni almeno del 30%. Infatti esse si collocano agli ultimi posti in Europa. Il ricalcolo in negativo quindi è stato già fatto. Ora basta con questa storiella.

  20. Giuseppe Nuzzo

    Nel momento in cui comincio a lavorare e c’è una normativa ai fini pensionistici in atto, è un diritto acquisito? Perché poi tu stato la cambi? Se hai questa facoltà non è più un mio diritto acquisito, o sbaglio? E se credo di aver subito un danno, ho la facoltà di richiedere indietro tutti i miei contributi versati? Almeno i miei e non quelli che hanno versato i vari datori di lavoro. Mi sento defraudato, non rispetti la normativa vigente di un tempo, quindi stai approfittando dei miei soldi. Quindi ti chiedo la restituzione, in campio non pretenderò alcuna pensione futura. Cosa direbbe lo stato qualora facessi tale richiesta? E sarebbe obbligato a farlo?

  21. Carlo L Serra

    Ma insomma! Se lo Stato ha problemi di bilancio, istituisca nuovi scaglioni IRPEF sui redditi di calciatori, presentatori televisivi, presidenti di grandi società, scrittori alla moda, e lasci in pace vedove e pensionati !

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén