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Ma la scuola 2.0 è buona scuola?

Le attrezzature informatiche migliorano gli apprendimenti degli alunni? Prima di investire nuove risorse pubbliche nell’acquisto di tablet o lavagne multimediali servirebbero risposte basate su dati e rigorosa valutazione di efficacia degli esperimenti pilota. L’esperienza del progetto Cl@ssi 2.0.
INFRASTRUTTURE SCOLASTICHE: LA SITUAZIONE
La dotazione infrastrutturale della scuola italiana è carente. Ne è un preoccupante indicatore la manutenzione degli edifici scolastici. Se prendiamo per esempio l’ultima indagine svolta da Legambiente, il 32,5 per cento delle scuole necessita di interventi urgenti e solo il 30,9per cento è dotato di certificati essenziali come quello della prevenzione incendi.
La situazione appare particolarmente degradata nelle aree meridionali del paese, anche a causa del prosciugarsi delle risorse a disposizione degli enti locali, che dovrebbero assicurare la fruibilità degli edifici scolatici.
Le circostanze non appaiono migliori dal punto di vista della dotazione di attrezzature. Se utilizziamo la banca dati de La scuola in chiaro osserviamo che meno della metà delle classi italiane dispone di una connessione a internet, e poco più di un quarto possiede una lavagna interattiva multimediale (Lim).
Checchi Rettore
Questi dati ci segnalano un rischio di sotto-investimento pubblico nella formazione delle nuove generazioni, anche se non abbiamo alcuna certezza che una miglior qualità degli edifici e una maggior dotazione di attrezzature si traduca ipso facto in un miglioramento degli apprendimenti. I test, sia internazionali (Timss, Pisa) che nazionali (Invalsi), segnalano l’esistenza di un divario territoriale negli apprendimenti a sfavore degli studenti meridionali, che non sappiamo ricondurre a cause univoche. In particolare, non siamo in grado di concludere che a causarlo sia la sotto-dotazione di risorse che caratterizza le scuole meridionali.
ATTREZZATURE DIGITALI E APPRENDIMENTO
La ricerca accademica sul tema è molto cauta e divisa nell’individuare una relazione stretta tra attrezzature e apprendimenti. E tuttavia dal punto di vista delle politiche scolastiche sarebbe essenziale poter raggiungere qualche certezza al riguardo. Si pensi per esempio alla presenza di attrezzature informatiche: servono o non servono nel migliorare il livello degli apprendimenti?
Molti insegnanti sostengono che le attrezzature informatiche migliorano il livello di coinvolgimento degli alunni, perché valorizzano competenze non tradizionali, possedute anche da ragazzi con basso rendimento scolastico. Ma se il maggior coinvolgimento degli alunni permettesse anche un miglioramento delle pratiche didattiche, laddove si investe di più si dovrebbero riscontrare miglioramenti nella formazione delle competenze. Lo stesso disegno di legge sulla buona scuola in discussione in Parlamento sembra riconoscerlo dal momento che prevede la realizzazione di un Piano nazionale scuola digitale finalizzato anche al “(…) potenziamento degli strumenti didattici e laboratoriali necessari a migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni scolastiche” (articolo 5 comma 3 lett. b).
Non possiamo tuttavia limitarci alle impressioni soggettive di insegnanti o alunni per valutare i risultati, e tanto meno per decidere se investire risorse pubbliche aggiuntive (o distratte da altri usi) nell’acquisto di attrezzature. Avremmo bisogno di maggiore certezza sull’efficacia didattica per decidere dove allocare la spesa pubblica. Questo approccio viene indicato in letteratura come evidence based policy (politiche basate sull’evidenza), perché subordina le scelte pubbliche a una rigorosa valutazione di efficacia.
LA VALUTAZIONE DEL PROGETTO CL@SSI 2.0
Purtroppo anche su questo terreno scontiamo un ritardo, sia culturale che organizzativo, da parte degli enti preposti, ministero dell’Istruzione in primis. Valga a titolo esemplificativo la valutazione condotta da chi scrive sul primo progetto Cl@ssi2.0.
Al fine di verificare l’impatto dell’investimento di risorse significative in attrezzature digitali, nel 2010 il ministero dell’Istruzione lanciò un bando per distribuire 30mila euro a 156 classi di prima media, con lo scopo di analizzare gli impieghi più efficaci dal punto di vista delle pratiche didattiche. Grazie all’impegno di Fondazione per la scuola e Fondazione G. Agnelli fu possibile individuare un gruppo equivalente di classi di controllo nelle stesse scuole e sottoporre gli alunni a test sugli apprendimenti all’inizio dell’esperimento.
In assenza di obbligo di rendicontazione, non si conosce con esattezza come le scuole abbiano di fatto speso i fondi. Dalle interviste effettuate in una parte delle classi beneficiarie del finanziamento straordinario si evince che i fondi sono stati utilizzati per l’acquisto di lavagne interattive (laddove non fossero già presenti), per tablet e e-reader, per videoproiettori e via via fino ad alcune attrezzature specialistiche, quali sintetizzatori di suoni o microscopi elettronici.
Al termine del ciclo triennale della scuola media, gli stessi alunni appartenenti sia alle classi beneficiate dal finanziamento sia a quelle di controllo sono stati nuovamente sottoposti a test, per verificare possibili effetti delle attrezzature sugli apprendimenti. I risultati sono abbastanza deludenti, specialmente se rapportati all’entità dell’investimento per studente (circa 1.200 euro ): in media non si identifica alcun miglioramento nei risultati dei test sia di italiano che di matematica; se si tiene conto dell’eterogeneità delle origini sociali degli studenti, si trova un limitato effetto positivo per gli alunni che provengono da famiglie svantaggiate culturalmente.
Non siamo stupiti della pochezza dei risultati, ci sono altri lavori in letteratura che trovano effetti nulli della disponibilità di attrezzature sugli apprendimenti. Ci sono molteplici possibili ragioni: la più semplice è quella della “contaminazione” tra trattati e controlli (cioè gli insegnanti delle classi beneficiarie hanno condiviso le nuove attrezzature anche con gli alunni delle classi di controllo), ma ci si potrebbe anche spingere oltre (sostenendo che alcune attrezzature non servono per migliorare gli apprendimenti). Quello che tuttavia sorprende di più è che il ministero proceda caparbiamente nell’investire risorse nell’Ict pur senza avere risultati certi sulla loro efficacia didattica.

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Il Punto

  1. Roberto Mammaro

    Il punto secondo me non è quale sia l’impatto di questi strumenti sull’apprendimento.
    Il mio parere è stabilire quale sia la dotazione minima che vogliamo considerare indispensabile in una scuola che si voglia definire in linea non con i Paesi di riferimento, ma almeno con la media dei Paesi industrializzati.
    Altrimenti potremmo cercare (e scoprire) correlazioni fantasiose, quando in realtà si dovrebbe parlare di pura e semplice dignitosa offerta.

  2. Paolo Rossi

    Ho svolto per anni attività di formatore nelle aziende, ove mi rivolgevo a persone di età superiore a quella dei ragazzi delle scuole medie, ma credo la mia esperienza si applichi ad essi (almeno in parte).
    Quasi sempre nel mio lavoro ho dovuto utilizzare videoproiettori e fin dall’inizio mi sono reso conto del limite di questa tecnologia applicata alla didattica: lo strumento si pone in diretta competizione con lo stesso formatore, attira l’attenzione degli allievi fino a far sì che questo ignorino quasi del tutto quanto dice.
    Ho imparato ben presto che, per ottenere qualche risultato formativo, dovevo spegnere o oscurare il videoproiettore molto spesso in modo da focalizzare l’attenzione sui concetti espressi a voce… in tal caso utilizzavo sempre la cara vecchia lavagna (bianca) come supporto… per poi riattivare il videoproiettore per esercizi ed approfondimenti pratici, ma sempre con molta misura.
    Credo che i ragazzi subiscano ancor più degli adulti questa attrazione fatale e solo con una mano molto ferma da parte dei docenti nell’uso degli strumenti si possa garantire l’efficacia dell’insegnamento. In pratica temo che, senza una forte educazione dei docenti all’uso di queste tecnologie, queste possano essere più di danno che di beneficio nell’istruzione dei ragazzi.

  3. Il vero problema non è la dotazione tecnologica delle scuole, ma l’impiego che gli insegnanti fanno delle ICT. Una scuola con tablet per ogni alunno e docente e LIM in ogni aula non offre di per sé un migliore apprendimento rispetto a un’altra che non ne è dotata.
    Il problema principale è costituito dal rapporto che gli insegnanti italiani hanno con le ICT. Per la stragrande maggioranza, quando va bene sono totalmente impreparati a integrarle nel loro modo di lavorare, mentre nella peggiore delle ipotesi ne sono addirittura terrorizzati.
    Per essere davvero efficace, l’uso delle tecnologie nell’insegnamento (e in qualsiasi altro lavoro) dovrebbe essere essenzialmente spontaneo, ovvero percepito come un reale valore aggiunto. E qui gioca un ruolo fondamentale la formazione ad hoc, che non deve fornire false aspettative come la magica trasformazione in insegnanti 2.0. Dovrebbe puntare innanzitutto a costruire la consapevolezza delle potenzialità delle ICT, che andranno comunque e sempre integrate in maniera autonoma e personale dal docente nel proprio metodo di insegnamento.

  4. Marina

    Sono convinta che un uso oculato della ICT nelle scuole sia di una qualche utilità, ma mi chiedo se si sia attenti a cosa sta effettivamente avvenendo nelle classi di scuola media e superiori. La connessione internet viene usata dai ragazzi per “smanettare” sui cellulari durante le ore di lezione , mettendo il “silenzioso” . Poche scuole hanno armadietti ed altro dove riporli prima di entrare in classe. Per le nuove generazioni il PC è già superato, i social network hanno preso il sopravvento creando diffusi fenomeni di vera e propria dipendeza (ad esempio da whatsapp) che si prolunga nelle ore pomeridiane quando sulla scrivania, davanti al libro ed al vocabolaio, lo smartphone vibra ogni 3 secondi…. Penso che converrebbe mettere le scuole (e possibilmente anche le abitazioni almeno in certe ore) fuori dalla portata delle connessioni.
    Sarò un po’ radicale , ma il fenomeno è decisamente inquietante , anche perchè le famiglie (anche gli insegnanti?) ne sono spesso del tutto ignari.

  5. Giuseppe Moncada

    Nella scuola di cui sono stato Preside- Liceo Scientifico- siamo stati fra i primi a partecipare al bando indetto dal CIPE per 500 scuole al fine di ottenere il finanziamento per le lavagne LIM: Ne abbiamo comprate 5. Ebbene sono state utilizzate da docenti abbastanza bravi in informatica ma pur avendo partecipato al corso CL@SSI 2.0 hanno trovato parecchia difficoltà ai fini didattici. Il tempo da dedicare alla preparazione era abbastanza impegnativo e lungo. Ebbene,” senza una forte educazione dei docenti all’uso di queste tecnologie, queste possano essere più di danno che di beneficio nell’istruzione dei ragazzi.” come afferma Rossi. Dovrebbero essere utilizzate fin dagli anni di studio Universitario, ma ancora oggi non viene fatto. Le lavagne luminose , i tablet ecc ecc non possono essere sostitutivi del lavoro svolto dal bravo docente. Pertanto avere buoni docenti, che si ottengono con buoni concorsi e non come orrendamente si vuole fare nel dare la possibilità agli attuali dirigenti scolastici di poterli scegliere.

  6. bob

    ..l’argomento non può essere valutato a comparti stagni. Altrimenti facciamo come quel signore che dovendo costruire casa disse al muratore “voglio il tetto con i materiali più innovativi e di qualità per le fondamenta faccia come vuole”. Io direi che un ottimo docente forma uno studente attraverso le sue qualità e con l’aiuto prezioso delle tecnologie. Ma le scorciatoie sono una caratteristica di questo Paese come se la lavagna elettronica dovesse sostituire o abbreviare certi percorsi formativi dove il dialogo, l’esperienza, la capacità di divulgazione del professore, il rapporto umano con lo studente rimangono la struttura portante e qualitativa della formazione stessa

  7. Ing. Giovanni Rossi Docente e Libero professionista

    Non c’è solo il problema delle strutture e delle infrastrutture scolastiche che è misero ma anche in tema di alternanza scuola – lavoro, siamo solo alle chiacchere ! nel 2014 sono stati stanziati 10 ML di euro per gli istituti tecnici e professionali ( 1778 circa ) per un ammontare pro-capite di poco superiore ai 5mila euro ! una miseria; quest’ anno sono stati annunciati 100.ML di euro, ma di concreto non si è visto nulla.
    I laboratori degli istituti tecnici e professionali hanno bisogno di strumentazione e apparecchiature che non possono essere acquistate per mancanza cronica dei fondi ! e poi si pretende che la scuola formi tecnici preparati e ben addestrati; con quali mezzi ?

  8. lorenzo lume

    Una buona lezione è quella preparata bene prima, in modo da incuriosire, analizzare, utilizzare più canali comunicativi, sintetizzare e riassumere.
    Gli insegnanti lo sanno fare? La risposta è no. Un no assoluto per il 95% di loro.
    Se sapessero insegnare troverebbero naturalmente nella tecnologia un supporto non invadente. Nella tecnologia semplice (videoproiettori, e-learning via smartphone, ecc.), non in ridicole e costose lavagne che servono solo a far guadagnare chi le produce e – probabilmente – corrompe qualcuno perché le faccia acquistare.

  9. oopart

    la valutazione deludente del progetto non mi stupisce affatto.
    nella scuola di base bastano il computer con internet e il proiettore per visualizzare la schermata. io la lavagna interattiva la uso soprattutto così. pigrizia? mah… dovete sapere che nella stessa scuola aule diverse hanno lim diverse con software diversi… devi impazzire a preparare un file per quella certa lim e poi però non lo puoi usare con le altre! vi pare possibile rifare lo stesso lungo e laborioso lavoro in più versioni? e il valore aggiunto dal punto di vista didattico è risibile… sono tecnovirtuosismi che lasciano il tempo che trovano.
    invece il tablet per studiare è proprio un intralcio.
    per leggere narrativa il tablet e l’e-reader vanno bene (infatti io li uso).
    per studiare no. ci vuole il libro di carta.
    il tablet ti mostra una porzione di pagina troppo piccola, leggi una cosa e vorresti agganciarla a quella letta poco prima per capire meglio, ma per ritrovarla devi impazzire spostandoti sopra sotto a destra a sinistra… è come guardare una stanza buia illuminandola con una torcia elettrica: vedi un pezzetto per volta mentre tutto il resto è nell’oscurità. con il libro di carta invece è come accendere la luce e vedere la stanza tutta intera: hai davanti ben due facciate, puoi sfogliare avanti e indietro, vedi tutti insieme titoli, parole chiave in neretto, le tue sottolineature, ti costruisci la tua mappa mentale dei concetti. queste cose col tablet non le fai, fatichi di più e rendi meno

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